L’autunno di dieci anni fa, con un mezzo golpe euro-italiano, finiva l’ultimo governo di centro-destra nel nostro Paese, eletto dal popolo sovrano. Anche se con alterne vicende e con nuovi protagonisti, il centro-destra è ancora oggi l’area politica maggioritaria nel nostro Paese.
In 76 anni di repubblica la destra è andata al governo solo con Berlusconi. Non solo la destra sociale e nazionale, ossia la destra ex-missina ma ogni destra. Non c’è mai stata una forza che si dichiarasse esplicitamente di destra e che sia andata al governo del Paese, anche in coalizione (la Lega invece ha infranto il tabù delle alleanze, ma ne paga il prezzo).
Alleanza Nazionale
Mai un uomo di destra ha guidato un governo in Italia, mai un uomo di destra è andato al Quirinale. Berlusconi è stato un leader popolare, anticomunista e antisinistra ma non è mai stato né mai si è definito uomo di destra. Lo votava anche gente di destra, e lo ha sostenuto negli attacchi anti-berlusconiani di sinistra, media e magistrati anche chi, come me, non è mai stato berlusconiano e non si riconosceva affatto in lui ma lo difendeva per la ragione di cui sopra: solo con Berlusconi era possibile un governo di centro-destra. Valeva anche l’inverso: Berlusconi ha vinto solo perché aveva con lui la destra e la Lega.
Ma per completare il quadro, va onestamente aggiunto che la destra al governo con Berlusconi, in tre diversi governi, di cui uno di lunga durata – un’intera legislatura, ben cinque anni – non ha lasciato tracce rilevanti della sua presenza al governo. Anche se è stata a lungo la seconda forza di governo per consensi, Alleanza Nazionale è passata come ombra e acqua fresca al governo.
Ora i connotati di quell’alleanza, e gli equilibri interni, sono molto cambiati, la componente di destra e sovranista è largamente maggioritaria rispetto alla forza berlusconiana; con la novità assoluta nella storia repubblicana che una forza di destra, Fratelli d’Italia, è il primo partito nei sondaggi. Ma l’impossibilità di tornare alle urne, il combinato disposto di covid, tecnici e Draghi al potere, la supervisione dell’Europa, il logoramento delle leadership sovraniste, rendono impervia la prospettiva della destra.
La conventio ad excludendum
A tutto questo si aggiunge quel che si sta profilando alle amministrative di ottobre: la sconfitta dei suoi candidati in quasi tutte le principali città, che potrà avere una ricaduta sul prossimo voto politico. Non mi accodo alla facile e pur motivata delusione di molti elettori di destra per le candidature deboli delle grandi città o per gli errori, le inadeguatezze dei singoli candidati. La previsione è che le affermazioni al primo turno verranno poi cancellate perché le possibilità di alleanze al ballottaggio sono esigue per il centro-destra.
La conventio ad excludendum funziona ancora contro i candidati di centro-destra ed è la grottesca riedizione dell’arco costituzionale e antifascista. Ma s’insinua pure il dubbio che la destra preferisca perdere la guida di Roma, Napoli o di comuni difficili da amministrare, avendo tutti contro; temendo che il sindaco di una metropoli attaccato da tutte le parti, boicottato dagli apparati comunali, possa danneggiare la battaglia per le elezioni politiche.
Ma qualunque sia la motivazione, vera o presunta, e a prescindere dai giudizi sui singoli candidati, il voto amministrativo sembra destinato a nuocere al versante destro e sovranista. La stagione del populismo sembra ormai alle spalle. Le ambiguità di Berlusconi, le sue condizioni di salute e le manovre per il Quirinale fanno il resto.
Draghi
L’unico, grande argomento in favore del centro-destra, al di là della capacità comunicativa dei suoi leader, resta l’impopolarità, gli errori, la diffusa antipatia per la sinistra, aggravata dall’alleanza coi grillini di Conte; e più in generale l’insofferenza per l’establishment, il regime di sorveglianza e il suo brodo, il mainstream. Se quella è l’alternativa e se l’agenda di quella coalizione è nei temi, nelle leggi e nelle proposte presentate in questi mesi, allora anche per rabbia e disperazione, la maggioranza del paese preferirà l’incognita del centro-destra alla “certezza” nefasta dei suoi antagonisti.
Draghi è stato, lo sappiamo, l’unica soluzione praticabile per smontare il governo giallorosso del Conte vanesio; l’unica soluzione autorevole e unitaria, caldeggiata anche dall’Europa. Non sappiamo quanto Draghi faccia bene al Paese; ma è certo che Draghi al governo nuoce alla politica e in particolare al centro-destra, lo logora.
E quindi? C’è chi esorta a stringere i denti, serrare i ranghi del centro-destra e non permettersi dubbi e incertezze in questo momento per non favorire l’avversario. C’è chi invece da destra sottolinea la pochezza dei suoi uomini e candidati e denuncia la mancata formazione di una classe dirigente. E c’è chi rifiuta ormai i partiti sovranisti, li vede come traditori o inetti, e cerca altrove, in quell’altrove della protesta antisistema che non riuscirà mai, anche se si compattasse e trovasse un leader, a proporre un’alternativa di governo compiuta, credibile e vincente.
I giornaloni
E allora? Per chi ne ha ancora voglia, incalzi le forze in campo, magari le sostenga nella battaglia politica ed elettorale ma poi riprenda a esigere un cambio di passo radicale, scelte più coraggiose, strategie lungimiranti. Chi non ne ha più voglia, invece, si occupi d’altro: di passato, di futuro, di miti, di cultura, di vita reale e belle storie. Turarsi il naso, o anche il resto…
P.S. Per dirvi a che livello è la campagna stampa contro la destra: appena la Meloni ha usato in campagna elettorale i cinghiali a Roma, tutti i giornaloni con le loro firme all’unisono, hanno riabilitato i cinghiali in città… Cittadini esemplari, arredo urbano, silenziosi e ordinati… Meglio un cinghiale che uno di destra…
MV, La Verità
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