Il Terzo Polo fallito a causa della sindrome del “Marchese del Grillo”

Il Terzo Polo fallito a causa della sindrome del “Marchese del Grillo”

E’ inutile negarlo. Alla formazione del terzo polo molti elettori ci hanno creduto e anche parecchio. Era la speranza di chi non voleva il bipolarismo, la panacea di tutti i moderati/centristi italiani che vedevano nel terzo polo la formazione di una nuova “Balena Bianca laica”. La validità dell’idea stava anche nella novità che il nuovo progetto politico portava. Poteva avere anche risvolti positivi se non fosse stato per l’impossibilità di coabitazione dei due leader nella stessa coalizione. I loro caratteri sono stati la causa principale del fallimento.

Vi è la necessità di ripensare ai partiti personali. La morte di Berlusconi sta mettendo in luce tutti i limiti dei partiti personalistici, se non sono supportati da forti basi ideologiche e di programma. La partecipazione politica è soprattutto l’adesione ai valori e alla visione dell’identità sociale. Certo che un partito personale non va confuso con leadership di un partito. La leadership è un’altra cosa. Questo fenomeno invece è stato palpabile e reale nei due partiti che volevano fondare il terzo polo.

Renzi è l’unico vero leader che riesce a conoscere approfonditamente la politica, ma purtroppo è intrappolato nel proprio ego. Ma una traccia di politica c’è. A Firenze la scorsa settimana al Mandela Forum (e chissà perché non alla Leopolda) si è posto come obiettivo di arrivare alle Europee a un risultato del 4,1%. Il suo progetto politico al “Centro” chiaro, netto, preciso, c’è.

Calenda sta invece interpretando il suo Centro in maniera più disordinata. Propone una serie di fusioni a freddo che coinvolgono identità eterogenee: dai riformisti ai liberali, a Più Europa. Calenda, almeno fino ad oggi, rimane nell’ambito di un laboratorio ambiguo, effimero e in taluni casi autoreferenziale.

Perché deve rifondare un partito? “Azione” è quindi fallita? Oppure è un velato restyling di un partito che comunque ha rischiato di fallire?

L’accordo saltato tra Renzi e Calenda ha avuto come conseguenza che gli elettori moderati, liberali e riformisti siano rimasti disorientati. Ma nel panorama del terzo polo gravitavano, oltre alle componenti già citate, anche i Libdem, guidati dal senatore Marcucci, che nel loro primo incontro a Bologna a giugno scorso hanno presentato un programma vicino alla destra.

Scalpita sempre al centro Marattin, che è persona seria e credibile, ma perde visibilità di fronte a Renzi/Calenda.

Gli elettori del centro sono disorientati, dicevamo. Renzi e Calenda in maniera differente danno l’impressione di essere come i capponi di Renzo Tramaglino. La differenza è che Calenda è ossessionato nelle sue uscite da Renzi, mentre Renzi ne parla appena affermando che a Calenda ha fatto solo del bene e tira dritto con il programma.

Non basta avere le idee da centristi, europeisti, riformisti, liberali e quant’altro. Serve anche la necessità di condividere almeno delle idee e degli obiettivi. La sindrome del “Marchese del Grillo” (Io sono io e voi non siete un…) è troppo potente e limiterà fortemente l’ascesa di un partito alternativo al bipolarismo.

Almeno per ora.

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