La Chiesa difenda le libertà! Di culto e non solo.
Eccoci a un nuovo ennesimo decreto, quello del 26 aprile. Decreto che fa molto discutere.
Questa volta prendiamo in considerazione e approfondiamo in particolare il comma h: “sospensione delle cerimonie civili e religiose, limitazione dell’ingresso nei luoghi destinati al culto”. Tolto il riferimento alla chiusura, si gioca tutto su sfumature, ovvero resta la limitazione all’accesso.
Tutto chiaro? Per niente. Se c’è sospensione delle cerimonie, di fatto le chiese restano chiuse.
Ricordiamo allora quella frase di San Paolo nella lettera ai Galati : “ In libertate vocati estis “, ogni uomo è chiamato a realizzare la sua libertà.
Chiesa. Le libertà non realizzabili
Quale libertà oggi ci è concessa se non quella di seguire alla lettera i decreti che via via vengono emanati dal 4 marzo ad oggi, che ci dicono cosa fare e non fare.
Ma il Premier aveva assicurato che dal 4 maggio, con tutte le precauzioni del caso, i cattolici sarebbero potuti tornare a pregare nei luoghi di culto e così si era pronunciata, sulla scia di questa promessa, anche la Ministro dell’Interno.
Quelle che diventano consuetudini
Il popolo attende di leggere parola per parola i decreti snocciolati come Ave Marie e s’inchina trascurando affetti, benessere psicologico, lavoro e adesso anche la Fede, poi trascurerà la speranza e anche la carità? Chissà.
Il popolo mettendo in pratica sancisce la consuetudine e la consuetudine può divenire legge?
La Conferenza Episcopale Italiana dice “no”
Dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, tutto il disaccordo dei Vescovi e dunque la posizione della Conferenza Episcopale italiana.
“Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”.
Le parole del ministro dell’Interno, nell’intervista rilasciata lo scorso giovedì 23 aprile ad Avvenire, arrivavano dopo un’interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale della CEI, il Ministero e la stessa Presidenza del Consiglio.
Un’interlocuzione nella quale la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria.
Un’interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che – nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia – la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale”.
La Chiesa ha presentato Orientamenti e Protocolli inascoltati
Non è che la Chiesa sia stata ferma a guardare. Anzi. Sono trascorse intere settimane di negoziato dove la Conferenza Episcopale Italiana ha presentato Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie.
La Chiesa difenda la libertà. Ora.
Ma il nuovo Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri appena varato esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo.
“Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia”.
Minacciata la libertà di culto
E questo è il passo saliente: “I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”.
Ora il Governo può, ovviamente, legiferare in momenti di urgenza e necessità, come scritto nella Costituzione, ma sono troppi coloro che osservano come questo governo stia sospendendo molti articoli della Costituzione solamente per mezzo di un decreto amministrativo del presidente del Consiglio.
Se i Vescovi si sono ora espressi con forza, anche il Presidente della Repubblica italiana ora dovrebbe farlo, e urgentemente perché la gente comincia a preoccuparsi della poca chiarezza e di comunicazioni affidate spesso a Facebook e destinate a persone lontane dagli affetti che sperano che la connessione regga alle pressioni come il loro sistema nervoso, messo a dura, durissima prova.
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