La solfa è sempre quella: noi italiani siamo un popolo di mammoni, o peggio ancora bamboccioni. Ce lo ricordano, periodicamente i dati Eurostat, e via giù con titoloni e luoghi comuni, come se non ci bastasse il fatto di essere tra i popoli più stereotipati d’Europa. Basta farsi un giro su internet, e guardarsi un pò di spot pubblicitari stranieri in cui la figura dell‘Italiano “maldestro e mammone” serve sopratutto per elogiare e mostrare le differenze tra una nazione all’avanguardia e l’Italia.
Il fatto è che a “cristallizzare” quest’immagine degli italiani nell’immaginario collettivo internazionale spesso ci pensano proprio i nostri media, fornendo notizie parziali e forse anche un pò imparziali.
Se infatti è vero che gli ultimi dati diffusi da Eurostat ci dicono che 2 giovani su 3, fra i 18 e i 34 anni, vivono coi genitori, è anche vero, al netto di considerazioni culturali e antropologiche, che questa non sia una scelta, ma una necessità. Inutile girarci intorno: i giovani italiani non dispongono di quell’indipendenza economica tale da poter spiccare il volo fuori dal nido. Nella maggior parte dei casi non hanno un lavoro (la disoccupazione giovanile è al 40 per cento con punte del 70 per cento nel Mezzogiorno, mentre quelli che sono riusciti a fare un’esperienza lavorativa non dispongono né del posto fisso né di garanzie economiche tali da poter affrontare con serenità un futuro indipendente.
A questo punto la storia dei «bamboccioni» (termine improvvido coniato dall’allora ministro dell’Economia del governo Prodi, Tommaso Padoa Schioppa) la rispediamo volentieri indietro, senza se e senza ma, perché le cause di questa mancata indipendenza stanno nella crisi profonda in cui è precipitato il nostro Paese da oltre quindici anni.
Ai dati Eurostat allora bisognerebbe aggiungere quelli che ci arrivano dall’ottava indagine Eurostudent per il periodo 2016-2018 presentata dal Miur. “I nostri ragazzi studiano molto più della media dei coetanei europei: non si accontentano della laurea e puntano a specializzarsi. Se possono vanno all’estero grazie al programma Erasmus e soprattutto fanno piccoli lavori part-time per mantenersi e per non pesare sulle famiglie, scegliendo quegli atenei che magari gli offrono una borsa di studio o un esonero almeno parziale delle tasse.“
Questo è l’ultimo ritratto degli universitari italiani piegati ma non spezzati dagli anni di crisi che rende giustizia ai nostri ragazzi e che rispedisce al mittente (o ai mittenti europei) miti stantii e strumentali.