I guai dei “giovani “ del PD
Che il Pd sia un partito in difficoltà, il Paese se ne è oramai accorto.
I problemi non riguardano solo l’inadeguatezza a fronteggiare i partiti avversari e il Governo ma anche e soprattutto le tante tensioni interne, talmente evidenti da ritenerle per alcuni versi anche inverosimili.
Una di queste è il continuo rinvio del congresso dei giovani PD. L’ultimo congresso “giovanile” risale ai tempi in cui Nicola Zingaretti era segretario nazionale, subito dopo il COVID. Il Congresso fu un bagno di sangue, una lotta fratricida che aveva dilaniato dall’interno il partito. I “vecchi” erano entrati a gamba tesa nel congresso dei “giovani” sponsorizzando l’uno o l’altro candidato per ogni poltrona messo in campo. Alla fine nessun segretario giovanile fu eletto. Per mesi e mesi, si contarono e si ricontarono le schede, non senza che venissero presentati ricorsi alla commissione di garanzia. Ancora oggi sono ricordati gli infiniti “scontri” protrattasi fino a notte fonda durante i concitati incontri alla Segretaria nazionale.
Non trovando nessun accordo, si attuò una soluzione salomonica. Furono eletti due candidati supportati dai vari big di due differenti e antagoniste correnti. La proposta era stata portata avanti dal neoeletto segretario Enrico Letta, che aveva cercato di suddividere il potere fra Caterina Cerroni, segretaria PD giovani, e Raffaele Marras eletto invece Presidente. Una proclamazione nel più perfetto stile di “dividiamo le poltrone ma non litighiamo”. Certamente una soluzione non “istruttiva” per dei giovani che volevano entrare in politica e che avrebbero dovuto confrontarsi sulle idee e sulle passioni ideologiche.
Ma i litigi continuarono e si fecero ancora più veementi, tant’è che venne presentato l’ennesimo ricorso. La sezione DEM nazionale fu commissariata pensando ad un periodo transitorio che riequilibrasse gli animi. Il commissariamento da transitorio divenne definitivo.
Si arriva alle elezioni del 2022 e, a causa dei risultati deludenti, alle dimissioni di Enrico Letta. Elly Schlein, divenuta segretario dopo i voti dei “banchini DEM” promette di sistemare la questione della segretaria giovanile PD. Ad oggi, dopo un anno, la situazione non si è sbloccata.
Strano destino per un partito che dovrebbe essere riformista e “votato” ai cambiamenti. La mission inoltre dovrebbe essere tesa ad investire sul futuro dei giovani. Invece le porte rimangano serrate sotto il macigno delle correnti interne.
Si cerca comunque di trovare ancora oggi delle soluzioni. La scorsa estate era uscito il nome di Tommaso Sasso, giovane di sinistra del partito già di per sè di sinistra. Praticamente un militante vecchio PCI. Non per tutti però Sasso poteva essere il candidato ideale, preferendo un segretario moderato. In tanti hanno visto alla segretaria nazionale Paolo Romano, giovane consigliere regionale della Lombardia, classe 1996, molto Renzi style.
Nonostante sia passato altro tempo, il PD non ha raggiunto una conclusione della vicenda. L’idea è che ormai il problema si sia incancrenendo. E i big si stiano di fatto incartando nella questione del regolamento congressuale e nei cavilli dello statuto. Nel frattempo altri nomi sono stati fatti.
La vicenda del congresso dei giovani PD non è ancora di prossima risoluzione. Manca quello spirito frizzantino, irruento e irriverente che deve esserci nei giovani, quel vento di nuovo che spazza via lo “stantio” del vecchio.
Qualcosa però sembra muoversi dalla base. Si parla della possibile presentazione di firme contro la segreteria Schlein e la richiesta “seria” di un congresso.
Certo è che al momento il partito di opposizione più rilevante per il Governo Meloni risulta totalmente inadeguato. Talmente inadeguato da sembrare complice.
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