“IO APRO”: il fine settimana dei ristoranti aperti per protesta

IO APRO

Una forma di protesta, o forse sarebbe meglio dire di autodifesa, forte ma necessaria. I ristoratori aderenti al progetto “IO APRO” hanno svolto ieri la loro prima serata di mobilitazione. Sono rimasti aperti per cena nonostante i divieti. Stanchi di promesse non mantenute, dopo un anno di inutili attese e “ristori” mai arrivati o arrivati in cifre assolutamente insufficienti, alcuni imprenditori hanno deciso di riaprire i battenti. A giudicare dai numeri la battaglia per adesso sta andando benone: coloro che hanno aperto hanno fatto il pienone. Pur servendo i clienti fuori dall’orario consentito le normative vigenti in materia di prevenzione sanitaria, col distanziamento e la riduzione dei posti complessivi a disposizione, sono state rispettate.

TANTA GENTE A CENA NEI RISTORANTI RIMASTI APERTI

Il messaggio è arrivato forte e chiaro. Sono stai moltissimi i cittadini che hanno prenotato la propria cena, per riprendersi la propria libertà e per dimostrare solidarietà alla categoria. A capitanare l’iniziativa, svoltasi in tutta Italia, il carismatico e coraggioso ristoratore “Momi” di Firenze, titolare del locale “Tito peccati di gola”. Già protagonista di iniziative di disobbedienza civile lo scorso autunno, adesso si è organizzatosi capillarmente. Un ufficio legale è infatti già pronto ai ricorsi, anche considerato che il tribunale di Roma, lo scorso dicembre, ha dichiarato illegittimi i Dpcm di Conte. Ieri sera, come già avvenuto in passato, Momi è stato multato ma ha già confermato che andrà avanti.

Momi e i suoi colleghi hanno evidentemente capito che questa è una battaglia che vale la pena di combattere a tutti i costi, perché va anche oltre la stretta necessità di salvare le singole attività. Riguarda principi di libertà e civiltà che interessano tutti indistintamente ed è davvero un bel segnale che molta gente appoggi la scelta fatta dai ristoratori rimasti aperti. Non è un mistero, infatti, che le multinazionali abbiamo buttato più di un occhio sulla ristorazione italiana. Da mesi stanno approfittando della repressione governativa per accaparrarsi una fatta sempre maggiore di mercato a discapito degli imprenditori locali. Proprio su questo filone si inserisce un’azione condotta sempre ieri notte a Firenze e Siena dalle associazioni Firenze Identitaria e Il Selvaggio Siena. Una scenografica iniziativa per sostenere la categoria dei ristoratori e in particolare la protesta di coloro che hanno deciso di restare aperti per cena durante questo fine settimana.

Le due associazioni, nelle rispettive città, hanno realizzato e appeso dei veri e propri fantasmi, apponendo anche dei cartelli con scritto “Delivery food – Ghost Kitchen, NO ai fantasmi delle multinazionali, SI alla tradizione dei nostri ristoranti”.

“Sostenere le rivendicazioni dei ristoratori significa difendere l’economia locale e quindi la ricchezza del nostro territorio – dichiarano congiuntamente i responsabili delle associazioni – in molti non lo hanno capito, ma è in corso un vero e proprio attacco al nostro tessuto socioeconomico. Come detto dal Forum Economico Mondiale, il virus si è trasformato in un’occasione per favorire logiche globaliste. Ovviamente a discapito di tutto ciò che è prossimità.”

“Dallo scorso marzo – continua la nota – la ristorazione italiana viene vessata con promesse mai mantenute. Totale assenza di sostegni concreti e norme repressive che causano innumerevoli chiusure. I fantomatici “ristori” sono ridicoli: circa il 3% del fatturato, per non parlare dell’agonia delle casse integrazioni. Inaccettabili, poi, le chiusure imposte ai locali dopo le ingenti spese sostenute per adeguarsi alle norme anticontagio. Lo diciamo chiaramente: i ristoranti sono luoghi sicuri e devono rimanere completamente riaperti.”

“Le multinazionali, attraverso il digitale con la compiacenza del Governo, stanno cannibalizzando un mercato che senza le restrizioni non avrebbero potuto arraffare. I Dpcm avvantaggiano modelli a noi culturalmente estranei, che abbasseranno la qualità della nostra alimentazione. Il ‘delivery food’ obbligato è un socio occulto per gli imprenditori: non offre nulla, non mette capitali, ma detta regole e drena dividendi. I grandi gruppi lo collegheranno presto alle ‘ghost kitchen’: quattro mura in cui schiavi sottopagati scaldano e spediscono prodotti preconfezionati. In sostanza, la fine della ristorazione e della socializzazione. I nostri ristoranti – conclude la nota – sono invece garanzia di ricchezza diffusa, tradizione, salute e socialità. Per questo motivo ci schiereremo sempre dalla loro parte.”

La lotta per la sopravvivenza, insomma, sembra essere appena cominciata.

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