Kabul sembra Saigon, ma è tutto molto diverso

Kabul

Kabul è caduta, come Saigon a suo tempo. Con le medesime scene strazianti di persone che si aggrappano disperatamente ad aerei ed elicotteri americani pur di fuggire dalla furia e dalle vendette dei vincitori. Ieri i Viêt-cong a Saigon, oggi i Talebani a Kabul.

Ma i paragoni si fermano qui. Perché diverse sono invece le storie. La fine della guerra in Vietnam, per quanto ingloriosa per la potenza statunitense, non impattò sugli equilibri geo-politici dell’epoca. Non danneggiò più di tanto gli interessi dell’Occidente. E fu in realtà accolta dall’opinione pubblica americana con una sorta di amaro sollievo (dato dalla consapevolezza che si rendeva finalmente possibile ricucire quella frattura morale, provocata dal conflitto, che minava gli USA).

Del resto, tutto avveniva all’interno di un ordine globale fondato sull’equilibrio atomico. E per quanto riguarda il Vietnam riunificato, va riconosciuto che il regime comunista, duro ma non brutale, avviò subito un processo di modernizzazione del Paese pur non concedendo libertà politiche e civili.

Nulla a che vedere con l’attuale tragedia dell’Afghanistan, dove l’indecoroso e mal gestito ritiro delle forze USA e NATO ha consegnato il Paese ai Talebani. Criminali odiatori della modernità e di tutti i valori etici, culturali ed estetici, della civiltà umanistica.

Un disastro totale di alterazione degli equilibri

Sul piano simbolico è la resa dell’Occidente all’Islam più fanatico ed oscurantista, emerso dalle buie profondità di una storia feroce.

Sul piano politico è un disastro globale, che altererà equilibri internazionali e causerà ovunque tensioni e spaccature. Prima di tutto all’interno del variegato mondo islamico, dove tutti i regimi cosiddetti moderati saranno messi in difficoltà dalla presenza di uno Stato in mano ai Talebani. Uno Stato che, nel suo fanatismo islamico, farà il paio con il regime iraniano degli Ayatollah.

Fin nel Medio Oriente dove il processo di pacificazione tra Israele e Paesi Arabi, denominato «Accordi di Abramo», rischia di affossarsi. Per non parlare poi dell’asse che si va configurando tra Cina, Pakistan ed Afghanistan. Asse che obbligherà l’India a rafforzare i suoi rapporti con la Russia.

Gli USA hanno veramente una politica estera?

E tutto, naturalmente, all’interno di quel disordine globale che caratterizza il mondo d’oggi, del dopo guerra fredda. A questo punto però è doveroso chiedere conto agli USA -Paese leader dell’Occidente e della NATO- della loro politica estera. Esiste veramente? Risponde ad una visione complessiva e coerente o è affidata ad interventi episodici ed occasionali

Perché, tra primavere arabe gelate da regimi dittatoriali o spentesi nella dissoluzione tribale di autorità statuali e guerre intraprese per esportare la democrazia e abbattere Stati canaglia ma conclusesi con il regime di terrore talebano, la schiavizzazione delle donne e il trionfo di un oscurantismo musulmano che definire medioevale costituisce insulto al Medioevo, è ora di interrogarsi sul senso di missioni internazionali costate danaro pubblico e vite umane.

Così come è ora di capire se la NATO deve servire a rispolverare vecchie procedure da guerra fredda per creare un cordone “sanitario” attorno alla Russia. O non piuttosto a contrastare l’espansionismo degli epigoni di Bin Laden e del Mullah Omar, e a fronteggiare l’insidiosa colonizzazione cinese in Africa e in Oriente.

Certo è che il chiarimento che ci aspettiamo dagli USA non può consistere nel l’affermazione, rilasciata dal Segretario di Stato Blinken, che «la missione in Afghanistan è stata comunque un successo»! Perché non è più tempo di prese in giro.

E perché un’affermazione del genere rappresenta solo un’offesa a tutti noi, uomini dell’Occidente, che abbiamo sempre guardato con speranza ed ammirazione all’America.

Ci sarebbe infine da chiedere conto anche alle nostre “femministe”, tanto evasive quanto silenziose sul terribile destino delle donne afghane letteralmente cancellate dai Talebani. Ma non disturbiamole: sono troppo indaffarate a dibattere di mee-too, cancel culture, Lgtb e quote rosa per occuparsi di simili tragedie… Non c’è che dire, viviamo davvero brutti tempi.

 

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