Intelligenza artificiale: a Palazzo Vecchio convegno per analizzarla
Sabato 13 di una freddissima mattina di gennaio, la Sala d’arme di Palazzo Vecchio a Firenze si presenta colma di persone, la maggior parte con i capelli ormai bianchi.
Eppure l’argomento, trattato molto bene dal relatore, era rivolto essenzialmente ai giovani che con l’Intelligenza Artificiale avranno da convivere per il resto della vita.
Ha parlato e tenuto tutti con il fiato sospeso per quasi tre ore il professor Alessandro Mecocci, cattedra di Ingegneria dell’informazione e Scienze matematiche dell’Università degli Studi di Siena, addentrandosi in una materia affascinante quanto inquietante in un incontro dal titolo “La scoperta dell’Intelligenza Artificiale: aspetti tecnici, sociali e etici”.
Il titolo non rende quanto il contenuto.
Il professore inizia affermando che l’era digitale si è appena conclusa. Questi trascorsi sono stati quaranta anni di sviluppo di computers ed apparecchi elettronici che hanno reso più agevole la nostra vita, modificandone l’intera organizzazione. I computers da semplici elaboratori di processi si sono progressivamente sostituiti a noi, facendo diventare gli uomini “elaboratori” obbligati ad utilizzare i computers per i processi.
Ma adesso siamo andati oltre
Siamo entrati adesso nell’era dell’Intelligenza Artificiale, dove robot macchine super computerizzate non solo saranno in grado di svolgere operativamente i lavori, ma potranno “pensare” operazioni complesse e apprendere dai propri errori. Una sorta di umanoidi con gangli neurali simili ai nostri e una corteccia neurale che riesce a a prendere decisioni in tempi infinitamente più veloci rispetto al più intelligente e perspicace essere umano.
Tra algoritmi e inserimento di un quantitativo illimitato di video, foto e dati, i nuovi strumenti saranno capaci di sostituirsi a noi. Già negli Stati Uniti si fa uso di “giudici meccanici” che riescono ad analizzare un qualsiasi evento accaduto e commisurare sentenze. Per non parlare della professione medica, dove robot potrebbero sostituire chirurghi nelle sale operatorie e dottori nei pronto soccorso, elaborando in tempo reale analisi di laboratorio o macchine diagnostiche.
Al momento sono ancora piccole cose, poiché la sperimentazione è in atto, che però già oggi in parte concorrono a formare il nuovo futuro. E se la generazione dei 30/40enni è già in ritardo, un esercito di millennials e “generazione Z” ha la necessità di apprendere velocemente l’utilizzo delle nuove tecnologie.
Già adesso si possono vedere le prime conseguenze
Ogni nostro clic, ogni nostro like, ogni nostro video o messaggio viene archiviato. Ogni nostro acquisto viene analizzato e catalogato. Ogni nostro spostamento viene controllato. Milioni di dati di milioni di persone che ogni giorno, ora, minuto interagiscono con computer e cellulari e che senza rendersene conto donano miliardi a chi riesce a gestire, vendere, utilizzare i dati. Il nostro tempo è fonte di ricchezza di altri. Tutto gratis.
Quanti lavori spariranno da oggi al 2030?
Quante persone che non avranno la possibilità o non sapranno adeguarsi al nuovo che avanza potranno mantenere uno stipendio?
Amazon ha già magazzini interamente meccanizzati che hanno il pregio di non richiedere ferie pagate, sabati e domeniche libere, che non si ammalano o non vanno in gravidanza. Macchine intelligenti controllate da altre macchine intelligenti che verificano il carico di lavoro, la produttività e l’ottimizzazione. Lo stesso lavoro del giornalista potrebbe tranquillamente essere sostituito.
Tramite l’AI si creano articoli, riviste e interi libri che possono essere redatti in base ai gusti e/o alle richieste di una platea catalogata e censita.
E poi la politica
Quanti partiti in campagna elettorale potrebbero prendere decisioni ed effettuare comunicazioni per raccogliere più voti da un certo gruppo di elettori invece da un altro? O peggio l’AI potrebbe guidare l’elettore inconsapevolmente ad una scelta piuttosto che un’altra. Stiamo creando dei mostri, mostri futuristiche inquietanti. Ma una via d’uscita c’è.
Ce l’ha offerta nel finale della kermesse proprio il professor Mecocci
Le macchine non riusciranno mai a simulare il pensiero umano. Le macchine non sono empatiche, non hanno sentimenti, non provano amore, amicizia, ma neanche odio, invidia, orgoglio. Sono e rimangono lamiere di acciaio, intelligenti, veloci, capaci, ma pur sempre macchine. Rimanere umani, con il nostro universo interiore, è la sola vera strada da percorrere. Uomini e donne capaci di guardarsi dentro e farsi affascinare dal mondo che ci circonda.