Nessuno Tocchi Caino ed Amnesty International se ne occupano da tempo: in Iran il dramma delle esecuzioni di dissidenti politici, talvolta effettuate sulla pubblica piazza, non può non scuotere le coscienze. Ora è il turno dei dissidenti iraniani, i tanti iraniani che sin dalla fine degli Anni ’70 vivono nel nostro Paese. A Terni hanno organizzato un impressionante allestimento con i volti, giovanissimi (alcuni anche bambini) condannati a morte.
“Siamo la resistenza iraniana” dicono gli organizzatori, esponendo foto e manifesti in piazza Solferino nel cuore storico del capoluogo umbro.
Centinaia di persone ogni anno finiscono al patibolo, chi per reati comuni chi perché si è opposto al regime teocratico degli Ayatollah che, nato con una rivoluzione, ha trascinato un paese moderno (malgrado autoritario) quale era la Persia di Rezha Palavi in una barbara involuzione.
Le esecuzioni sembrano seguire una strategia precisa. Inseguito alle durissime proteste di piazza per la violenta morte di Masha Amini e, ora, in aperta ostilità con lo stato di Israele, la Repubblica islamica dell’Iran ha praticato un duro giro di vite alle già poche libertà del popolo iraniano. Già ad un anno dalla morte di Masha, la sedicenne Armita Gerevand è morta per le percosse subite sulla metropolitana di Teheran. Motivo? Non indossava il velo.
Quel movimento di piazza esploso nel 2022 e che, per un momento, aveva di fatto acceso la speranza di cambiamento in iraniani e occidentali, è stato stroncato da un regime che proprio non vuole saperne di adeguarsi all’evoluzione dei tempi, dei costumi e che, soprattutto, rifiuta di accettare la parità di diritti fra uomo e donna e la sacralità della vita e dei diritti dell’individuo. E che discende la china infernale di una repressione sanguinaria: ultime, in ordine di tempo, tre persone giustiziate il 9 ottobre scorso.