L’ INIZIO DELLA FINE ( SPERIAMO ) DEL GREEN DEAL
Il 25.09.2024 non è solo un successo di Urso ma l’inizio del risveglio e il bagno di realismo di Habeck: Una vittoria per l’industria europea
Il recente successo del ministro delle Imprese Adolfo Urso, in collaborazione con il suo omologo tedesco Robert Habeck, rappresenta un passo fondamentale per l’industria automobilistica europea
Come avevamo previsto solo pochi giorni fa, la proposta italiana di anticipare al 2025 la revisione delle normative UE sull’eliminazione delle auto a combustione, inizialmente prevista per il 2026, ha guadagnato un ampio consenso.
Questo cambiamento, sostenuto anche da Habeck, segna una svolta realistica e pragmatica che punta a evitare il collasso di un settore cruciale per l’economia europea.
Infatti, la revisione non prevede appelli o alternative: se dovesse essere confermata la scadenza del 2035, sarebbe il “de profundis” per le case automobilistiche europee e per le migliaia di famiglie che dipendono da queste, soprattutto in Italia, dove la nostra industria manifatturiera è un elemento fondamentale per Audi e Volkswagen.
La maggior parte dei cittadini comincia a capire solo ora, purtroppo
Ma la domanda sorge spontanea: a Bruxelles, chi proponeva solo pochi anni fa queste soluzioni, a questo punto possiamo dire “fantascientifiche”, era in buona fede?
Se sì, hanno dimostrato di non capire niente di industria, infrastrutture, energie ed economia; se no, allora la prefettura di Bruxelles farebbe bene a indagare sul Green Deal, oltre che sul Katargate.
Tuttavia, è presto per cantare vittoria: siamo solo all’inizio
È bene ricordare che l’Italia ha ottenuto soltanto di poter discutere la revisione della folle scadenza del 2035. Mentre la Commissione europea continua a insistere sulla gradualità della transizione verso le zero emissioni entro il 2035, il pragmatismo di Urso e Habeck è una risposta concreta alle incertezze che affliggono aziende e consumatori.
La richiesta italiana di rivedere con anticipo le regole del Green Deal riflette una comprensione profonda delle dinamiche industriali e delle difficoltà che il settore sta affrontando
Lasciare altri due anni di incertezza, come evidenziato dal ministro Urso, potrebbe avere effetti devastanti sull’industria automobilistica europea.
La proposta del Green Deal, promossa da Frans Timmermans, ha mostrato nel tempo tutte le sue debolezze.
Se inizialmente sembrava un progetto ambizioso, si è rivelato una vera e propria utopia, al punto da poter essere definito “ecosovietico” per il suo approccio rigido e lontano dalle realtà industriali.
L’idea di imporre una transizione totale verso le auto elettriche senza tenere conto delle implicazioni economiche e sociali ha sollevato molte preoccupazioni
Le difficoltà logistiche, la mancanza di infrastrutture adeguate e i costi elevati delle auto elettriche stanno mettendo a dura prova la competitività delle imprese europee, con il rischio di lasciare ampio margine ai concorrenti extraeuropei, in particolare cinesi. In quest’ottica va inserita un’altra piccola critica ai sostenitori dell’elettrico, che vantavano il numero di auto elettriche vendute nella “civilissima” Norvegia.
In realtà, la società per l’energia ha fatto notare che in Norvegia le emissioni di CO2 non hanno avuto alcuna flessione
La causa, probabilmente, è che i norvegesi, giustamente vivendo in un paese freddissimo, acquistando auto elettriche che notoriamente hanno notevoli difficoltà con il freddo, non hanno dismesso le endotermiche, che evidentemente continuano ad usare. L’unica evidente differenza è che i norvegesi hanno potuto beneficiare di generosi aiuti di Stato per acquistare le costosissime auto elettriche.
Ed è bene ricordare che la popolazione norvegese non è come quella italiana, e difficilmente ci si può trovare in coda per ore nei fiordi, in preda all’ansia da ricarica.
La collaborazione tra Italia e Germania è un esempio di come il realismo possa prevalere sull’ideologia
La proposta italiana non rappresenta una battuta d’arresto nella lotta contro il cambiamento climatico, ma una strategia di buon senso che tiene conto delle esigenze del presente senza sacrificare il futuro. Urso e Habeck, ascoltando le preoccupazioni di sindacati e imprese, stanno dimostrando che è possibile coniugare sostenibilità e crescita economica.
Inaspettatamente, l’Ungheria di Orban, che si è candidata a diventare la succursale cinese in Italia per la produzione o assemblaggio di componenti per auto elettriche cinesi, si scopre improvvisamente contraria ai dazi che Bruxelles sta studiando per il settore.
Facendo una facile previsione, probabilmente si scoprirà una sostenitrice strenua della scadenza del 2035
L’Europa dovrebbe trarre insegnamento da questi errori, e chi li ha proposti e sostenuti sino ad ora dovrebbe chiedere scusa anzitutto alle 30.000 famiglie in aria di licenziamento; con loro dovrebbero farlo anche i sindacati, svegliatisi dal torpore Woke solo adesso.
In conclusione, il realismo pragmatico dimostrato da Urso e Habeck dovrebbe essere un esempio per tutti i leader europei. È tempo di abbandonare visioni utopiche come quelle del Green Deal e abbracciare soluzioni concrete che possano realmente garantire una transizione sostenibile, senza sacrificare l’industria e i lavoratori europei.
Purtroppo noi non possiamo che dire ” Ve l’ avevamo detto “.
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