Giorgia Meloni è tornata in queste ore a condannare senza se e senza ma ogni forma di discriminazione e di antisemitismo.
Giorgia Meloni condanna l’antisemitismo senza se e senza ma
Lo ha fatto in una cerimonia presso l’Ordine dei Giornalisti di Roma, che commemorava i giornalisti romani di origine ebraica, perseguitati e uccisi dal regime nazifascista.
Ancora una volta, dunque, Meloni ha non solo preso le distanze dal fascismo. Ma ne ha condannato la barbarie, con buona pace di chi invece da ormai due mese continua ad agitare lo “spettro nero”, minacciando di lasciare il paese (salvo poi restare ben incollato al proprio posto).
Il Premier ha ricordato come la lotta contro l’antisemitismo non è una questione del passato ma riguarda il presente coinvolgendo nella sfida il Governo, le Istituzioni democratiche e i cittadini.
Non va dimenticato, infatti, che durante il ventennio fascista in Italia e il Terzo Reich in Germania, l’antisemitismo non si manifestò immediatamente con la forza brutale della soluzione finale e dei campi di concentramento, ma fu preceduto da numerose e e sempre più gravi forme di discriminazione, isolamento ed emarginazione che colpirono progressivamente gli ebrei fino ad arrivare allo sterminio.
Nuove forme, vecchie (e vergognose) idee
Oggi assistiamo a una recrudescenza dei fenomeni antisemiti seppur in forme e con canali nuovi che veicolano messaggi inaccettabili mediante social network o comunque attraverso la rete. Messaggi che talvolta sfociano in episodi di violenza fisica o psicologica nei confronti di cittadini italiani di fede ebraica.
Liliana Segre ne è un esempio, ma ahimè non è la sola!
Insomma, se cambia il mezzo, il fine è sempre il medesimo: contestare l’esistenza stessa degli ebrei, accusarli di ogni colpa, e negare il diritto all’esistenza e all’autodifesa dello Stato di Israele.
Antisemitismo è anche antisionismo
È bene dunque chiarirsi subito. L’ipocrisia nascosta dietro chi dichiara di non essere antisemita ma di essere antisionista va smascherata senza alcun infingimento.
Non vi possono esser zone grigie perché nell’ambiguità cresce il virus antisemita e torna oggi come ieri a colpire un popolo in quanto tale.
Ecco perché, come dice Giorgia Meloni, è un problema da monitorare e combattere costantemente anche oggi e da combattere con il massimo rigore in ogni sua manifestazione.
E se è vero che, come dice Meloni, le Leggi Razziali furono una vergogna e una macchia indelebile sulla storia italiana è vero anche che il passaggio più significativo del suo discorso è quello in cui accusa il silenzio di molti come con-causa dell’infamia perpetrata a partire dal ‘38.
Oggi dunque dobbiamo trarre lezione da storia e non ripeterne né gli errori né gli orrori. Non possiamo né dobbiamo stare in silenzio: la politica, la cultura e ciascuno deve urlare il suo NO a ogni fenomeno di discriminazione antisemita.
Per questo, ancor più meritoria è l’azione di sensibilizzazione istituzionale operata da anni ormai, in particolare dall’Associazione Italia-Israele per l’adozione della definizione IHRA di antisemitismo che con i suoi specifici parametri delinea e circoscrive con chiarezza che cosa è (e cosa non è) l’antisemitismo oggi, e, in particolare, il suo stretto legame con l’antisionismo.
Visita al Kotel: un’occasione persa
Purtroppo, mentre il Governo sta effettivamente cambiando rotta in senso positivo su questo tema – vedasi ad es. le due votazioni contrarie all’Assemblea Generale ONU riguardo sue Risoluzioni marcatamente anti-isrealeiane da parte dell’Italia – di pochi giorni fa è la notizia delle pressioni dell’UE agli ambasciatori invitati da Israele affinché questi non si recassero al Kotel, e la conseguente rinuncia da parte di quello italiano.
Segno evidente che ancora la strada è lunga a tutti i livelli e che alle roboanti dichiarazioni non sempre seguano fatti concreti. Ancora persiste una interpretazione capziosamente orientata che tende a distinguere ancora gli ebrei da Israele, pretendendo di difendere i primi ma al contempo contestando il diritto dello stato ebraico di esistere, di difendersi e di farsi promotore di una narrazione diversa (e più veritiera) da quella che per decenni ha inquinato il dibattito pubblico sulla questione mediorientale.
Insomma, si rivela ipocrita difendere e celebrare gli ebrei morti nei campi di sterminio ogni 27 Gennaio se poi non si ha il coraggio di difendere gli ebrei vivi e uno Stato, quello di Israele, che garantisce democraticamente libertà di culto per tutti.
È bene sapere che questo non è giusto e non è più possibile.
Chi tace, chi nega è complice! Senza se e senza ma!
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