Il corpo è un luogo che dovrebbe essere sacro e inviolabile. Giustamente, per legge e per tanti buoni motivi tra cui: educazione, buonsenso, rispetto.
Era il 1972, precisamente l’8 marzo, quando le prime femministe italiane scendevano in piazza scandendo lo slogan: l’utero è mio e lo gestisco io. Una sineddoche importante e d’impatto che voleva incentrare l’attenzione sulla discrezionalità di scelta che ogni donna ha e deve avere. Sia sul proprio corpo, sia sulla propria volontà e discrezionalità.
Una donna adora le attenzioni, ama sentirsi toccata. Ma solo e soltanto da chi decide lei. Come è giusto che sia. E la Beccaglia in questo non differisce da nessuna. Mica è la bicicletta del quartiere, che tutti ci hanno fatto un giro sopra. Lei, giustamente, si fa toccare il deretano da chi vuole. Gli altri che non si azzardino!
Lo so che sto parlando del niente, perché per persone normalmente educate è inconcepibile camminare per strada e dare una sculacciata alla prima che capita. Si tratta di vivere civile.
Non devono essere viste solo per il proprio corpo
La Beccaglia è una professionista e usa il suo corpo nel modo che più ritiene opportuno per fare carriera. Infatti sono sicuro che starà attenta alla sua alimentazione e farà molta palestra. Perché si sa, questo è un mondo schifosamente maschilista, sessista e attento alla forma più che alla sostanza. Dove ha più possibilità di fare carriera chi ha un bel culo e delle tette gonfie e sode (passare dal benzinaio per regolare la pressione) che una ragazza normale.
L’abito fa molto il monaco, anche se di monastico non c’è nulla. Prendiamone una per tutte Diletta Leotta. Una splendida esaltazione della bravura sospinta anche da un campionario chirurgico di prim’ordine. Anche lei, peraltro, vittima di una violenza sessuale aggravata. Ricordate quando le venne “hackerato” il cellulare e i nostri smartphone furono inondati dalle sue grazie in totale nudità? Divenne immediatamente la conduttrice sportiva più famosa d’Italia.
Ritornando alla nostra amica Greta, è giusto che si faccia toccare il culo solo da chi vuole lei. Però adesso non faccia troppo la scontrosa: «Continuano ad attaccarmi, ma non voglio essere ricordata come la giornalista molestata». Beh mi dispiace tanto. Ma sarai, almeno per un po’, ricordata proprio per questo. Anche tu, come il tuo “molestatore”, vittima della Christine – la macchina infernale – mediatica che distrugge le vite di tutti.
Specialmente di quell’inetto che per una manciata di culo (come si dice a Firenze) rischia il carcere e deve stare nascosto per evitare di essere massacrato, fisicamente e psicologicamente.
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