Intervista a Kishore Bombaci, presidente dell’Ass. Amici di Israele di Firenze.

Intervista a Kishore Bombaci, presidente dell’Ass. Amici di Israele di Firenze

Sono passati dieci mesi dal pogrom che ha colpito la popolazione civile israeliana, sabato 7 ottobre 2023. 1200 morti, 255 ostaggi. Molti sono tornati a casa, alcuni con le loro gambe, altri dentro un feretro. Molti sono ancora in mano ai terroristi a Gaza, e non è dato sapere della loro sorte. Dieci mesi che hanno fatto da palcoscenico a una violentissima recrudescenza dell’antisemitismo.

Avevamo creduto di aver sepolto per sempre discorsi e desideri di morte di tutti gli ebrei – ma proprio “tutti” è stato il recente auspicio di un’influencer – e invece abbiamo capito che li avevamo solo nascosti sotto al tappeto, e nemmeno così bene.

Ci eravamo illusi di esserci lasciati alle spalle il divieto di ingresso degli ebrei nelle università o le stelle di Davide marchiate sulle porte degli studi dei docenti. E invece siamo di nuovo punto a capo con scenari da Europa delle legge razziali, tanto che viene da domandarsi se ci troviamo ancora nel XXI secolo o in un inquietante universo specchio dal sapore distopico alla Philip K. Dick.

E ci sono due città nel nostro paese che si sono aggiudicate la maglia nera dell’antisemitismo – e antisionismo – più condannabile: Torino e Firenze. Ancora due giorni fa, presso l’ospedale San Giovanni di Dio a Torre Galli, proprio nel capoluogo toscano, in una bacheca sono comparsi dei volantini contro lo stato di Israele, accusato di fare apartheid e contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, definito un “criminale di guerra”.

Per parlare di quanto sta accadendo a Firenze, abbiamo deciso di fare due chiacchiere con l’Avv. Kishore Bombaci, presidente dell’Ass. “Amici di Israele di Firenze”. Gli abbiamo chiesto di illustrarci il punto di vista dell’Associazione sulla recrudescenza dell’antisemitismo, di pari passo con quella dell’antisionismo.

Ciao Kishore, grazie per il tuo tempo che so, ultimamente, essere un po’ risicato. Allora, quest’anno sei stato riconfermato presidente dell’Associazione Amici di Israele di Firenze. Mazal tov! Da quanto tempo esiste questa Associazione e come ci sei approdato?

Ufficialmente l’Associazione Fiorentina Amici di Israele è stata costituita il 25 Febbraio del 2023, quindi siamo piuttosto “giovani”. È un’Associazione di cui si sentiva ormai la necessità perché il territorio di Firenze è molto particolare e quello che veniva fatto a tutela di Israele e degli ebrei percepivamo non essere sufficiente.

Io collaboravo già da qualche anno con l’Avv. Celeste Vichi, Presidente dell’Unione delle Associazioni Italia Israele dal punto di vista “politico”. In particolar modo, per la promozione della definizione IHRA di Antisemitismo nelle istituzioni territoriali toscane e, più in generale, per la diffusione di iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica su cosa sia Israele e sull’importanza di offrire sostegno allo Stato Ebraico. Unica democrazia liberale in area mediorientale.

Vorrei sottolineare questo aspetto perché troppi oggi se ne dimenticano.
Un sostegno a Israele di natura culturale, politica e sociale che sfati definitivamente i miti che aleggiano attorno a questo piccolo e coraggioso Stato e che nel tempo hanno consolidato un pregiudizio antiebraico che, purtroppo dopo il 7 Ottobre è esploso in tutta la sua devastante virulenza. In questo contesto, negli anni, abbiamo lavorato per far comprendere che cosa è l’antisemitismo; che non esiste differenza con l’antisionismo; e che questa pericolosa e falsa distinzione fa breccia nelle menti di tutti coloro che, non essendo addette ai lavori, possono cadere nell’inganno.
Oggi molti ritengono ad esempio che antisionismo sia l’espressione della critica al Governo di Israele. Non è così. L’Antisionismo è la negazione del diritto all’esistenza dello Stato di Israele ed è perfettamente sovrapponibile con l’antisemitismo che rivendicano coloro i quali inneggiano alla distruzione dello Stato Ebraico. Distinguere questi due concetti è un errore storico e logico molto pericoloso. Quindi sono approdato all’Associazione partendo proprio dalla lotta serrata all’antisemitismo in ogni forma esso si presenti.
Quando l’Avv. Celeste Vichi mi ha proposto di costituire un’associazione fiorentina aderente all’UAII, che portasse avanti sul territorio queste battaglie, sono stato ben felice di accettare l’invito. Ecco come è nata questa Associazione che oggi raccoglie persone preparate, combattive e determinate a difendere Israele su un territorio, quello fiorentino, che come dicevo, è piuttosto complicato.

In questo anno e mezzo di attività, quali sono stati i principali traguardi raggiunti dalla vostra Associazione, che ricordo è volta alla diffusione della conoscenza di Israele e della cultura ebraica?

Per un’Associazione nuova, che si va a inserire in spazi teoricamente già “occupati” il maggior successo all’inizio è stato esistere ed essere riconoscibile sul territorio. Questo è avvenuto attraverso una continua attività di interlocuzione con tutti coloro – istituzioni e cittadini – i quali sono interessati a conoscere Israele.
Essere considerati interlocutori credibili sia dagli ebrei che dai non ebrei su tematiche sensibili è sicuramente il nostro maggior successo, raggiunto attraverso un’attenzione costante a ciò che avviene in città, denunciando eventi e fatti che vanno a ledere i diritti degli ebrei e, più in generale, dello Stato di Israele. Purtroppo – e dico purtroppo perché non avremmo voluto certo occupare spazio in tal modo – dopo il 7 Ottobre, la nostra continua presenza sulla stampa cittadina ha reso giustizia alla nostra attività. Certamente noi non siamo “morbidi” o “accomodanti” e comprendo che questo possa disturbare qualcuno. Ma non ci fermiamo!! È troppo importante cercare di diffondere un messaggio corretto su una tematica così complessa come la storia e il presente di Israele, sulla sua importanza culturale, politica e persino spirituale, non solo per il Medioriente, ma per l’Occidente intero.

Poi è piombato su Israele il pogrom del 7 ottobre 2023, il più violento dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Subito dopo, l’antisemitismo ha avuto una violenta recrudescenza. Quali sono stati, se te li ricordi, i primi momenti in cui hai realizzato che stava accadendo qualcosa di molto simile a quanto visto nella Germania degli anni ’30?

I fatti del 7 Ottobre sono una ferita profonda e ancora aperta per noi. Il pensiero e le preghiere sono per le vittime e per gli ostaggi, ancora in mano ai terroristi di Hamas dopo 10 mesi. Ostaggi della cui esistenza pare che molti oggi si siano scordati ma che invece rivendicano diritto alla vita, al ritorno a casa e alla memoria nelle menti delle opinioni pubbliche occidentali. Ecco, da subito le opinioni pubbliche mondiali sono state distratte da una martellante propaganda contro Israele, soprattutto dopo l’azione difensiva iniziata dal Governo Netanyahu per sradicare Hamas e il terrorismo jihadista a Gaza.
In verità, che ci si apprestasse a una reazione molto dura nei confronti di Israele, penso lo si sia capito subito. Ricordo che già quando si ipotizzava una risposta israeliana, mi fu detto: “prepariamoci perché il difficile viene adesso (nella difesa di Israele)”. Dalle polemiche sull’esposizione della bandiera Israeliana sulla facciata di Palazzo Vecchio, si era già capito che il supporto allo Stato Ebraico era assai condizionato e per nulla perentorio. Un gesto simbolico importante ma che l’Amministrazione cittadina ha deciso di non portare avanti, limitandosi a esporre la bandiera di Israele per pochi giorni e su una facciata secondaria dell’edificio comunale, occultata dalla bandiera della pace.
Abbiamo fatto una azione intensa di protesta su questo che ha avuto risonanza mediatica nazionale. Ma, come dicevo, già dopo la grande manifestazione di Firenze organizzata da Marco Carrai, Console Onorario di Israele, si capiva che quello spirito era già venuto meno. La reazione di Israele al pogrom del 7 Ottobre ha riacceso quella malefica fiamma dell’antisemitismo che non è mai morta e che anzi oggi si manifesta più velenosa che mai. Da lì è stato un crescendo di manifestazioni ed eventi contro lo Stato Ebraico che con il pretesto della vicinanza alla popolazione palestinese, in realtà ha mostrato un carattere marcatamente antisemita.
Un pericoloso clima che abbiamo denunciato e denunciamo costantemente, che spaventa gli ebrei (si pensi al caso degli studenti universitari che hanno letteralmente timore di frequentare le Facoltà) e che purtroppo non ha sempre trovato le giuste prese di posizione delle istituzioni cittadine.
Confidiamo che il nuovo Sindaco di Firenze e la nuova giunta sappiano fare meglio dei predecessori e ci mettiamo a disposizione per ogni cosa fosse necessaria.

Se ti chiedessi di fare un bilancio di questi dieci mesi di guerra, quali sono stati i momenti più difficili che l’associazione ha affrontato, in difesa dell’ebraismo e di Israele?

Da una parte ci sono i momenti difficili della guerra che viviamo in modo indiretto. In primo luogo gli ostaggi. La loro sorte ci preoccupa molto e vorremmo come associazione poter fare di più. Poi, sapere che contro Israele si è coalizzato un fronte militare imponente che ne vorrebbe la cancellazione (da Hamas agli Houti, a Hezbollah, tutti sostenuti dall’Iran) fa male al cuore. Perché il pensiero va ai fratelli ebrei che vivono sotto costante lancio di missili salvaguardati solo un eccellente sistema di difesa che impedisce morte e distruzione. Secondo poi, vedere come la verità dei fatti venga capovolta – mi riferisco ad alcune prese di posizione dell’ONU, il processo a Israele per Genocidio ecc – è un altro elemento che indigna non poco. La confusione tra aggredito e aggressore ribalta la realtà nel silenzio generale; anzi, nella complicità generale.
Dall’altra parte poi ci sono i momenti difficili dell’attività sui territori. Quei momenti in cui si prende atto del mancato coordinamento dell’azione di tutti i soggetti – e, per fortuna, ce ne sono tanti – che difendono Israele ma che troppo spesso sono divisi e incapaci di articolare una risposta culturale unitaria, a fronte della martellante propaganda pro-palestinese che invece è mediaticamente molto più forte, unita e rumorosa. Crediamo invece che sia fondamentale che tutti coloro che siano interessati non solo alla difesa di Israele ma anche al ripristino delle verità storica e politica, dovrebbero marciare uniti e compatti, seppur nel rispetto delle proprie specificità. Purtroppo questo non sempre succede. Ed è un peccato.
E, infine, lo stillicidio di episodi che in città restituiscono l’immagine di una frangia estremamente ideologizzata che fa continua propaganda contro Israele a ogni livello. Gli attacchi violenti contro il Console Onorario Marco Carrai, di cui sono state richieste le dimissioni da Presidente della Fondazione Meyer per la sua posizione sulla guerra a Gaza, o le manifestazioni universitarie con i loro slogan antiebraici o ancora l’aggressione – fortunatamente solo verbale – a Elisabetta Fiorito durante la presentazione del suo libro su Golda Meir. Insomma, una sequela di eventi gravi, innanzi ai quali ci saremmo aspettati una indignazione maggiore e delle azioni concrete sul piano culturale che purtroppo sono mancate.

Tornando a questi ultimi dieci mesi, quali sono stati i provvedimenti presi dalle istituzioni fiorentine per arginare questa recrudescenza antisemita?

Purtroppo, come dicevo, molto poche. Spesso parole di circostanza a cui non sono seguiti fatti concreti. Anzi, se possibile possiamo dire che è accaduto l’opposto. Quasi subito, con la scusa della pace, le istituzioni si sono mobilitate spesso nella condanna dello Stato di Israele per la risposta armata ai fatti del 7 Ottobre. Ad esempio, non abbiamo condiviso la cosiddetta marcia per la pace organizzata a San Miniato a poche settimane dal pogrom.
Non perché siamo contro la pace, ma perché riteniamo che non esista pace vera senza verità e giustizia. E le condanne nei confronti di Hamas sono sempre state “di circostanza”, il focus delle critiche è stato rivolto prevalentemente contro Netanyahu e il Governo israeliano. E poi da lì hanno seguito iniziative ambigue, in cui accanto alla condanna doverosa per gli attacchi del 7 Ottobre, ci sono state condanne ancor più virulente contro la reazione israeliana.
Addirittura a Firenze, con il patrocinio del Consiglio Comunale scorso, sono stati organizzati convegni dal marcato sapore antiebraico con ospiti che non fanno mistero del proprio pregiudizio spacciato per verità assoluta. Noi abbiamo preso posizione contro e sempre lo faremo. Fino a che non si comprenderà che senza Israele – ripeto, unico stato democratico e liberale in area mediorientale – la pace sarà impossibile, non faremo passi avanti nella giusta direzione di una pace duratura e solida.

Per concludere ti chiedo una “previsione” per il futuro. Una volta che la guerra sarà finita, e inevitabilmente l’interesse dell’opinione pubblica si concentrerà altrove, tutte le varie associazioni come la vostra cosa potrebbero fare per creare un contenimento a questo non nuovo antisemitismo, perché “mai più” sia davvero un “mai più”?

Occorrerà mantenere alta la tensione e l’attenzione sull’antisemitismo perché gli echi di quanto accaduto in questi mesi non si spegneranno presto. Con il 7 Ottobre e il clima che si è determinato dopo, credo si sia arrivati a un punto di non ritorno. L’antisemitismo smaccato, sbandierato e persino rivendicato pubblicamente con orgoglio da certi soggetti non tornerà nel silenzio. Per questo sarà importante mobilitarsi in tutte le sedi affinché si giunga a una legge specifica che ne punisca le condotte sul piano penale.
Dovremo poi agire sul piano culturale per continuare la promozione della definizione IHRA di antisemitismo presso quante più istituzioni possibile, soprattutto con riferimento agli 11 parametri indicatori che sono il vero nucleo essenziale per una risposta giuridica e politica contro condotte antiebraiche.
Il percorso non finisce assolutamente, perché proprio questi ultimi mesi hanno dimostrato che il pregiudizio antisemita non è affatto consegnato agli archivi della Storia. Anzi, è più vivo che mai e per fare in modo che “mai più” sia veramente “mai più”, dobbiamo lavorare sulle condizioni che negli anni ‘30 del secolo scorso furono prodromici alle Leggi Razziali e ai campi di sterminio. Condizioni che, purtroppo, sono ancora presenti nelle odierne società occidentali (e non solo.)

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