Italia – Spagna, uno splendido classico. E questa volta abbiamo vinto noi, con sofferenza, ai rigori. Una squadra, la Spagna, ben messa in campo da Luis Enrique. Centrocampo spesso e di buona qualità, con un falso nueve come Olmo che si è dimostrato un gran giocatore.
Possesso palla nettamente a favore della Spagna, complice anche una serata di scarsa ispirazione di Verratti e Barella. Percentuali bulgare di possesso a favore degli spagnoli, con punte anche del 70%. Però sterile. Considerando le occasioni avute oltre ai gol (una traversa di Palmieri e una bella parata di Donnarumma), si può dire che la partita sia pari.
Chiesa ha fatto un gol dei suoi: la velocità di gambe, seconda solo a quella di piede. Un cobra che in un attimo ha capito l’azione e ha tirato “alla Insigne”. Palla che gira veloce e tesa. Unai Símon non può che raccogliere.
Enrique si accorge che ci vuole un centravanti puro: arretra Olmo e inserisce Morata. Gol.
Stancamente arriviamo ai supplementari. Stancamente li passiamo e arriviamo alla lotteria dei calci di rigore.
Batte per primo Locatelli. Unai anticipa il tiro e para. Bravura del portiere spagnolo? Sembrava di sì, ma invece è stata solo fortuna di un errore di impostazione. Già perché il portiere della Spagna, al contrario di Donnarumma, si butta prima. Ce ne siamo accorti noi da casa, figurati i giocatori.
La legge del contrappasso vuole che i due migliori in campo sbaglino il rigore. Olmo alle stelle, Morata ben parato da Donnarumma. Siamo al quinto rigore nostro: Belotti, Bonucci e Bernardeschi hanno fatto il loro dovere. Morata si è appena fatto parare un macigno.
Arriva Jorginho. Lui ha la mente lucida, sa quello che deve fare. Rincorsa. Rallenta. Unai si butta un quarto d’ora in anticipo, e con estrema calma la tocca piano piano dall’altra parte. Il quinto rigore della Spagna non viene neanche battuto. Siamo in finale.
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