Il DDL Nordio finalmente è legge
Un pezzo importante della Riforma annunciata sin dalla campagna elettorale dal centrodestra, per rendere la giustizia più giusta è stato portato a compimento.
Molto c’è ancora da fare, ma finalmente si intravede una strada sicura verso un diritto penale più coerente con i principi costituzionali e sempre meno soggetto a quell’ incrocio perverso tra giustizialismo, magistratura militante e giornalismo gossipparo che da decenni ormai inquina il dibattito pubblico a colpi di inchieste farlocche che tanti danni hanno portato e portano alle persone.
Intere vite cancellate per colpa di intercettazioni trascritte male, reati fumosi, e pubblicazioni di fatti penalmente irrilevanti ma molto ghiotti dal punto di vista mediatico
Un sistema appunto perverso che deve essere smantellato per ricondurre il tema della Giustizia alle sue funzioni tipiche all’interno di uno stato di diritto.
Perchè in questi decenni il sistema è andato in tilt, come se fosse vittima di una malattia autoimmune che ha distrutto le proprie cellule inesorabilmente senza che ve ne fosse alcun motivo o presupposto.
Se volessimo datare il punto di inizio di questa drammatica spirale discensionale non potremmo che citare l’inchiesta Mani Pulite i cui metodi hanno fatto da apripista per rovinare la vita a tanti e hanno gettato semi ancora duri a morire (come ben si può osservare sol che si guardi con occhio distaccato la vicenda (allibente!) del Governatore Toti in Liguria.
Ripeto: è un sistema malato che va smantellato
E finalmente, il ministro Nordio e questo Governo hanno iniziato a lavorarci su seriamente.
Abolizione del reato di abuso d’ufficio, ridefinizione del reato di traffico di influenze illecito, e stretta sulle pubblicazioni delle intercettazioni telefoniche sono i punti qualificanti di questo primo pacchetto che ha visto un sì compatto della maggioranza e una opposizione sulle barricate giustizialiste tanto care a certe forze politiche e a certa magistratura.
E’ veramente giunto il tempo di archiviare il giacobinismo manettaro che nel tempo ha allontanato sempre di più la giustizia dalla nostra Costituzione e dai principi che la regolano?
Ce lo auguriamo tutti. Di certo, non è più possibile continuare a utilizzare le inchieste come strumento di lotta politica e di vendetta giudiziaria.
L’abolizione del reato di abuso d’ufficio va a eliminare dall’ordinamento una fattispecie tanto odiosa, quanto residuale, utilizzata dai giudici per andare a colpire condotte indeterminate che, pur non rientrando in alcuna fattispecie specifica, descrivono un generico comportamento illecito dell’amministratore pubblico nella sua attività di gestione e indirizzo politico.
Un reato che veniva ascritto ogniqualvolta non era possibile tipizzare una diversa fattispecie a contenuto determinato e che quindi copriva dei vuoti investigativi con una forma di – passatemi il termine improprio – responsabilità oggettiva a carattere penale.
In forza di tale reato, si è sempre più diffusa la c.d. Paura della firma da parte di amministratori locali che, terrorizzati dalla possibilità di essere incriminati (e quindi politicamente e personalmente rovinati) evitavano di assumersi la responsabilità di atti di indirizzo politico o genericamente amministrativi, di fatto rinunciando al proprio mandato.
Un vulnus dunque che, in ultima analisi, intaccava il rapporto di fiducia tra elettori ed eletti paralizzando sovente Sindaci e giunte a colpi di inchieste che in più del 90% dei casi si risolvevano – dopo anni – in assoluzioni
Oggi tutto questo non c’è più, o quantomeno è molto più complicato! Ed è motivo di festeggiamento per tutti, tranne per coloro i quali dall’onta mediatico-giudiziaria del potente (piccolo o grande che sia) ha tratto le proprie fortune.
D’altra parte, perseguire un “colletto bianco” è un investimento che rende bene e che consente di cavalcare un qualunquismo politico-giudiziario che indubbiamente ha portato e porta consenso e prestigio agitando gli istinti punitivi della plebe.
Altro intervento importante seppur non decisivo è una stretta sul reato di traffico di influenze
Anche in questo caso si tratta di una fattispecie a condotta così evanescente da potervi far rientrare praticamente qualsiasi tipo di rapporto sospetto fra il politico di turno e generici terzi in odor di crimine, senza tuttavia poter circoscrivere dei comportamenti chiari e specifici nelle sue componenti penalmente rilevanti.
Bene la stretta, ma anche in questo caso occorrerebbe l’abolizione del reato vista l’impossibilità tecnica di procedere a una tipizzazione precisa dell’illecito penale
Il secondo punto dell’intervento del DDL Nordio tocca un tema, se possibile, ancor più delicato. Il rapporto tra stampa e magistratura tramite quello strumento daibolico che sono le intercettazioni.
Intendiamoci! Esse sono un formidabile mezzo di ricerca della prova che soprattuto in taluni reati (mafia, terrorismo ecc.) si rivelano imprescindibili (e, infatti, in tali materie nessuna riforma è intervenuta).
Ma quel che non può essere accettato è che conversazioni di contenuto penalmente irrilevante e di soggetti che solo incidentalmente si sono trovati a parlare con persone intercettate direttamente, siano sbattute sulle prime pagine dei giornali, magari con rivelazione di fatti privati e giuridicamente ininfluenti.
Con il mal considerato pretesto dell’interesse pubblico, certa informazione ha spiattellato in prima pagina vite private, amanti, comportamenti, magari inopportuni ma sicuramente non penalmente caratterizzati.
Tutto questo ha aizzato la curiosità morbosa dell’opinione pubblica sempre a caccia di uno scoop e ha consolidato quel l’alleanza perversa tra alcune procure e certa stampa cui è conseguita la rovina di tanti
Si tratta di quel fattore M di cui parla approfonditamente Luigi Di Gregorio nel suo “Demopatia” e che descrive un “pactum sceleris” fondata sull’abuso di funzione e che ha fagocitato in questo meccanismo vite, reputazione e credibilità di potenti (e meno potenti) di turno senza alcun motivo di pubblico interesse.
Insoma, vite rovinate per mero gossip!
Roba da far impallidire Orwell e Huxley e che è stata la regola fino ad oggi.
Certo, manca ancora una seria ed organica riforma delle intercettazioni che serva a definire in contorni di una materia complessa che possa trovare un punto di caduta tra essenziali esigenze investigative e tutela della riservatezza dei cittadini. C’è tempo per lavorarci e c’è ottimismo da parte del ministro Nordio.
Perchè obiettivamente questo primo pacchetto di riforme fa ben sperare chi crede ancora in una giustizia equa nel prosieguo di questo accidentato percorso.
Si attendono gli interventi sulla separazione delle carriere dei magistrati, vero punto qualificante in tema giustizia del programma della maggioranza di governo e per il quale occorre uno sforzo coraggioso che superi le resistenze corporative di certa magistratura organizzata che già ha iniziato a scalpitare e minacciare chissà quali azioni ritorsive.
Occorre ricordare che il nostro modello processual penalistico dovrebbe essere di tipo accusatorio e quindi fondato su parità fra accusa e difesa innanzi a un giudice terzo.
Ciò non è stato sin qui, ma è l’ora di attuare una riforma – quella del codice di procedura penale – che è datata 1989
Dal punto di vista sostanziale, invece si registra una stretta su alcuni reati di particolare allarme sociale cui il Governo cerca di dare risposte più dure anche dal punto di vista dell’esecuzione pena. Ad es. il rinvio della pena per donne incinte o della carcerazione per madri con bimbi piccoli, da obbligatorio è divenuto facoltativo, quindi sottoposto alla valutazione del magistrato in questione.
Una scelta che va incontro alle richieste di aggravamento sanzionatorio provenienti da una parte della maggioranza e che dovrà essere armonizzato con istanze altrettanto legittime ispirate a principi diversi.
Altro punto su cui è necessario accelerare è il tema carceri
Dopo i fatti di Firenze (e non solo) rimpiomba a gamba tesa nella cronaca quotidiana il problema delle condizioni dei carcerati e del personale che opera negli istituti penitenziari. Non bastano proclami, non basta il ricorso alla costruzione di nuove strutture. Occorre una seria deflazione carceraria che faccia ampio ricorso alle pene alternative soprattutto per reati meno gravi relegando la privazione della libertà personale a extrema ratio e comunque sempre in presenza di una sentenza definitiva (salvo le esigenze cautelari codicisticamente previste).
E, anche in tema di misure cautelari, secondo il Ministro Nordio, la relativa valutazione dovrà fondarsi su una valutazione collegiale e non più monocratica, così da assicurare un supplemento di attenzione quando si tratti di privare taluno della libertà personale in assenza di sentenza passata in giudicato.
Tema che si intreccia con quello carcerario considerando che più di un terzo dei detenuti ad oggi è in attesa di sentenza
Insomma, trovare un punto di incontro tra esigenze liberali ispirate ai principi costituzionali in tema di diritto penale e necessità di specialprevenzione non è agevole, ma almeno, finalmente, qualcuno ha iniziato a metterci le mani.
Sconcertano, di contro, le reazioni dell’opposizione che, come sempre, grida allo scandalo, senza mai tuttavia proporre alcunchè di serio e di concreto per procedere nel senso sopra indicato. Il populismo giudiziario delle sinistre è oramai l’unica cifra distintiva di una visione del mondo ormai non più in grado di offrire soluzioni pragmatiche e reali ai problemi enormi della giustizia italiana e che invece si deve rifugiare o in inutili slogan o, in altrettanto inutili piagnistei.
Attendiamo dunque con speranza e fiducia il prossimo pacchetto Giustizia nell’auspicio che il Governo non si faccia condizionare da spinte resistenziali che mirano solo a salvaguardare privilegi di parte ma non al buon funzionamento, all’efficienza e all’efficacia di un settore strategico per il nostro paese.
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