J.K. ROWLING E LA (AUSPICATA) FINE DELL’ERA WOKE
L’ideologia woke è al suo tramonto! Così almeno sembra, e così si esprimono molti commentatori in questi giorni soprattutto dopo che dalla sua culla- gli Stati Uniti d’America – il nuovo Presidente Donald Trump sta distribuendo mazzate non indifferenti ai presupposti fondanti di questa pericolosissima ideologia.
Dall’obbligo di dichiarazione binaria (maschio-femmina) sui documenti all’esclusione dei trangender dall’esercito, il trumpismo sta infierendo colpi micidiali a una Weltanschaung più che decennale che, sotto l’egida di concetti nobili, ha massacrato non solo la società tradizionale, ma soprattutto la logica e il buonsenso
Ora, se Donald Trump abbia decretato o meno l’inizio della fine del wokismo è un po’ presto per dirlo con certezza, ma sicuramente è fondamentale iniziare a destrutturare anche dal punto di vista politico e giuridico, questo modello totalitario che, con una studiata e scientifica manipolazione del pensiero individuale e collettivo, da anni si pone come obiettivo quello di costruire una nuova società di finti uguali.
A ben vedere, l’ideologia woke è estremamente pervasiva e, a partire dal presupposto fondamentale, l’ideologia di genere, si estende al razzismo, al cambiamento climatico e via via a tutti i temi che dominano da sinistra il dibattito pubblico
E non bisogna essere particolarmente intelligenti o scafati per rendersi conto che l’approccio violentemente ideologico che domina su questi temi è espressione di un progetto unitario di riprogrammazione collettiva e sociale finalizzato all’edificazione di una nuova società in pieno stile marxista. E, infatti, se si vanno a cercare i presupposti filosofici di questo pensiero apparentemente nuovo, li rinveniamo proprio nel marxismo storico applicato alle dinamiche di genere e al contesto familiare.
Gli esiti – ne conveniamo – sono paradossali e persino esilaranti, ma non per questo meno pericolosi.
Tanto per dare un esempio della follia che sta dietro simili impostazioni ideologiche, val la pena ricordare che il Museo della Scienza inglese ha sollevato il problema di come agire nei confronti della famosa azienda Lego, colpevole di propagandare una visione del mondo basta sul solo binomio maschio-femmina
Ciò in quanto i famosi pupazzetti riprodurrebbero solo le fattezze maschili e femminili escludendo i transgender. Non solo, addirittura alla Lego si contestano i meccanismi di incastro dei mattoncini (vuoto con pieno) che simboleggerebbero una penetrazione di natura solo eterosessuale e quindi come tale, discriminatoria.
Sì, ci rendiamo conto che sembra di sognare, eppure in questi sono gli effetti deleteri di una propaganda cieca e ottusa
Se questi sono i presupposti, dunque, ben si comprende come non si stia assolutamente parlando della doverosa tutela individuale della persona umana indipendentemente dalle scelte sessuali, ma di un pericoloso tentativo di ingegneria sociale di cui è fondamentale disarticolare le premesse.
Non sarà né facile né breve ma il dato positivo naturalmente è che almeno questo percorso è stato iniziato
E per quanto sia importante Donald Trump in questo, v’è da ricordare che la lotta contro il pensiero unico woke, non è iniziato con lui. Invero, chi per prima si è resa conto della intrinseca pericolosità che giaceva dietro ai posticci concetti di inclusione, è stata la scrittrice J.K. Rowling autrice della fortunatissima serie di Harry Potter. In questi giorni sul “National Post” canadese, è stata definita come la salvatrice della civiltà occidentale e dobbiamo riconoscere che è davvero così.
La Rowling, infatti, ha assistito alle prime fasi di gestazione e venuta al mondo della “cultura” woke a partire dal suo cardine strutturale: l’identità di genere. E ha contestato fortemente e radicalmente questo tentativo surrettizio di distorcere la realtà e la natura.
Secondo i progressisti, infatti, il genere non è un dato biologico, ma una costruzione sociale. In sostanza, per costoro, si nasce maschio o femmina per effetto di un processo naturale, ma ciò che questo comporta in termini di costruzione dell’identità non sarebbe una naturale conseguenza del genere di nascita, bensì dell’opera di una società discriminatoria che artatamente sovrappone la percezione di sé con il sesso biologico
Al contrario, sempre secondo le teorie gender, occorre distinguere sesso e genere e valorizzare la percezione individuale di quest’ultimo per costruire la relativa identità personale. Pertanto se una persona nasce maschio ma si percepisce femmina (o viceversa) dovrebbe aver diritto a tutte quelle facoltà giuridiche o meramente fattuali previste in favore delle donne.
E, per far sì che questo processo di percezione sia il più (asseritamente) neutro possibile, fin dalla più tenera età i bambini dovrebbero essere incoraggiati a esplorare diverse opzioni di genere (la BBC ne ha contate più di 100), al fine di decidere in autonomia in quali di esse si riconoscono maggiormente.
Naturalmente si tratta di una neutralità del tutto falsa, perché, al contrario, ben orientata attraverso una propaganda capillare che mira ad abbattare il ruolo educativo della famiglia, a mortificare il diritto naturale per fare della costruzione del “proprio” genere l’avamposto per un nuovo e inquietante costruttivismo sociale basato sulla volontà egoica
L’autopercezione cessa di essere dunque una questione privata, ma assume le vesti di una pubblica pretesa che lo Stato deve intercettare attraverso sempre nuovi meccanismi di tutela (qualche tempo fa un gruppo di persone ha manifestato a Berlino in quanto si autopercepivano come cani e volevano accedere a tutti i diritti dei cani) che ne agevolino le multiformi e capricciose manifestazioni.
Ebbene, come si diceva la Rowling si è sempre infischiata di queste pretese contrabbandate per diritti e ne ha avvertito tutto il potenziale minaccioso per l’individuo e per la società nel suo complesso
Ha usato il suo ruolo pubblico per smentire le bufale che stanno alla base dell’ideologia woke e ha resistito innanzi alle pressioni, alcune delle quali minacciose, contro la sua persona.
E lo ha fatto anche quando è stata oggetto di minaccia di morte, o quando i movimenti LGBT et similia hanno dato alle pire centinaia di copie dei suoi libri; è andata addirittura oltre al tentativo del governo scozzese di introdurre una legge – denominata “sui discorsi di odio” – che ne agevolasse l’arresto (fortunatamente invano)
Addirittura, in una tragicomica inversione della realtà, cifra distintiva della cultura woke, la scrittrice è stata accusata di essere ossessionata “da ciò che uno ha tra le gambe”; quando è al contrario evidente che tale ossessione colpisce chi promuove o si lascia abbindolare da teorie strampalate che vogliono sovvertire l’ordine naturale delle cose (insomma, una accusa di tal genere formulata da chi si rifiuta di chiamare una donna, donna preferendo l’espressione “persona con utero” fa ridere).
Ma in tutto questo v’è ben poco da ridere perché la definizione “persona con utero” è stata ripresa anche da importanti riviste scientifiche (sic!). E v’è poco da ridere anche perchè manipolazione del linguaggio a proprio uso e consumo è caratteristica della nuova dittatura del pensiero unico
Un nuovo linguaggio è funzionale alla costruzione di una nuova narrazione e la manipolazione di esso serve naturalmente tanto a sostenere tesi quanto ad aggredire gli oppositori. Per fortuna la Rowling ci ride e va avanti del tutto indifferente alle pagliacciate dei suoi detrattori, motivata essenzialmente dall’esigenza di salvaguardare le donne e i bambini, vere e proprie vittime di queste deviazioni culturali.
Le prime in quanto ritenute sostituibili e prive di quella specificità che invece dovrebbe costituire la base di ogni rivendicazione giuridica
I secondi perché oggetto di una martellante campagna mirata a pregiudicarne un sano sviluppo psicologico, imponendo loro una iper-attenzione alle questioni di genere sin dalla più tenera età. Dette questioni infatti, dovranno essere vagliate e affrontate (se del caso) con l’ausilio indispensabile della famiglia e non certo per ideologia imposta.
Quella della Rowling è una battaglia per i diritti (quelli veri) dei più deboli che rappresenta la “collina migliore su cui morire” e va combattuta senza sosta.
Se oggi infatti, finalmente qualcuno finalmente sta aprendo gli occhi, lo deve a questa coraggiosa guerriera che ha avuto il coraggio – come scrive il Foglio – “di fare il dito medio a questi nuovi barbari che avevano oltrepassato già i nostri cancelli”
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