Il tramonto dei sindacati
Lontani dai lavoratori, dalle esigenze del mondo reale, e sempre più vicini a nuovi diritti e migranti, i sindacati non sono più in grado di mobilitare le masse come in tempi anche relativamente recenti.
Ora a Roma portano un decimo del loro potenziale di persone ed esaltano. Incomprensibile!
Centomila per le fonti ufficiali, duecentomila per gli organizzatori, ma visto il loro glorioso passato possono davvero vantarsi di questi numeri, che suggellano la loro crisi?
Il grande sindacato di un tempo
L’Italia del dopoguerra,aveva il Partito comunista più forte del mondo occidentale. La prima forza di opposizione. Che arrivò anche a pareggiare e a lievi sorpassi con il partito di governo.
Eppure il sindacato aveva molti più iscritti del partito. La CGIL di Luciano Lama, era una forza travolgente. Vicina ai problemi del lavoro, alle istanze sociali, ai bisogni reali del paese. Oggi quelli che vorrebbero essere i suoi eredi sembrano quasi grotteschi. Le folle oceaniche non si vedono più. La retorica è sempre la stessa. Molta ideologia, poca concretezza. Ad aggravare la situazione sta il fatto che, l’odierna ideologia che anima la sinistra è tutta una speculazione intellettuale. Non un analisi concreta dei problemi sociali.
I richiami alla storia sembrano solo voler colmare le evidenti lacune e la distanza con quelle masse di lavoratori che non vengono più attratti dalla piazza dei sindacati.
La prova di forza contro Berlusconi
Era 12 novembre 1994 quando una folla composta da oltre un milione e mezzo di persone arrivò a Roma. I sindacati avevano chiamato la mobilitazione generale contro la manovra finanziaria del primo governo Berlusconi, soprattutto per la parte che riguardava le pensioni.
Ovviamente la voce grossa, anche per una questione di numeri, la faceva la Cgil. Ma il grande successo del segretario del tempo, Sergio Cofferati, fu quello di ottenere l’adesione degli altri più importanti sindacati del paese, Cisl e la Uil.
L’imponente mobilitazione costrinse il governo ad un ripensamento.
I sindacati avevano dato una prova di forza, della quale non si poteva non tenere conto. Negli anni novanta, i sindacati ,erano ancora in grado di paralizzare il paese, se non ascoltati.
Un oceano di persone per l’articolo 18
Passarono poco meno di sette anni e le piazze tornano a fare la storia. Stavolta alla guida del sindacato più grande d’Italia, la CGIL, c’è Eugenio Epifani. Questa volta in difesa dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
Il ruolo della CGIL fu quello di protagonista assoluto. I numeri furono impressionanti Ben tre milioni di persone, la folla più grande di una manifestazione sindacale nella storia dell’Italia repubblicana.
Il sindacato sapeva ancora parlare al cuore della gente, interpretarne i problemi e, che si fosse d’accordo o meno con le sue tesi, restava una realtà con la quale bisogna necessariamente fare i conti perché aveva forte presa sul paese.
Oggi sarà perché….
Forse perché la parola diritti,iIntesa sicuramente come nuovi diritti, viene prima della parola lavoro? Forse perché si parla di migranti,di autonomia differenziata, di coppie di fatto, di gender,di politicamente corretto nelle sezioni sindacali? Sempre più di questo è sempre meno di lavoro!
Che senso ha difendere quella che si definisce la costituzione più bella del mondo, se non si definiscono i diritti del lavoro. Se vengono scritti ma non difesi.
Forse perché oggi è il sindacato che si fa guidare dal partito e non che va avanti per i lavoratori a prescindere dal Partito. Anche contro il partito se serve.
Forse perché i lavoratori pensano ad una Elly Schlein vestita Armani, e non riescono a figurarsela propria fuori dalla Mirafiori?
Di fatto i numeri hanno visto un calo ai minimi storici.
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