Biden come Jimmy Carter – Probabilmente le amministrazioni di presidenti democratici, in politica estera, non sono riuscite ad ottenere grandi risultati. Magari il loro approccio da mastino e la loro inefficacia di fondo, le rende deboli proprio in questo importantissimo ambito.
Per ricordare un presidente americano che pur con i suoi errori riuscì ad avere una certa autorevolezza nelle relazioni internazionali bisogna guardare ormai a Kennedy e Johnson. Clinton di errori nelle relazioni internazionali ne ha fatti molti. Fu trascinato da Blair in Kosovo più di quanto lui volesse andarci, più tirato per la giacca di quanto lui riuscisse ad essere incisivo. Nonostante l’America fosse rimasta l’unica vera superpotenza mondiale. Obama sarà macchiato per sempre da tutti gli errori della signora Clinton nelle primavere arabe, altrimenti il giudizio su di lui potrebbe essere nettamente migliore.
E poi è arrivato Joe Biden che ricorda Jimmy Carter
Quando al giovane ragazzotto della Georgia volevano lanciare un feroce attacco politico, i suoi avversari lo definivano il venditore di arachidi. Mestiere che aveva esercitato con una piccola azienda, con pessimi risultati.
Quando fu eletto presidente era molto inesperto in politica estera e si dimostrò una scelta tragica in quell’ambito. Non fu in grado di far fronte alla recessione ed ad una gravissima crisi energetica. I russi sotto la sua presidenza invasero l’Afghanistan; ed ancor peggio gestì malissimo la crisi degli ostaggi presso l’ambasciata iraniana.
Paradossalmente Joe Biden dovrebbe avere una vasta esperienza. Eletto senatore per oltre trentacinque anni consecutivi, vicepresidente degli Stati Uniti. Ma rischia di battere Carter nell’ambito dei disastri.
In meno di due anni di presidenza è riuscito ad essere protagonista di una scandalosa debacle in Afghanistan, quasi peggio della caduta di Saigon. Probabilmente vedrà determinare la fine dell’influenza occidentale in Ucraina.
Ha rinsaldato rapporti speciali tra la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese. Rischia anche di vedere realizzata sotto la sua presidenza l’annessione di Taiwan da parte della Cina.
Tra poco ci saranno le elezioni di medio termine, dove potrebbe perdere la maggioranza sia alla camera che al senato con numeri disastrosi tali da renderlo un anatra zoppa. Che nel gergo politico americano significa che non avrebbe più la capacità di far ratificare i suoi atti dal congresso, trovandosi costretto a giocare di rimessa per tutto il resto della sua presidenza.
E neanche se ne possono spiegare le divisioni, perché in questo caso probabilmente Kamala Harris sarebbe più inesperta e meno credibile per una presidenza nata male e che sta tramontando peggio.
Una sconfitta del genere solitamente propedeutica una rielezione. Ma il punto non è neanche questo, poiché un presidente può passare, ma il prestigio di un Occidente così screditato non lo si può certo recuperare in breve termine.
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