Giorgia Meloni si dice basita della sentenza del Tribunale di Catania che disapplica il Decreto Migrazioni del Governo, recentemente approvato, e pone in libertà 4 cittadini tunisini, uno dei quali già oggetto di procedura di espulsione ed evidentemente rientrato in Italia.
La sentenza di Catania
Il Tribunale di Catania ha rilevato la contrarietà del decreto in questione con la normativa comunitaria e costituzionale, prevalente rispetto a quella nazionale e su questa base giuridica ne ha disposto, appunto, la disapplicazione.
Non c’è dubbio che trattasi uno scacco non indifferente alla politica del Governo in materia di immigrazione. Tanto più se a pronunciare l’incolpata sentenza è un Giudice che ha evidenti simpatie a sinistra ed è favorevole non solo al doveroso salvataggio delle vite in mare, ma anche a un incontrollato accesso nel paese di queste persone.
Il Ministero ha annunciato ricorso in Cassazione e vedremo se l’impianto motivazionale del giudice etneo reggerà al vaglio del Supremo Consesso.
Due parole, in generale, però si possono dire, sempre nel doveroso rispetto del venturo giudizio ermellino.
La norma sulla fidejussione è davvero contro il diritto comunitario?
Non c’è dubbio che la misura della c.d. garanzia fidejussoria, seppur prevista dall’art.8 comma 4 della Direttiva 2013/33 UE, si presti a svariate critiche e che possa, sul piano tecnico, essere il grimaldello di una futura eventuale incostituzionalità (a tal proposito sarei curioso di sapere se è stata sollevata una questione di costituzionalità a riguardo o ci si è limitati a una mera disapplicazione e se sì perchè). Ma, rebus sic stantibus pare che non sia illegittimo, tutt’al più criticabile politicamente. Ma il compito del magistrato non è la critica politica.
Altro elemento di non indifferente rilievo è che, nel caso di specie, il trattenimento – secondo requisiti di proporzionalità e brevità – sembrerebbe assolutamente plausibile (anche al netto della norma sulla fidejussione) per le motivazioni di cui all’art. 8 comma 3 lettera a) e b) della suddetta Direttiva, senza interessare la novella normativa. Perchè dunque invocare una supposta contrarietà all’ordinamento comunitario? Davvero non si capisce.
IL tenore delle motivazioni addotte dai migranti, poi, avrebbe addirittura potuto giustificare una questione di manifesta infondatezza della domanda, ma ciò esulava legittimamente dalle competenze del Giudice.
Le motivazioni dei quattro migranti
Il primo dei migranti tunisini a Pozzallo dà conto della richiesta in quanto “perseguitato per caratteristiche fisiche che i cercatori d’oro del suo Paese, secondo credenze locali, ritengono favorevoli nello svolgimento della loro attività (particolari linee della mano, ecc.) e di essere privo di documenti perché, nella fuga, non aveva potuto prelevarli dall’abitazione”.
E uno si chiede.. ma di che si parla????
Il secondo, ha motivato la richiesta di protezione internazionale perché i genitori della fidanzata volevano ucciderlo in quanto asseritamente responsabile della morte della ragazza la quale aveva tentato, ahimè invano, di raggiungere su un barcone, le coste italiane.
Minacce indubbiamente pericolose, ma non al punto forse da giustificare la protezione internazionale.
Il terzo dichiara “perché ho avuto problemi con mia moglie in ospedale, mia moglie più volte è rimasta incinta, per tre volte ha partorito ma per mancanza di adeguate cure ospedaliere i neonati non sono sopravvissuti. Mia moglie è rimasta in Tunisia con uno dei miei figli. Nel mio Paese le cure sono a pagamento e per questo ho deciso di partire”.
Circostanza indubbiamente drammatica ma che può dar adito alla p.i.?
Il quarto, ha dichiarato di essere scappato per “questioni essenzialmente economiche e per minacce che aveva ricevuto da alcuni suoi creditori”.
Se ospitassimo tutti coloro che sono minacciati dai creditori, credo che saremmo letteralmente invasi.
Occorre garantire protezione internazionale solo a chi versa nelle condizioni previste dalla legge
Chi non è in malafede non può non vedere che tali motivazioni – per quanto gravi e drammatiche sul piano personale – non costituiscono in alcun modo motivo per la richiesta di protezione internazionale che, come spesso accade, ahimè, viene effettuata per motivi meramente defatigatori.
A ciò aggiungasi che la Tunisia non è paese “non sicuro” (né il magistrato è competente ad un accertamento in tal senso), e che uno di loro era già destinatario di un provvedimento di rimpatrio. Alla luce di ciò, che cosa pensare del provvedimento del Giudice etneo?
E’ stata solo una valutazione solo giuridica, come egli stesso rivendica?
E’ una sentenza politica?
Perchè se la questione fosse – anche solo in minima parte – politica e non giuridica, non si potrebbe dar torto alla Premier di un paese da sempre lasciato solo a gestire la prima frontiera di una sfida globale.
Chi rema contro l’Italia
La Germania che, per bocca del proprio Ministro dell’Interno, orgogliosamente rivendica i finanziamenti alle ONG battenti bandiera tedesca, al contempo chiude i propri confini lamentando l’eccessivo numero di arrivi. Ma se le medesime doglianze provengono dall’Italia, allora siamo brutti, cattivi e fascisti (sic!).
La Francia viene condannata dalla CEDU per il trattamento dei migranti a Ventimiglia, ma non perde occasione di dire quanto siamo inumani e vomitevoli (sic!).
L’UE non riesce ad andare al di là di vuote passerelle e proclami, senza tuttavia fare granché per risolvere un problema che, tanto comunque, è, in prima battuta, (quasi)tutto italiano.
Nessuno (o pochi) condannano le palesi violazioni dei diritti umani, poste in essere da Spagna, Malta e Grecia, nei confronti dei poveri del mondo. Forse sono più accettabili (mistero)?.
La posizione della sinistra italiana
E anche sul piano interno………..
La sinistra ormai non perde occasione per strumentalizzare il tema e si è gettata a capofitto su questa sentenza condendo il “dictum” del giudice con deliri vari
D’altra parte, il sistema di accoglienza è gestito per lo più da cooperative almeno culturalmente vicine a quella parte politica che quindi ha tutto l’interesse a mantenere uno “status quo” che, tuttavia, sta divenendo sempre più ingestibile e intollerabile, ma tant’è.
Emergenza sì, emergenza no?
Le Regioni “rosse” per lungo tempo si sono rifiutate di riconoscere lo stato d’emergenza connesso all’impatto delle migrazioni sui nostri territori (salvo a Capalbio, s’intende!), ma poi, invocano un’emergenza nazionale (c’è qualcosa che sfugge!). Per farsi un’idea basta sentire Nardella e Giani, che da un lato lamentano l’ingestibilità del fenomeno ma poi si guardano bene dal produrre una qualche soluzione che vada oltre le vane parole.
Il rifugiato economico, l’ultima boutade di Amato
Giuliano Amato, si è inventato di sana pianta la pittoresca figura del “rifugiato economico”, così da istituzionalizzare accanto al perseguitato politico anche il povero, e allargare ancora di più le maglie già larghe della nostra accoglienza.
Garantire vie legali di ingresso e lotta ai trafficanti
Insomma, sembra sempre più difficile garantire via di accesso legale ai migranti (di cui abbiamo indubitabilmente bisogno) e stroncare quel pernicioso fenomeno per cui qualcuno si approfitta delle condizioni di bisogno di disperati per garantir loro viaggi della speranza che si trasformano in cimiteri mediterranei.
E si, di fronte a tutto ciò, rimanere basiti è lecito!
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