Il futuro del mondo del lavoro è distinto in due categorie: gli istruiti e gli operativi.
Gli istruiti saranno padroni delle competenze, più o meno diffuse, ad iniziare dalle competenze necessarie per lavorare con Internet. Gli altri dovranno fare compiti manuali. Il lavoro nobilita l’uomo si dice, o meglio si diceva. Adesso invece sarà l’istruzione a nobilitare l’uomo. Il futuro è questo. Anzi, un mondo che sarà non solo diviso in queste due categorie, ma addirittura tra gli istruiti ci sarà pure una ulteriore divisione: gli istruiti che condizioneranno con le loro scelte il resto dei lavoratori, gli istruiti che fruiranno delle invenzioni software create dalla prima categoria.
Divario delle competenze
Quanto sopra si chiama “divario delle competenze”. Come si concilierà con il sistema economico tutto ciò?
Premesso che ancora una risposta non c’è, il primo effetto che avremo è che le comunità formate dagli istruiti saranno sempre più libere di sfruttare le nuove forme di lavoro tipo lo smart working, mentre le seconde, pur con una certa parvenza di libertà, saranno sempre più monitorate ed ingabbiate in catene produttive.
Monitorate da sistemi di controllo informatici, ed ingabbiate in obiettivi da catena fordiana del lavoro.
Il divario delle competenze pertanto è destinato a creare figure del lavoro sempre più “autonome” e parzialmente eterodirette. Una sorta di lavoro ibrido, flessibile, nel quale le vecchie tutele delle battaglie sindacali tipo ferie o salario minimo diventeranno ricordi. Le imprese saranno sempre più dipendenti da forze lavoro “libere” di esprimersi perché competenti.
In questo nuovo mondo anche la scuola e la formazione saranno sempre più coinvolte. Ed in campo economico, il PIL, misuratore imperfetto del benessere, se si incrementerà per via dell’aumento dei lavoratori istruiti, stavolta potrebbe rappresentare davvero una certa forma del miglioramento della ricchezza a disposizione dei lavoratori.
Studiate. Quello che vi piace. Ma fatelo. Farà di voi uomini colti ma anche ricchi.
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