Il conformismo dei Måneskin e “La Ballata dei Berretti Verdi”

Quel “Fuck Putin. Continuiamo a dirlo anche se a qualcuno dà fastidio”, pare più l’eruzione cutanea di boiate di un adolescente che non batte chiodo.

Il trend del politicamente corretto e del “adeguati o sei fuori” ha trasformato gli anti conformisti Måneskin… in conformisti! Quel “Fuck Putin. Continuiamo a dirlo anche se a qualcuno dà fastidio”, più che fastidio pare l’eruzione cutanea di boiate di un adolescente che non batte chiodo.

Måneskin non sono, purtroppo, gli unici, semmai gli ultimi di una lunga lista di cantanti, attori, personaggi del jet set internazionale che hanno voluto, a tutti i costi, dire la loro sul conflitto in Ucraina di cui, forse, neanche conoscono le cause. L’invasione sì ma… i conflitti quasi sono estemporanei, non scoppiano cioé per caso. Come il carnaio del Vietnam, guerra di cui il mondo avrebbe più di altre a meno e nel corso della quale si sviluppò un ampio moviemento di dissenso che, da un inizio legittimo fondato su sacrosanti valori di rispetto della vita umana, divenne in breve tempo una etichetta chic per musicisti ed attori ignari, peraltro, di ciò che accadeva nelle zone occupate dai Victor Charlie (Vietcong). Un po’ come oggi: tutti sappiamo cosa fanno i russi, nessuno sa cosa facciano gli ucraini.

https://www.youtube.com/watch?v=8kj9qv6rmG8 (La Ballata dei Berretti Verdi)

Fighting soldiers from the sky/Fearless men who jump and die/Men who mean just/what they say/The brave men of the Green Beret” hai brividi ad ascoltarla quasi sessant’anni dopo. No, nulla a che vedere con la British Invasion e con le canzoni di protesta che avrebbero invaso il mercato americano di lì a poco. Protesta contro il Vietnam, guerra che il Sergente maggiore dei Berretti Verdi Barry Sadler  ha combattuto e che ha voluto raccontare, a suo modo, nella celebre Ballata dei Berretti Verdi. 

La Ballata sembra uscita dall’epopea della frontiera, un brano del vecchio West più che degli Anni Sessanta eppure, pur scritta da un veterano, vendette allora milioni di dischi. E, forse, è oggi l’opera che meglio rappresenta il dramma del Vietnam.

Il tono, le parole e la musica del Sergente Sadler appaiono quasi ingenue: in un mondo in cui il pacifismo si sta trasformando in una moda cui aderiscono tutti, cantanti artisti politici gente comune; in un’America nella quale i ricchi universitari che vegetano negli esosi campus di Harvard e di Yale strappano la chiamata alle armi, mentre i figli della gente comune, bianchi e neri, finiscono nell’inferno dell’Indocina beh, in quell’America cantare

Back at home, a young wife waits/Her Green Beret has met his fate/He has died for those oppressed/Leaving her his last request

ha qualcosa di rivoluzionario. Le parole di Sadler vanno in contro tendenza, infischiandosene dei falsi miti di musicisti in carriera e qualunquisti, tirando altresì uno schiaffo a quell’idea di vita piccolo borghese che, negli USA di allora, si era evoluta in pochi anni dalla “perfetta” famigliola Cunningham stile Happy Days ai trip psichedelici. E che, alla fine, si è risolto nell’individualismo e nella ricerca della posizione che avrebbero dominato l’intero decennio degli Anni Ottanta.

Ecco, il brano di Sadler resta in bilico nel tempo, non subisce evoluzioni o involuzioni: è lì, fermo, a rappresentare un modo di concepire la vita che è quella del soldato delle forze speciali, di un uomo e di una donna che fanno il loro dovere fino in fondo. E che talvolta non tornano a casa.

Nell’epoca del pacifismo di massa, apparire in TV e cantare

Metti le ali d’argento sul petto di mio figlio/Rendilo uno dei migliori d’America/Sarà un uomo che metteranno alla prova un giorno/Fagli vincere il Berretto Verde

è davvero da fuori di testa!

Ma in quell’ingenuità e in quell’essere, appunto, “fuori” c’è del bello, del rivoluzionario, del romantico che i conformisti di oggi, a petto nudo e con il mascara negli occhi, non riusciranno mai a cogliere.

Certo, la musica dei Måneskin è più travolgente delle note di Sadler e le loro canzoni verranno ricordate e cantate da molte più persone. E’ sempre così: i rivoluzionari, quelli veri, tendono ad essere dimenticati dai più: essere rivoluzionari non è solo una scelta è una responsabilità. Ed il mondo non è proprio pieno pieno di gente capace di assumersi e di pagare per le proprie responsabilità…

 

 

 

 

 

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(Immagine di sfondo: Måneskin. Fonte: Wikipedia)

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