Sicuramente dopo l’otto settembre anche i soldati e le forze armate si divisero. Alcuni scelsero di mantenere l’alleanza con i tedeschi. E quindi di schierarsi in favore del nascente regime repubblicano di Mussolini. Altri invece diedero vita ed il primo impulso alla resistenza.
“Giuro di essere fedele al Re ed i suoi reali successori”. Questo era l’incipit del giuramento che tutti i militari prestavano al tempo. E questo incipit fece propendere le scelte di molti in favore della lealtà verso gli ordini della monarchia.
L’Aeronautica era quella dove il regime era riuscito a penetrare meglio, ponendo anche l’obbligatorietà della tessera per farne parte. Dunque fu quella che rimase più colpita e spaccata nelle scelte individuali.
Il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri Angelo Cerica ordinò a tutti di restare al proprio posto. Prese parte direttamente ai combattimenti contro i tedeschi e dovette darsi alla clandestinità.
La scelta di restare al proprio posto fu incredibilmente coraggiosa. Ma per molti militi dell’arma si venne a creare una terribile situazione di incertezza. Soprattutto per coloro i quali rimasero al nord, visto che il governo fascista non aveva fiducia nella loro lealtà, che credeva orientata alla corona.
Salvo D’Acquisto
Colui che è assorto al simbolo di questo tipo di sacrificio per fare scudo alla popolazione civile è un sottufficiale passato alla storia: Salvo D’Acquisto. Mentre l’esercito nella prima fase successiva all’armistizio, lasciato privo di ordini finì per sbandarsi, con tragiche conseguenze ad esempio nei Balcani o a Cefalonia; la Marina resistette.
O per meglio dire i comandanti della Marina riuscirono a tenere aggregati gli equipaggi.
La squadra navale a La Spezia, al comando del dell’Ammiraglio Carlo Bergamini, salpò per sottrarsi alla requisizione da parte tedesca. Ad onor del vero bisogna dire che Bergamini ebbe un serrato confronto con il comandante della Marina De Courten. Il quale gli ordinava di recarsi a Malta per consegnare la flotta agli alleati.
Ovviamente il comandante della flotta di La Spezia era anche fortemente contrariato di non essere stato preventivamente avvisato dei piani di resa. Ma di averlo dovuto addirittura apprendere dall’interpretazione di un sottufficiale marconista di radio Algeri.
Inizialmente Bergamini avrebbe voluto l’auto affondamento che riteneva più onorevole della consegna della flotta al nemico. Rifiutò infatti di alzare dei pannelli neri sugli alberi e dipingere grandi cerchi sempre neri sulle prue delle navi, quali segnali distintivi al fine di non essere attaccati dagli alleati. Non lo convinsero neanche le rassicurazioni di De Courten sul fatto che non era necessario ammainare la bandiera. Perché si trattava solo di un trasferimento, non di una consegna.
Bergamini verso la Spagna
Bergamini non volle cedere. Inizialmente voleva dirigersi in Sardegna, ma durante il tragitto fu informato dell’occupazione tedesca dell’isola. Secondo alcuni voleva dirigersi in Spagna per attraccare in un porto neutrale.
Pare infatti che fino all’ultimo fosse deciso a rifiutare anche di dirigersi a Bona, un porto dell’Algeria dove sarebbe stato protetto dagli alleati. Per paradosso Bergamini che non voleva assolutamente consegnare le sue navi agli alleati, venne ucciso nell’affondamento della Corazzata Roma, da una bomba radiocomandata sganciata da un bombardiere tedesco.
Era in fondo riuscito ad evitare di consegnare almeno quella nave vanto della Marina italiana sia agli anglo-americani che ai tedeschi.
Il comando passa all’Ammiraglio Oliva
Il comando della squadra navale venne rilevato dall’ammiraglio Oliva. Che eseguì immediatamente gli ordini del governo del Sud recandosi a Malta, dove si incontrò anche con le squadre navali dell’Adriatico e con quella di Taranto.
La marina al completo, circa 150 navi, ottemperò a quanto richiesto dal governo facente capo a Badoglio. Anche se di fatto passarono sotto il comando alleato e non dipesero più direttamente dal governo italiano.
Nei mesi seguenti l’esercito venne in un certo senso riorganizzato. Già subito dopo l’armistizio si era distinto grazie alla superiorità numerica in Sardegna. Mettendo in crisi le truppe comandate dal Generale dal generale Von Senger, un fervente cattolico che si era rifiutato di giustiziare i prigionieri di guerra. E sarebbe stato poco dopo comandante della Difesa di Montecassino.
La situazione in Corsica
Ancora più triste lo scenario in Corsica, dove il sacrificio dei militari italiani permise la riconquista dell’isola. Però il rancore dei militari francesi, verso quelli che ormai erano ex nemici li portò a negare ogni merito agli italiani della valorosa azione. Nonché a vessare il continente italiano prima che lasciasse l’isola.
De Gaulle in persona rifiutò di concedere qualunque onore ai militari italiani.
Il 27 settembre venne formato il primo raggruppamento motorizzato dell’esercito. Il 13 ottobre 1943 il governo Badoglio avrebbe dichiarato guerra alla Germania. Anche se l’Italia non venne accettata come alleato ma solo come paese cobelligerante.
Gli alleati erano comunque fortemente riluttanti a permettere una riorganizzazione sotto comando autonomo ed a riarmare un paese che vedevano ancora poco affidabile. Inoltre la fuga da Roma era considerata un neo riguardo l’attendibilità di Badoglio e del Re anche da molti generali alleati.
I militari italiani versarono il suo sangue nella battaglia di Montelungo. Dove ci fu il primo atto simbolico di soldati italiani mandati a combattere dopo il riversamento di fronte.
Il Generale Alberto Zignani su questi soldati affermerà: “gli uomini con le stellette hanno combattuto la resistenza. Non per affermare modelli ideologici. Ma per l’onore della nazione, per obbedire agli ordini del governo. Per affermare l’esistenza di una virtù Militare Italiana”.
Proprio tale spirito di sacrificio ne esalta la grandezza come italiani, proprio la mancanza di uno schieramento politico di riferimento ha tristemente relegato la memoria di militari che si batterò o per il paese nella sua interezza, in un ruolo di secondo piano.
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