Intervista a David Elber, contestato a Ventimiglia dal fronte pro Palestina

Intervista a David Elber, contestato a Ventimiglia dal fronte pro Palestina

Giovedì 6 giugno, durante la presentazione del libro “Il diritto di sovranità in terra di Israele” di David Elber, organizzata presso la Biblioteca Aprosiana da Maria Teresa Anfossi, presidente dell’Associazione Culturale Italia Israele di Ventimiglia, abbiamo assistito all’ennesimo putiferio scatenato dal fronte a sostegno della Palestina.

Forse perché David Elber, da oltre dieci anni, è noto per le sue battaglie contro le continue accuse di illegittimità mosse allo stato di Israele.

E lo fa basandosi non solo sui fatti, oggi tanto bistrattati a favore delle opinioni ma, soprattutto, sull’inoppugnabile Diritto, quello con la d maiuscola

L’aperta contestazione dei manifestanti di giovedì ha ritardato di 40 minuti l’inizio della presentazione, la quale ha potuto avere luogo solamente dopo l’intervento della Digos. Ed è già un miracolo che sia andata a buon fine.

Il 7 maggio scorso, infatti, un incontro organizzato presso la Statale di Milano, questa volta dall’Ass. Italia Israele di Savona, anche qui con la partecipazione, tra gli altri, di Elber, è andata a monte. La ragione? L’ennesima intimidazione di un fronte che vuole solo imporre la propria linea, e non intende impegnarsi davvero nel dibattito costruttivo.

Abbiamo intervistato David Elber all’indomani dei fatti di Ventimiglia, per raccogliere le sue impressioni e i suoi punti di vista su questa incresciosa parentesi di tentata censura

Ciao David, intanto per cominciare puoi spiegarci brevemente in che cosa consisteva l’incontro organizzato dall’Ass. Italia Israele di Ventimiglia presso la Biblioteca Aprosiana e di cui eri l’ospite principale?

La conferenza organizzata dall’associazione di Ventimiglia, era incentrata sulla presentazione del mio ultimo libro: “Il diritto di sovranità in terra di Israele”.

Assieme a me c’era il mio editore Guido Guastalla e Alex Zarfatti presidente di Progetto Dreyfus associazione che si batte contro l’antisemitismo

Un po’ prima dell’inizio della presentazione, un nutrito gruppo di giovani ha preso posto nella biblioteca. Hai capito subito che ci sarebbero state delle contestazioni?

Sì, lo abbiamo immaginato anche se l’affluenza era stata tranquilla e ordinata. Poi però non appena è iniziata la presentazione, hanno iniziato a interrompere con provocazioni e domande studiate a tavolino per disturbare chi parlava.

Tu hai tenuto moltissime conferenze sull’argomento. Studi e scrivi da molto tempo saggi e articoli su Israele, sulla sua legittimità, sfatando via via imprecisioni e false notizie a colpi di Diritto.

Ti era mai successa una cosa del genere prima?

No, onestamente è stata la prima volta che mi capitava una cosa del genere. E devo dire che sono rimasto molto sorpreso dalla “tecnica” utilizzata: a turno, probabilmente uno schema già collaudato, c’era chi poneva una domanda provocatoria e fuori contesto, poi chi lanciava slogan accusatori, infine alzando sempre più la voce c’era chi ci apostrofava come “fascisti”, “assassini” perfino “genocidari”. È diventata una autentica gazzarra.

Avete tentato di dialogare con questi giovani?

Sì, fin dall’inizio abbiamo detto ai numerosi giovani partecipanti che si trattava della presentazione di un libro ma che alla fine della relazione ci sarebbe stato spazio per le domande.

Come vi hanno risposto?

Hanno iniziato a dire che doveva esserci un dibattito, che dovevamo consentire loro di parlare. Ma era chiaro che era tutto un pretesto per non permettere lo svolgimento dell’incontro, altrimenti ci avrebbero permesso di presentare il testo senza interrompere continuamente il relatore di turno.

Come ti sei sentito e come ti senti in generale di fronte al muro di gomma contro cui si sbatte quando si cerca di spiegare a questi giovani dei dati oggettivi, suffragati dalla razionalità del Diritto?

È stato molto avvilente e si è capito fin dall’inizio che c’era una regia ben orchestrata per non dare spazio di parola. I dati oggettivi non li hanno voluti ascoltare, tanto è vero che io ho potuto parlare solo dopo oltre 40 minuti di intemperanze.

Da quello che hai visto ieri pomeriggio, qual è la tua impressione su questi giovani?

Ti sembrano organizzati o solo gruppi spontanei di ragazzi che, nel pieno del fuoco idealista che caratterizza la loro età, sono convinti di battersi per una giusta causa?

Non è stata certamente una manifestazione spontanea

Erano molto ben organizzati, con dei ruoli ben definiti e una regia dall’esterno che dava istruzioni tramite cellulare ad alcuni di loro che prontamente agivano dopo le istruzioni ricevute. Molto probabilmente credono di agire per una giusta causa ma si capiva chiaramente che non sanno minimamente quello che dicono: urlavano slogan e frasi fatte, oltre che leggere deliranti comunicati dal telefonino e preparati in precedenza.
Sappiamo che la presentazione ha poi avuto luogo senza intoppi, grazie all’intervento della Digos.

Come ti ha fatto sentire questa palpabile violazione del diritto di espressione, ma anche del diritto di informazione, che ha persino richiesto l’intervento delle forze dell’ordine?

Per prima cosa è da rimarcare la grande professionalità dimostrata dalle forze dell’ordine: hanno lasciato intervenire i ragazzi ripetutamente fino a quando le urla, le offese non hanno consentito lo svolgimento dell’incontro.

A un certo punto hanno cercato di calmare i più esagitati per poi dover portar via di peso un paio di loro.

È stato tutto così avvilente e sgradevole che riuscire a mantenere la lucidità per poter fare la presentazione è stato difficile

Per fortuna quando le forze dell’ordine hanno ristabilito la calma siamo riusciti a portare a termine l’incontro.

Conclusa la presentazione, c’è stato un finale amaro, perfettamente in linea con tutto questo clima di intolleranza: siete dovuti fuggire da un porta laterale. Dove, per altro, vi hanno inseguito. Hai avuto timore per la tua incolumità?

Si c’è stata anche questa sgradevole appendice finale. Siamo dovuti uscire alla spicciolata da una porta laterale perché si era formata una sorta di ronda di esagitati che “pattugliava” gli ingressi. Anche in questo caso le forze dell’ordine sono state bravissime a dettare i tempi di uscita per scongiurare ogni contatto. Non ho avuto paura perché la polizia ha gestito tutto in modo encomiabile, trasmettendoci un senso di sicurezza.
Relativamente a questa ultima domanda, da quello che hai vissuto, pensi che, prima o poi, durante uno di questi incontri potrebbe consumarsi un vero atto violento, sulla scorta di quelli visti all’epoca delle leggi razziali in Europa negli anni ‘30?

C’è questo timore

È sufficiente che a un incontro non ci sia un numero sufficiente di agenti (ieri erano una dozzina) che la contestazione possa degenerare in modo violento. Ieri uno dei partecipanti venuti ad ascoltare è dovuto uscire per lo spavento con un leggero problema cardiaco. In futuro, se decidessero di mandare dei violenti assieme ai disturbatori, potrebbe andare molto peggio. Mala tempora currunt.

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