La Germania soprattutto dopo l’Anschluss che l’aveva unita all’Austria, portava avanti le aspirazioni di un grande impero europeo che avevano avuto, con sfumature estremamente diverse il Reich di Guglielmo II e l’Austria-Ungheria di Franz Joseph.
La differenza stava nel fatto che la Germania era una nazione che voleva riunire tutti i tedeschi in un unico stato; la seconda era un millenario impero, erede di quello Sacro Romano che si ispirava alla vocazione universalistica dei cesari: alla Roma Antica. L’impero asburgico era quello che rimaneva del sogno di Roma di unificare il mondo e governarlo.
Al di là delle scellerate politiche di sterminio portate avanti dalla Germania hitleriana, queste due vocazioni unite ricercavano un grande impero tedesco che dominasse l’Europa. O almeno i paesi del nord Europa, con la speranza di travolgere la Francia ad occidente e la Russia ad Oriente.
L’Italia tutto questo non lo aveva.
Austria ed Ungheria avevano una tradizione nazionale importante
Il motore dell’impero germanico era stata la Prussia che aveva un importantissima tradizione Nazionale, in specie militare. L’Italia non aveva ancora raggiunto l’unità da un secolo e proveniva da stati nazionali piccoli e solitamente satelliti di potenze straniere.
Qui sta la differenza!
Non ci fu un vero e proprio motore nazionale dell’unificazione, poiché il Piemonte fece l’unità d’Italia grazie al determinante aiuto francese ed alle mire mediterranee dell’Inghilterra. Nonché dell’aiuto tedesco nella terza guerra d’indipendenza. Vittorio Emanuele II parlava meglio francese dell’italiano.
L’unico stato che aveva una sua identità forte era il Regno delle Due Sicilie, che dall’unità fu totalmente travolto.
L’Italia aveva creato l’Impero, in maniera un po’ tardiva sul continente africano e non era pronta a rifare Roma. Mussolini voleva rifare Roma, non un giorno, ma in pochissimi anni. Era un progetto totalmente irrealizzabile, poiché l’Italia entrò nel conflitto mondiale totalmente impreparata.
Lo sforzo prima africano e poi spagnolo, avevano stremato le forze militari del paese inadatte ad una guerra vasta e di lunga. C’era poi il problema dell’impreparazione dell’Industria italiana a sostenere una produzione adeguata alle esigenze del conflitto.
La mancanza di senso della realtà, che un potere troppo prolungato e poco efficacemente contrastato aveva instillato in Mussolini. Non era a capo di una grande nazione, che reggeva un impero. Era a capo di una nazione che stava strutturandosi, consolidandosi e doveva ancora di più, per poter farlo durare, consolidare quell’impero.
Mussolini non era realista e pragmatico come lo era stato nel 1922.
Tanto che Italo Balbo arrivò a definirlo un Cola di Rienzo che si credeva Giulio Cesare. Il capo di una nazione nascente, che credeva di governare un vasto impero millenario.
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