IL SACRIFICIO DI VIRGILIO E STEFANO: IL FUOCO DI PRIMAVALLE NON HA
SPENTO LA MEMORIA
Roma, 16 aprile 1973 – Una data che, per chi come me ha militato sotto la fiamma
tricolore del Movimento Sociale Italiano, non è solo un ricordo.
È una ferita che non si rimargina, un grido che attraversa le generazioni, una verità scolpita nel fuoco: due fratelli, Virgilio e Stefano Mattei, assassinati nella loro casa da chi predicava la rivoluzione ma
praticava il terrore
Avevano 22 e 10 anni. Erano figli di Mario Mattei, segretario della sezione “Giarabub” del MSI a Primavalle. Una famiglia onesta, numerosa, come tante nei palazzi popolari della periferia romana. Ma Mario era un militante missino, ed essere missini in quegli anni
voleva dire vivere con il bersaglio addosso.
In quella notte maledetta, tre aderenti al
gruppo terrorista Potere Operaio – tra cui Achille Lollo – decisero di colpire non solo un uomo, ma un simbolo: un padre che si era fatto da sé, che difendeva con coraggio le sue idee e la sua gente, quella delle borgate dimenticate dalla sinistra salottiera e intellettuale.
Cinque litri di benzina. Bastarono quelli. Versati sotto la porta dell’appartamento dei Mattei
Doveva essere – dissero poi – una “dimostrazione”, una minaccia, un avvertimento. Ma il fuoco non conosce le mezze misure. Brucia tutto, divora tutto. In pochi minuti l’inferno si
spalancò nel cuore di una casa dove dormivano sei figli. Mario si lanciò dal balcone con il corpo in fiamme.
La madre, Anna Maria, riuscì a salvare i più piccoli. Lucia, Silvia: ferite,
ustionate, ma vive. Virgilio e Stefano no. Rimasero prigionieri dell’incendio, stretti in un ultimo abbraccio, affacciati alla finestra, invocando aiuto che non arrivò in tempo.
Fu un martirio, non una tragedia. Perché questa non fu una disgrazia. Fu un attentato politico, un crimine ideologico. Chi lo compì, lo fece per odio, per colpire “il fascista”
Chi lo coprì, chi mentì, chi scrisse opuscoli infami per ribaltare la verità, lo fece con lo stesso disprezzo per la vita altrui, per la giustizia, per l’umanità.
Eppure, chi ha ucciso quei ragazzi ha goduto per decenni di protezioni, silenzi, finti alibi.
Fuggiti all’estero, accolti come “rifugiati politici”, finanziati da premi Nobel e intellettuali di sinistra che parlavano di “montatura”, di “faide interne”, mentre due bambini bruciavano vivi.
Invece di chiedere perdono, scrivevano libri, davano lezioni di morale. Ma noi non
abbiamo dimenticato
Virgilio era uno di noi. Un Volontario Nazionale. Un giovane con lo sguardo fiero e il cuore pulito, che credeva in un’Italia più giusta, più forte, più vera. Era cresciuto in una casa dove si parlava di Patria, di onore, di impegno.
Era un figlio del popolo, non dei salotti
Uno di quelli che non scappava, che ci metteva la faccia, che difendeva la sua sezione e la sua famiglia. Non indietreggiava davanti alle minacce. Non si nascondeva dietro la retorica. È
morto come muoiono i martiri: in piedi, abbracciando il fratello.
Stefano era solo un bambino. Ma per chi odia, anche un bambino può diventare “figlio del nemico”.
E allora va punito, annientato, bruciato. Così la giustizia proletaria – come la
chiamavano loro – ha fatto il suo dovere.
E lo ha fatto lasciando un volantino vigliacco: “Morte ai fascisti. Mattei colpito dalla giustizia”. Ma quella non era giustizia. Era barbarie
Era terrorismo Dopo cinquant’anni, ci dicono di dimenticare. Ci dicono che il passato va archiviato. Ma noi
non possiamo. Non vogliamo. Perché la memoria non è un esercizio retorico, è un dovere.
Perché il sangue di Virgilio e Stefano non è stato vendicato dalla giustizia, ma solo dalla.nostra coerenza. Siamo rimasti fedeli a loro. A quegli occhi che chiedevano aiuto. A quel lenzuolo sulla finestra che copriva il corpo di Virgilio come un drappo funebre
A ogni giovane che entra in una sezione, a ogni militante che stringe una bandiera, a ogni ragazzo che rifiuta il conformismo e sceglie l’impegno, raccontiamo la storia di Primavalle.
Non come una cronaca. Ma come un testamento. Un’eredità morale che non si svende
Un sacrificio che ci obbliga a non abbassare la testa, a non vergognarci mai delle nostre idee, a non scusarci per quello che siamo stati.
Virgilio, Stefano, fratelli nostri, non siete morti invano
Il fuoco che vi ha portato via non ha spento la nostra fiamma.
Anzi, l’ha resa eterna.
Per voi, per sempre: presente!
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