Il Grillo tornante

Flop a parte, non so se rivedere Beppe Grillo nelle vesti di comico in tv sia davvero uno spot in favore del Movimento 5Stelle o sia per loro controproducente. Lo spettacolo mandato in onda l’altra sera su Raidue, C’è Grillo, suscita in effetti sentimenti assai contrastanti: c’è chi rivendendolo lo rimpiange nelle vesti di comico e animatore, ritrovando la sua verve di libero imprecatore. C’è chi invece non vede soluzione di continuità e ritiene che il Grillo profeta politico sia la continuazione del Beppe comico con altri mezzi, ma con gli stessi scopi: dire la verità, incazzandosi. Divertire & Sovvertire. E c’è chi, all’opposto, vedendolo nelle vesti di guitto, conferma che non si possono affidare le redini del paese a un movimento che si ispira a un cabarettista. Finché si scherza va bene… Insomma, credo che dopo aver visto il Grillo tornante in Rai, ognuno rafforzi i suoi giudizi e i suoi pregiudizi.

Trovo invece meschino il tentativo di attaccarlo coi mezzucci a cui siamo abituati da tempo, magari anche grazie agli stessi grillini: per esempio l’indignazione perché tramite il suo agente intasca 30mila euro di diritti d’autore sui pezzi mandati in onda. Via, uno che in una serata qualunque a teatro ne prende o ne prendeva di più, non s’arricchisce certo con 30mila euro. Grillo non ha bisogno del reddito di cittadinanza… E poi, se considerate le milionate che la Rai versa ai suoi Re Magi, come Fazio, per esempio, non mi sembra affatto una cosa di cui scandalizzarsi. Pensate che Baglioni ne prende 700mila, per Sanremo, tanto per avere un’unità di misura o di dismisura.

A me invece, l’idea di Freccero di resuscitare Grillo nel video della Rai è piaciuta e conoscendo quel talento pazzo di Freccero non credo proprio che lo faccia per compiacere chi l’ha nominata o per portare voti al mulino dei 5 stelle. Vuole semplicemente compiere la sua rivoluzione nel palinsesto di Raidue, lasciare la sua impronta, e ha mostrato spregiudicatezza in altre scelte. Per esempio nel mandare in onda Povera Patria, che subito è stata massacrata dai cecchini del Quotidiano della Santa Inquisizione, La Repubblica e confinata, anzi bollata, nel genere “estrema destra sovranista”. Certo, siamo nella logica di Techetecheté, pura antologia dei tempi gloriosi preinternet, però questi programmi amarcord funzionano assai, anche perché toccano l’autobiografia collettiva, almeno degli anziani, che sono il target della Rai e della Tv generalista. Personalmente sono tra quelli che rimpiangono Grillo come animatore più che come leader politico. Beppe in tv fu l’anello di congiunzione tra i brillanti soliloqui dell’era di Walter Chiari e gli one man show alla Crozza; ma con una carica di rabbia civile, a volte incivile, tutta sua.

Disto anni luce dai grillini ma riconosco a Grillo il gran talento di aver capito la scena e il cambio di scena e di aver saputo sbaragliare il teatrino della politica – in un paese di guitti e animatori politici, da Berlusconi a Renzi – dimostrando che chi viene dal cabaret e va in politica può battere chi viene dalla politica e fa cabaret. E ha fatto bene a restare ayatollah del Movimento, lasciando agli imam dei 5stelle il compito di far politica. Molti anni fa tentai di riportare Grillo in Rai. Ricordo che andai a trovarlo al residence Ripetta a Roma, per avere il suo placet. Doveva esibirsi in serata al teatro Sistina, dove mi invitò ad  andarci, e incassai un suo guardingo via libera al suo primo assaggio di rientro. Sapevo che la sua cacciata era stata una ferita per la Rai e per il pubblico e aveva contribuito a rendere più odioso il potere politico del tempo. Ma intanto c’era stato il cambio di repubblica, i socialisti non c’erano più e nemmeno i democristiani. Mi parve perciò senza ostacoli il proposito di riaverlo in Rai. Invece mi telefonò il direttore generale dell’epoca, Agostino Saccà, e mi supplicò di non farlo perché in realtà il veto finale a Grillo non lo aveva messo Craxi o i politici del tempo, che magari sarebbero stati ben contenti di cacciarlo. Ma erano stati alcuni grandi inserzionisti pubblicitari che attaccati da Beppe sui loro prodotti, avevano posto l’aut aut: o lo cacciate o ritiriamo la pubblicità, magari spostandola sulle reti Mediaset.

Erano paccate di miliardi, all’epoca, e la Rai non poteva permettersi un rischio economico così rilevante e fare un favore così grande alla concorrenza… Anzi, riportare Grillo in quella situazione sarebbe apparso un favore a Berlusconi e alle sue reti. Ero stato invogliato a ripescare Grillo non solo dalle sue doti di comico, ma perché non mi dispiaceva quella sua nuova veste di Savonarola del cabaret che aveva accentuato da quando era sparito dal video.

Nelle sue serate in giro per l’Italia denunciava, con toni apocalittici, la società dei consumi, le speculazioni dell’industria e della finanza, il degrado ambientale, gli abusi delle banche. Mi piacevano i suoi riferimenti alla sovranità monetaria del popolo che aveva attinto dal suo teorico, un altro lucido pazzo, il mio amico abruzzese, il monomaniacale professor Giacinto Auriti. E con Beppe ne parlammo, quella volta. Le denunce mi parevano pertinenti e anche benemerite, un po’ meno affidare a lui o a chi ne fa le veci, il governo di unanazione. In precedenza, nel ’98, avevo dedicato a Grillo la copertina del settimanale che allora dirigevo, Lo Stato, salutandolo come un leader politico e un profeta neo-medievale. Non l’avessi mai fatto… ma io scherzavo, lo dicevo per paradosso. E invece.

Comunque, la Tv celebra una marea di ottantenni ogni giorno, da Celentano a Baudo, da Costanzo ad Arbore e alla Carrà, fino al vate Piero Angela. Perché non si dovrebbe in questa passione antiquaria, in questa benemerita archeologia dello schermo, riportare in video un brillante precursore di cabarettisti, premier e ministri in carica? E poi, diciamo la verità, Grillo in video ci sta meglio che a Palazzo Chigi.

MV, La Verità 29 gennaio 2019

 
Exit mobile version