Il miracolo della Grande Guerra: la Tregua di Natale

Il miracolo della Grande Guerra: la Tregua di Natale

Agognata da politici e Futuristi, prevista con inquietudine dagli intellettuali, la Grande Guerra ha rappresentato senza ombra di dubbio un evento epocale nella storia recente, tanto che per alcuni si è persino guadagnata il ruolo di spartiacque tra la Storia Moderna e quella Contemporanea.

Per la movimentazione di uomini, per gli armamenti impiegati – per la prima volta si fece uso di armi chimiche, come quelle sganciate sui soldati italiani a Caporetto oppure l’utilizzo dei sottomarini – ma soprattutto per le conseguenze geopolitiche che comportò, prima fra tutte il crollo definitivo degli imperi centrali.

E il primo dopoguerra ha rivelato con tutta la sua atroce crudezza le conseguenze di quel conflitto nuovo, che le potenze non seppero gestire, perché il progresso tecnologico aveva superato di gran lunga quello umano

Questa incapacità si riscontrò nell’enorme mattanza di uomini – e di animali, si pensi all’ecatombe di asini lungo il fronte italiano di montagna – e negli strascichi che comportò a livello psicologico su molti soldati, tanto che proprio in quegli anni venne postulata la diagnosi di sindrome da stress post traumatico – che andò finalmente a sostituire l’infamante appellativo di “scemi di guerra”.

Stress non solo indotto dalle armi ma anche dalla sfiancante vita di trincea

Le trincee infatti sono il simbolo che più rappresenta la Grande Guerra. Essa fu definita per l’appunto una guerra di logoramento proprio per questo, laddove gli eserciti che si fronteggiarono spesero giorni e giorni dentro a gallerie scavate nella terra, in condizioni disumane, per tenere posizioni che vennero guadagnate – o perse – con grande fatica e immensa perdita di vite umane.

Ma nonostante l’odio che animava i fronti, intorno alle festività natalizie del 1914 si registrarono casi di momentanee tregue, fenomeno passato alla storia come la Tregua di Natale.

Durante queste tregue spontanee, lungo il settore delle Fiandre soldati britannici e prussiani cominciarono a scambiarsi auguri di Natale e canti nelle rispettive lingue

A cominciare furono i tedeschi, i quali addobbarono le proprie trincee, accendendo candele. I britannici risposero dapprima con i canti, fino a quando i soldati di entrambi gli schieramenti non decisero di avvicinarsi gli uni agli altri, per scambiarsi addirittura dei piccoli doni.

La tregua fu umanamente importante sotto molti punti di vista, dal momento che la mattina di Natale, quando ancora era forte lo spirito che aveva animato la vigilia, i rispettivi eserciti si concessero di recuperare i corpi dei propri soldati morti e che ancora giacevano sul campo di battaglia.

E così, viene spontaneo rievocare una strofa drammatica di una delle canzoni più famose di Fabrizio De André “La guerra di Piero”.

Piero è un soldato e non facciamo fatica a immaginare che i sentimenti che lo animano sono gli stessi che hanno animato i soldati in trincea, nonché quelli che animano tutti coloro che combattono una guerra

Un giorno Piero vede in fondo a una valle un nemico, che ha il suo “stesso identico umore, ma la divisa di un altro colore”. Il cantautore genovese esorta Piero a sparare al nemico, prima che questi, spaventato, possa non “ricambiargli la cortesia”. Come poi accade.

Ma in quella notte di Natale del 1914, qualcosa è stato più forte dell’odio e della paura provata dal nemico di Piero.

Anche se per poche ore, lo spirito natalizio di pace e armonia ha fatto in modo che emergesse un senso profondo di umanità. Esso ha spinto i soldati a riconoscersi l’uno nell’altro e a rendersi conto che, al di là della trincea e di una divisa di un altro colore, c’erano persone e non solo nemici. Giovani con le stesse afflizioni, desideri e sogni.

Sogni che per milioni di loro furono smembrati tra pallottole e fili spinati.

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