IL FUTURO DELLA MEMORIA
Che cosa ne sarà del Giorno della Memoria fra qualche tempo?
È la legittima domanda che si pone Liliana Segre, intervistata dal Presidente del comitato eventi del Memoriale della Shoah e a cui la senatrice a vita dà una risposta tanto pessimistica quanto ahimè condivisibile
“Solo una riga sui libri di Storia”, questa la triste predizione della Segre. Come nel romanzo distopico ,che distopico non lo è affatto, 1984, di George Orwell, si riscriveranno i libri di storia e alla Shoa sarà dedicata, appunto, una riga, nel mare magno delle informazioni che verranno studiate in modo sempre più nozionistico e sempre meno critico.
La preoccupazione di Liliana Segre è amara, ma come detto, ampiamente condivisibile
E’ amara perché realistica e per quelli della mia generazione, sensibilizzata allo sterminio degli ebrei nei campi di concentramento nazista, grazie alle testimonianze dei vari Sami Modiano, Gilberto Salmoni Edith Bruch ecc, il problema è assai sentito.
Le esperienze narrate da questi eroi civili ha inciso fortemente nella formazione culturale di ciascuno di noi offrendo in modo tragicamente plastico l’immagine della distinzione epocale tra bene e male.
Sapevamo chi erano le vittime e chi erano i carnefici
Eravamo dunque istintivamente prima ancora che culturalmente portati a solidarizzare e a empatizzare con questi sopravvissuti, a coglierne lo spirito di servizio che li portava a condividere con noi quegli incubi, rivivendo sulla loro pelle qualcosa che è obiettivamente inenarrabile. La banalità del male espressa mediante la crudele deportazione nei campi, la morte per gas, Zyklon B o per lavoro o per torture, di tanti amici, parenti, figli, madri, mogli.
Un’esperienza, quella del solo narrare il passato, che riportava a galla ricordi che forse i sopravvissuti stessi avrebbero voluto seppellire per sempre
Ma non era possibile! Noi avevamo bisogno della loro voce, di quei ricordi strazianti perché da quelle voci mai cariche di odio, dotate di una compostezza da lasciare a bocca aperti, noi traevamo linfa vitale per la nostra formazioni di uomini. Loro lo sapevano e adempivano al dovere della memoria.
Sapevano che quella era la loro missione, il senso più profondo della loro sopravvivenza quando altri, tanti altri, non ce l’avevano fatta
Le immagini si sommavano alle parole, e lasciavano attoniti di fronte a tanto orrore, sgomenti e in lacrime, noi ragazzi venivano toccati nel cuore da qualcosa che sapevamo non dover succedere mai più!
Era il tempo in cui le scuole tenevano affinché i ragazzi, di tutti gli orientamenti politici, fossero consapevoli di cosa è stato Auschwitz per la storia del genere umano
Era la fine degli anni ’90 del Novecento, le tracce culturali della fine della seconda guerra mondiale erano ancora vive nella mente e nella formazione di noi giovani ed era giusto e doveroso che fosse così.
E la storia si univa al presente in un richiamo istintivo all’umanità che dai banchi di scuola rimaneva indelebile nel cuore chiamandoci a una morale che costituiva parte integrante del nostro essere e che doveva fondare la certezza di quale parte difendere.
Dovrebbe essere giusto e doveroso che sia tutt’ora così, ma da allora molta acqua sotto i ponti è passata
Molto è cambiato e molto sta cambiando, proprio con riferimento ai quei fatti, proprio con riferimento a quel popolo magnifico e martoriato che è il popolo ebraico.
I testimoni di quella tragica esperienza si stanno spegnendo uno a uno, i superstiti sono molto anziani e giustamente stanchi non solo fisicamente, ma anche mentalmente, prostrati da una storia che sembra volersi ripetere e dall’ignoranza di chi ancora oggi mostra un evidente antisemitismo che colpisce tanto gli ebrei nello Stato di Israele, quanto quelli della diaspora.
Se fino a poco tempo fa, il revisionismo storico e addirittura il negazionismo della Shoa era appannaggio di qualche mente disturbata, oggi si sta facendo largo progressivamente un nuovo pensiero antisemita che mina alle fondamenta la storia
Un pensiero falso, fazioso e ipocrita che nega la realtà e il presente accusando le vittime di ieri di essere i carnefici di oggi. La stessa Shoah non è più vista come LA tragedia umana, ma tutt’al più come un fatto storico qualsiasi che quasi annoia e che viene percepito solo come il pretesto per garantire agli ebrei “il diritto all’occupazione di terre d’altri”.
Nella retorica antisemita che questi cialtroni contrabbandano per antisionismo, la tragedia di ieri perde la sua unicità e diviene comparabile con la guerra di oggi confondendo tutto in una notte dove tutte le vacche sono nere.
È dell’anno scorso, a Firenze un tentativo allibente di equiparare la Shoah alla tragedia del popolo palestinese in un evento organizzato da una sezione territoriale dell’ANPI, fortunatamente stigmatizzato persino dall’ANPI nazionale
Ma la cosa grave è che qualcuno ci abbia pensato, e abbia sdoganato ufficialmente questa improbabile equiparazione dando la stura a un retropensiero che giaceva sepolto nella mente di molti antisemiti nostrani.
E allora se uniamo il ciclo naturale della vita che fa invecchiare e morire i testimoni oculari e i superstiti dei campi di concentramento, il barbaro tentativo di revisionismo storico sponsorizzato persino ad alti livelli istituzionali – dove si tenta di degiudaizzare la Shoah perché “sì, va bene gli ebrei, ma nei campi morirono anche oppositori politici, omosessuali, zingari ecc”. –, le continue manifestazioni che in ogni piazza d’Italia inneggiano al terrorismo e chiedono la cancellazione dello Stato di Israele, ben si comprende come le preoccupazioni di Liliana Segre siano non solo fondate, ma persino ottimistiche.
La senatrice a vita e sopravvissuta ai campi di sterminio si chiede giustamente che cosa rimarrà della memoria domani, visto che nessuno più studia seriamente la Storia, quando i giovani non riescono a togliere gli occhi dal telefonino da cui recepiscono informazioni fuorvianti, quando non riescono a sviluppare un pensiero critico, una morale che porti alla valorizzazione umana dell’individuo in quanto tale
Che cosa studieranno i nostri figli e i nostri nipoti del nazismo e della sua follia omicida? E come filtreranno quelle informazioni che saranno progressivamente sempre più rade e lontane nel tempo?
E come sapranno sviluppare gli anticorpi culturali rispetto a una violenza antisemita che costringe la senatrice da anni a vivere sotto scorta e che in ogni occasione rinnova la sua virulenza con continui attacchi personali (gli ultimi dei quali, l’hanno persino costretta a rinunciare a presenziare al ricordo presso il memoriale della Shoa)?
Tutte domande destinate a non avere una risposta certa, e oggi più che mai, nell’incertezza si stagliano nuovi fantasmi che preoccupano Liliana Segre e non solo. Invero, si tratta di fantasmi piuttosto reali che preoccupano tutti quelli che sanno che Auschwitz non fu l’inizio, ma la fine di un folle percorso i cui prodromi possiamo rinvenire tutti i giorni, fra noi, qui e ora!
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