Il Vampiro di Brooklyn

di Gaia Sebastiani

“Ciò che io faccio è giusto, altrimenti Dio avrebbe mandato un angelo a fermare la mia mano, come fece a suo tempo con il profeta Abramo.” Albert H. Fish

Albert Hamilton Fish nasce nel 1870 a Washington D.C da una famiglia disagiata e presto si ritrova nell’orfanotrofio di St. Jhon, un centro religioso dove i bambini vengono puniti con frustate e punizioni corporali. Ne uscirà dopo 9 anni, mentalmente provato, ossessionato dal peccato e dall’espiazione tramite il dolore. Passa da un lavoro a un altro, sviluppando una mania divorante per i bambini. Il dolore è ciò che lo fa sentire vivo.

Nel 1925, a 55 anni, Fish comincia il suo cammino verso la follia. Si infila aghi nello scroto (in una radiografia compiuta da medici increduli ne verranno trovati ben 29), si fa frustare a sangue dai propri figli e si dedica alla coprofagia. Inizia ad avere distorte allucinazioni mistiche. Dio in sogno gli ha ordinato di torturare tutti i bambini che può, ed è ciò che lui cercherà di fare nel corso della propria vita. Il serial killer si incastrerà da solo con l’omicidio della piccola Gracie Budd.

1928, Edward Budd, fratello di Gracie, pubblica un annuncio sull’edizione domenicale del New York World. Pochi giorni dopo alla porta della signora Delia Budd si presenta un anziano visitatore. Frank Howard, un coltivatore di Long Island. Il giovane accetta la proposta di lavoro, l’uomo si presenta il giorno successivo per prelevare la nuova recluta portando con se dei doni per la famiglia, ciò farà si che la signora Budd lo inviti per pranzo ed è qui che Frank conoscerà Gracie. L’uomo rimane ammaliato alla visione della bambina e trovato un escamotage riesce a portare la piccola con sé, promettendo alla madre di riportarla per le 21. Delia non rivedrà mai più sua figlia.

Scatta la denuncia, ma la polizia non ci mette molto a scoprire che non esiste nessun Frank Howard. Si verificano altri casi simili a New York. 1924, Francis Mc Donnell, 8 anni, gioca nei boschi vicino casa a Staten Island con gli amici, quando un uomo lo porta via. Per sempre. 1927, Billy Gaffney 4 anni e un amico di 3, giocano nel cortile di casa, Billy scompare e il piccolo amico da una descrizione di quello che verrà descritto come: “l’uomo nero”. Il detective William F. King non si arrende e continua a lavorare al caso Budd. Nel 1934 decide di giocare il tutto per tutto pubblicando un annuncio in cui annuncia che il caso sta per essere risolto. Funziona.

L’assassino finalmente fa un passo falso, invia una lettera alla madre della piccola Gracie, scomparsa 6 anni prima. Nella stessa descrive minuziosamente l’orribile fine di molti bambini, torturati per rendere la carne più morbida e infine uccisi per essere mangiati. La busta reca un indizio fondamentale, un piccolo emblema esagonale, con le lettere N.Y.P.C.B.A. Le ricerche portano ad una casa dove vive un uomo molto simile alla descrizione dell’uomo nero. Nel dicembre 1934 viene arrestato. La confessione che segue all’arresto è un’odissea di perversione e depravazione. Fish racconta alla polizia di essere stato assalito da una sete incontrollabile di sangue e di aver decapitato la ragazzina con un seghetto, di aver raccolto il suo sangue in un secchio e di aver buttato via gli scarti. Confessò poi l’omicidio di Billy Gaffney, raccontando di averlo legato, imbavagliato, denudato e lasciato in una discarica.

Nel frattempo si era recato a casa a prendere il suo amato gatto a nove code (un frustino artigianale composto da diverse strisce di cinture tagliate e legate insieme dallo stesso Albert). Con questo oggetto Fish ha frustato il bambino fino a farlo sanguinare, poi lo ha ucciso tagliandogli la faccia da orecchio a orecchio ed ha bevuto il sangue che gli sgorgava fuori. Dopo pochi giorni Fish confesserà anche gli omicidi di Francis MacDowell e Mary O’Connor. Il resoconto finale delle vittime fatto da Fish è di circa 100 bambini uccisi e 400 molestati, afferma di aver vissuto in 23 Stati diversi e di aver ucciso o mutilato un bambino in ogni quartiere in cui ha abitato. Ogni suo racconto è stato fatto con una terribile freddezza e tranquillità.

Albert viene dichiarato colpevole e condannato alla sedia elettrica nel 1935. L’esecuzione avvenne il 16 gennaio 1936, egli aiutò gli inservienti a legargli le fibbie e ammise che la scossa elettrica era l’unico piacere che mancava alla sua collezione.

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