I titoli di debito pubblico sono davvero ricchezza? Questo argomento, legato al rendimento/rimborso dei titoli del debito pubblico è stato un argomento di dibattito degli anni 70 – 80, noto anche come il quesito di Barro-Ricardo.
In sostanza si affermava all’epoca, che un aumento dei debiti contratti dallo stato per finanziare le proprie attività aumentavano i servizi a disposizione dei cittadini. Però generavano anche nuove imposte per rimborsare i debiti. Un cane che si morde la coda.
Fu Ricardo, un economista inglese dell’epoca classica a porsi il problema se l’aumento del debito pubblico costituisce ricchezza per i cittadini. Fu però con i New Classical Macroeconomist, di cui Robert Barro fu il maggior estensore negli anni 70, che si teorizzò che con l’emissione di nuovo debito pubblico altro non si faceva che rimandare nel futuro nuove tasse. Ed alzare la pressione fiscale sui cittadini.
Un aumento del debito pubblico dunque non sorretto da una adeguata riduzione della spesa pubblica, ha come effetto nel tempo di alzare l’imposizione fiscale per rimborsare il debito. L’effetto per i cittadini è avere un reddito derivante dai flussi generati dal pagamento delle cedole relative ai debiti. Quindi in sostanza un aumento del risparmio. Per lo Stato invece, l’effetto è sostenere i servizi erogati. Ma anche le spese per i dipendenti pubblici, pensioni, welfare e tutto quanto fa uno stato. Che al momento del rimborso, se nel frattempo la spesa pubblica è invariata, necessità di nuove tasse per onorare i debiti.
Mi pare che noi italiani siamo proprio dentro al problema Barro-Ricardo, e non da ora.
Gli economisti dell’epoca specificarono che il rimedio era la riduzione della spesa pubblica nel periodo in cui il debito era in essere, generando dunque a parità di entrate un avanzo primario da usare poi, una volta cumulato negli anni, a rimborso dei debiti contratti con i cittadini.
Aggiungo, se ci sono cittadini che risparmiano ci sono pure i cittadini che consumano il risparmio ottenuto dalle cedole. Quindi il giorno del rimborso sicuramente si trovano economicamente più poveri e con le tasse aumentate.
Se si stampasse più moneta?
E se questo Stato stampasse moneta per finanziare le proprie spese/investimenti? Aumentando la quantità di moneta in circolazione gli economisti sanno che si riduce il tasso d’interesse. Quindi aumentando la spesa si generano spinte inflazionistiche in alcuni settori economici e genericamente aumenterebbe l’inflazione. Fin qui tutto bene. Anche perché la moneta che aumenta a disposizione dei cittadini è effettivamente ricchezza.
A questo punto viene fuori il problema italiano. Non possiamo finanziare debiti pubblici permanenti a meno che il sistema economico non sia in una fase di sviluppo, ossia cresce il PIL. Nel caso italiano dal 2000 ad oggi abbiamo avuto al massimo una crescita dello 0,6% in un anno. Ricordo ancora i commenti entusiastici di politici, economisti e finanzieri italiani ed europei. Ma solo un anno non basta.
Se non possiamo creare moneta, almeno dobbiamo ridurre la spesa. Se non possiamo ridurre la spesa dobbiamo fare politiche fiscali di sviluppo del PIL. È l’unica strada che rimane al Paese.
Debito come ricchezza solo in fase espansiva
Quindi l’emissione di debiti da parte degli stati può essere percepita dal cittadino come ricchezza solo in fasi espansive del sistema economico. Nelle quali però l’effetto inflazione sul valore della moneta ha il suo peso. Viceversa non è mai ricchezza se invece si fanno debiti in fasi recessive, dove forse invece va aumentata la moneta a disposizione dei cittadini, moneta che attualmente è sotto controllo della BCE. Non sarebbe male su questi temi del debito pubblico e della ricchezza dei cittadini avere qualche parere autorevole sul tema, perché è dalla finanza pubblica e dalla fiscalità che il governo sceglie per imporre i tributi ai cittadini che si determina il PIL e le spese pubbliche. Lavorare su come fare entrate e non come spendere i soldi è la vera cartina di tornasole del nostro sistema economico. E aumentare le entrate in proporzione ai fatturati delle categorie imprenditoriali, generando un circolo virtuoso per la creazione del PIL.
Nelle chiacchiere che faccio con imprenditori di vario genere un’unica cosa si chiede: giuste tasse per fare più PIL. E meno burocrazia, che vuol dire meno spesa pubblica. Allora poi il quesito Barro-Ricardo riceverà una risposta.
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