Con la crescita del PIL nel mercato statunitense, sono ripartite le spinte inflazionistiche. Cioè sono aumentati i prezzi dei beni e servizi. In generale l’aumento è avvenuto sia dal lato delle materie prime, sia dal lato dei prodotti finiti. Un aumento dunque generalizzato.
È il segno della ripartenza. Un fenomeno considerato temporaneo e di breve periodo. È come rimettere in modo una macchina ferma e sgassare per pulire gli scarichi, tenerla accelerata sopra i 60 km/h per circa 30 km. Pertanto, se il fenomeno è temporaneo occorre avere paura? Occorre prendere contromisure? In generale un rialzo dell’inflazione genera sui tassi reali un deprezzamento, ossia calano i rendimenti reali. Perdo potere d’acquisto e perdo in termini di rendimento netto tra tasso nominale e tasso d’inflazione. Per proteggermi dovrei spostare i miei investimenti dal tasso fisso al tasso variabile dunque.
Portare il rialzo da temporaneo a duraturo
Di difficile previsione invece è che i mercati, una volta rialzati i prezzi dei beni e servizi, possano scontare nel lungo periodo un ribasso. Facendo sì che il rialzo inflazionistico di questi mesi dovuto principalmente alla ripartenza, da temporaneo diventi duraturo. Per le imprese questa svolta sui prezzi finiti, ossia il rialzo dei prezzi, non può che generare, mitigati i costi di produzione e distribuzione, maggiori utili futuri e quindi una maggior distribuzione dei dividendi agli azionisti.
Ciò in certi termini costituisce una opportunità per alcuni investitori che cercano non solo elevati rischi ma anche elevati ritorni. È la vittoria del Price/Earning, ossia del rapporto prezzo utili, prezzo di mercato dell’azione ed utili attesi per azione. In sostanza ci vorrà meno tempo per rientrare in possesso dei soldi spesi per comprare azioni che daranno dividendi maggiori. Un indicatore che ogni investitore del mercato azionario dovrebbe imparare ad utilizzare sia come base per scegliere le azioni da comprare, sia come parametro di confronto tra azioni di settori comparabili.
La letteratura su questo tema è prolifica.
In generale il sistema dei tassi fissi è sotto stress, tanto che la forbice tra tasso fisso e prezzo di acquisto, ossia quanto spendere per comprare un tasso fisso sta diminuendo, quindi i detentori di tassi fissi vedono il valore dei propri assets calare, a tutto vantaggio dei titoli a tasso variabile e degli investimenti in azioni con politiche di dividendo stabili e migliorative.
Per evitare una perdita di valore dei propri asset mobiliari dunque occorre privilegiare i settori in cui la crescita dei prezzi finali e delle materie prime è stabile e non temporanea, perché solo in questo modo, terminata la spinta inflazionistica, rimarrà la crescita sana duratura nel tempo.
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