La cittadinanza facile

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La cittadinanza facile
Questa vorrebbe essere una risposta indiretta sulla richiesta di referendum che ha per argomento la cittadinanza agli stranieri.
Non vogliamo entrare in una polemica sterile e pretestuosa ma desideriamo unicamente creare argomenti per stimolare autonome riflessioni.
Esistono, purtroppo alcuni Paesi in cui, col contributo della grande malavita organizzata e della microcriminalità diffusa, si è superato abbondantemente il livello di guardia. In queste società è ormai svanito quello che era il senso dello Stato.

Si è estinto ancor più pericolosamente nelle anime e nelle coscienze dei cittadini

A questa situazione già drammatica si aggiunge, come conseguenza, una diffusa corruzione sia nella burocrazia che nelle forze dell’ordine che avrebbe il compito di mantenere la legalità. Sono, queste, realtà come, ad esempio, il Perù, dove il tessuto sociale si va sgranando, ed altre località come anche determinate province messicane in cui l’autorità dello Stato, che è sempre stata fragile, rischia di collassare definitivamente.
Una situazione analoga si va formando anche in alcuni rioni di certe metropoli nordamericane ed europee . Occorre ricordare, se c’è ne fosse bisogno, che l’autorevolezza dello Stato non risiede nel numero di gendarmi a presidio.
Nell’Inghilterra di qualche anno fa, i poliziotti, se presenti, erano addirittura disarmati, muniti unicamente di uno sfollagente e di un fischietto.

La sicurezza di una comunità è data dal controllo del territorio e non solo

È data soprattutto dal senso dello Stato inculcato nel cittadino e dal suo senso civico acquisto. Infatti i termini “civile”, “civiltà”, derivano tutti da cittadino, colui che possiede la cittadinanza dello Stato ed è responsabile del buon andamento della comunità perché ne fa parte integrante. Anche il termine urbano che riporta a modi di correttezza rivindotti a cittadino. Il cittadino è colui che non possiede solo una cultura formativa e non unicamente nozionistica ma che possiede anche la coscienza ed il senso di responsabilità come ancora possiedono i membri delle comunità montane o certi valligiani gelosi della propria territorialità e diffidenti talvolta verso l’intruso.
Comunità cantonali mirabilmente descritte nei risvolti psicologi dallo scrittore elvetico Gottfried Keller del XIX secolo.
Sono realtà in cui talvolta si paga il giornale o una bibita, beni di consumo incustoditi, si pone doverosamente la moneta nell’apposita cassetta e si riprende il percorso
Sono quelle le località in cui fino a ieri si usava lasciare la chiave infilata nella toppa della porta. Chi scrive, ha vissuto per qualche anno in una piccola comunità alloggiando in una casa monofamiliare. Noi bambini si entrava e si usciva spesso ma non avevamo le chiavi. Durante il giorno la porta di casa mia, al piano terreno, era sempre aperta. Entravano anche altri bambini a cercarmi o salivo io di corsa per fare merenda. Questa e la comunità di cittadini.

Non la società aperta, non certo l’eliminazione dei confini

Le mura delle città e dei borghi sono diventate superflue grazie ai confini di Stato, quelli Italiani o di un Granducato o altro regno non importa. Con l’inizio della società aperta vedo ricompare molte sbarre alle finestre, porte blindate, sistemi di allarme antintrusione mentre si moltiplicano all’infinito le telecamere in tutte le strade. Ma attenzione, esiste pur sempre una parvenza di Stato ma è una istituzione che non deve essere nutrita unicamente di borsa retorica ma di severa formazione.

I confini devono tornare ad essere sacri come recita la costituzione italiana

Anche la cittadinanza deve tornare ad essere un diritto prezioso, un privilegio, un riconoscimento. A questo proposito uso ricordare la riflessione che Giacomo Leopardi appuntò nel suo Zibaldone. Il poeta di Recanati scrive: “ Quando tutto il mondo fu cittadino Romano, Roma non ebbe più cittadini; e quando cittadino Romano fu lo stesso che cosmopolita, non si amò né Roma né il mondo: l’amor patrio di Roma divenuto cosmopolita, divenne indifferente, inattivo e nullo: e quando Roma fu lo stesso che mondo, non fu più patria di nessuno…”.

Attualmente la dissoluzione dello Stato è dietro la porta come già sta accadendo in altre realtà

Lo Stato non va avanti per forza di inerzia ma pretende uno sforzo comune di un numero considerevole di persone, uno sforzo continuativo. L’illuminismo può aver fatto indubbiamente alcuni danni ma prendiamo almeno ciò che ci ha dato di buono. Da Rousseau, è possibile ispirarsi al suo ideale di Stato che il filosofo ginevrino contrappone all’ Ancien Régime che poi non è altro che la riproposizione dell’ideale della Polis.
Se attualmente qualcuno vuole distruggere come fosse una costruzione fatta col Lego la struttura e l’impalcatura dello Stato, occorrerebbe sapere con cosa sostituirlo.
È successo in passato che rovinassero strutture complesse e finissero nel nulla, nel vuoto.

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