Londra, Inghilterra. Ieri è stata la giornata nostra. Forse non è riuscita al 100% perché il viola Berrettini ha sbattuto contro un ostacolo mostruoso come Djokovic, ma comunque è arrivato alla finale di WImbledon.
Partiamo proprio da qui. Da Berrettini che, zitto zitto, ha battuto chiunque ed è arrivato alla finale più prestigiosa del tennis. Poi ha incontrato Djokovic e ci sta di perdere, insomma. Ma tutto il pubblico era dalla sua parte. Insomma l’Inghilterra ha tifato Italia.
Poi invece l’Inghilterra ha smesso di tifare Italia, ed ha tirato fuori il peggio di sé. Prima della finale degli europei, per le strade di Londra, c’è stata una sistematica caccia all’uomo. Se eri italiani ne buscavi. E in alcuni casi anche forte. I “tifosi” inglesi si sono dimostrati civili e morigerati, già (leggi l’articolo).
“Football’s coming home”, il calcio sta tornando a casa. Questo era il mantra inglese fino a ieri sera. Però si sono scordati che la casa del calcio non è in Inghilterra, ma in Italia. Come scriveva l’amico Giovanni Alterini (ecco qui il suo articolo che vi consiglio) l’Inghilterra è stata terra di conquista da parte dei romani. Ed il calcio lo abbiamo inventato noi, a Firenze.
Ah, un applauso di stima a quel fenomeno britannico che si è fatto il tatuaggio della coppa, che però abbiamo vinto noi. Una gufata colossale. Grazie.
La storia, inesorabile, si ripete
E la storia si è puntualmente ripetuta, siamo venuti in britannia, e abbiamo conquistato. a Wimbledon i cuori, a Wembley la coppa. Contro i padroni di casa. Veni, vidi, vici.
Che poi la domanda che mi faccio è: era proprio necessario giocare la finale a Wembley? Nello stadio che meglio rappresenta la Brexit? Nell’anno della Brexit. Che poi mica si giocava una competizione qualsiasi. No, si giocava l’Europeo. E la finale la organizziamo proprio dove hanno deciso che con l’Europa non ci vogliono stare. Sarebbe stato bello farla a Edimburgo.
Tralascio i soliti commenti di un vecchio annoiato (quale io sono) sulla stucchevole inginocchiata al racket del Black Lives Matter, e l’altrettanto inutile passerella della coppa fatta da un singorotto che proprio non rispecchia in tutto e per tutto il classico fenotipo europeo. Come la pubblicità con arcobaleno da viaggio LSD della Volksvagen e lo slogan ad omaggiare l’altro racket. We drive diversity, altrimenti i sostenitori del genere libero potevano indispettirsi.
L’unica cosa che conta è che l’arlecchinata del gruppo WV ha lasciato trionfalmente il posto ad un glorioso e patriottico tricolore: Verde. Bianco. Rosso.
Perché noi siamo l’Italia, e l’Italia oggi le la Signora del Calcio. (lo dice anche Meghan)…
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