Il Presidente della Repubblica e un discorso non banale

presidente

Si chiude il 2020, non senza il discorso del Presidente della Repubblica alla nazione. Una tradizione rassicurante per gli italiani, che va avanti dal 1949. Il Capo dello Stato, come tutti gli anni e come tutti i Presidenti che si sono succeduti, parla ai cittadini, fornisce una sintesi degli obiettivi politici, sociali e comunitari raggiunti e illustra i propositi per l’anno successivo.

Ci siamo abituati a stili di comunicazione e a capacità espressive diverse ma una generica fiducia verso la più alta carica dello Stato è complessivamente rimasta immutata.

Che poi l’effetto ruolo (di comando) esercitato possa modificare il comportamento di chi lo ricopre e la relativa percezione dell’interlocutore/ spettatore, nel caso di Mattarella, è particolarmente evidente.

Mattarella

Rileggendo il discorso non si può non notare, dal punto di vista di contenuto, un gran numero di parole a valenza emotiva negativa. Ad esempio: angoscia, tunnel, pensieri strazianti, vittime, dolore ecc…

La leva della paura è molto forte come la leva della nostalgia nei confronti dei “bei” tempi passati.

Gli scrittori sanno che lo stile narrativo che vuole creare pathos utilizza la tecnica della ricerca, nella prima parte, di uno stato depressivo per poi, nella seconda parte, fiorire in speranza e visione positiva.

Peccato che nella seconda parte, di fioritura positiva, non ci sia traccia.

La seconda parte del discorso del Presidente si fonda quasi esclusivamente sulla fiducia nell’Europa e nello Stato. Non c’è spazio per l’individuo. Fagocitato e “salvato” dall’Europa non può avere desideri di prosperità, realizzazione, autodeterminazione e scelta.

Totalmente e unicamente

Ma non solo non si ravvisa alcuno stimolo alla progettualità dell’individuo , anche la progettualità dello Stato e totalmente assente. Siamo nelle mani del Vaccino. Totalmente e unicamente.

Non abbiamo futuro, né come individui né come nazione. Il Presidente parla di passato, cita eventi, sì importanti, ma che non ci danno alcuna prospettiva futura, nessuna ipotesi di cambiamento.

Il Presidente si ferma al 2021, con il settimo centenario della morte di Dante, la ricorrenza dell’Unità di Italia, i 75 anni della Repubblica.

Sulla modalità comunicativa il Presidente Mattarella è parso particolarmente poco attrattivo, poco empatico, non convincente, particolarmente insicuro.

Un breve analisi comparativa del discorso di fine anno di alcuni Capi di Stato di altri paesi evidenzia altre modalità relazionali e altri contenuti.

Regina Elisabetta

La regina Elisabetta in un discorso pieno di speranza e tensione verso il futuro, parla ai suoi sudditi e concittadini in modo positivo riconoscendo gli sforzi fatti. Il piglio è quello di sempre, deciso e fiero, e lo sguardo non ha alcuna esitazione.

Macron ringrazia in apertura, ringrazia i francesi, il popolo per come ha combattuto e fronteggiato l’epidemia. Poi delinea il futuro, deciso infonde sicurezza sulle prospettive di medio e lungo periodo (parla di Francia nel 2030).

Spesso ci fermiamo alla banalità dell’evidenza. Quest’anno il discorso del Presidente Mattarella ha fornito una chiave di lettura importante in merito a quello che stiamo vivendo quotidianamente. Non solo la disorganizzazione e l’annullamento di servizi essenziali a causa di una gestione non efficace della pandemia, non solo la totale mancanza di responsabilizzazione sulle proprie libertà, ma anche la consapevolezza che siamo nelle mani di una struttura sovranazionale e che la nostra capacità di autodeterminarci e influenzare la nostra vita, sia come persone che come popolo, è giunta al capolinea.

di Sandra Bianchini

 

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