La degenerazione di massa

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La degenerazione di massa

Nessuno dovrebbe compiacersi del fatto di essere tra i pochi che vedono lucidamente ciò che sta avvenendo nella società che ci circonda.

L’abiezione è talmente evidente che non occorre una grande sensibilità o intuizione per avvertirla

Il merito dell’europarlamentare, dott. Vannacci, non consiste nella sua analisi, abbastanza logica, ma di aver semplicemente detto, senza alcun timore reverenziale, che il re è nudo, quando gli altri, quando parlano, usano solo ripetere i luoghi comuni diffusi dal mainstream senza descrivere cosa in realtà è sotto i propri occhi. Non occorre una grande perspicacia per accorgersi della dilagante perversione e degenerazione di massa di quella che ha tutto l’aspetto di un’allucinazione ipnotica collettiva.

Quando non c’è più da discutere su un fenomeno tanto evidente, da sempre si usa dire che il morto sta sulla bara, nel senso che diventano superflue tutte le ulteriori eventuali oziose dissertazioni

Interessante sarebbe invece studiare sulla causa profonda del desiderio di autoinganno delle masse. Infatti per poter vedere dove sta andando la collettività basterebbe un minimo di onestà intellettuale verso se stessi. Però più che intelligenza occorrerebbe coraggio o meglio, forza d’animo. Infatti esiste un notorio riflesso condizionato. Quando una persona si trova nella scomoda posizione di essere sull’orlo di un baratro, per poterla aiutare, ogni amico , come un bravo psicologo, per prima cosa dovrebbe suggerire di non guardare in basso. Sappiamo che se lo facesse, nella persona in questione, si realizzerebbe la classifica reazione di panico e si paralizzerebbe o peggio ancora, farebbe fatali passi falsi.

Secondo Nietzsche, solo pochi possono osservare l’abisso con distacco, come farebbe un rapace come l’aquila o molto più semplicemente un gatto col suo istinto di predatore felino.

L’ orrido potrebbe essere anche un profondo abisso di degrado morale

Quando Nietzsche scrive che può accadere che alla fine sia l’abisso che guarda dentro di te, intende dire anche che potrebbe accadere che vivendo nei pressi di un assoluto degrado, questo, ha il potere di contagiare, come la vertigine sembra invitare malignamente l’osservatore.

Molte persone semplici, anche se del tutto normali, anzi, proprio per questo, sono spesso troppo prese dalla fatica di vivere e dagli infiniti problemi della quotidianità

Esistono delle sfide che la semplice lotta per la sopravvivenza, impone da sempre, insieme ad altri innumerevoli ostacoli imprevisti.  Questa è la ragione per cui, per poter tirare avanti, molti usano mettere degli occhiali analoghi a quelli della canzone che usava cantare Edith Piaf e che descrive il mondo e la vita come  “La vie en rose”.

Molte persone, anche intelligenti mentono a loro stesse e si fanno ingannare quasi volutamente da ogni vulgata per evitare di essere preda di angoscia capace solo di paralizzare e di irretire.

Giustamente, molti, si giustificano, asserendo che possono affrontare problemi a misura d’uomo ma non catastrofi morali epocali fuori dalla loro umana portata.

Questa reazione è naturale, semplice ed immediata

Come il classico soldato il quale, se sente fischiare delle pallottole intorno, di nasconde dietro il primo sasso, obbedendo ad un atavico istinto di conservazione. Taluni non hanno bisogno neanche delle pallottole ma hanno una reazione analoga a quella del proverbiale struzzo. È un atteggiamento, questo, che non rispecchia la psicologia del pennuto ma è invece una classica reazione di tipo umano.

Questa è la prova che il coraggio, impartito in tempi passati come dote morale, non era utile solo in un’eventuale battaglia o per un mero esibizionismo circense. La dote del coraggio,  che il mondo moderno ritiene superata e magari un po’ antidemocratica perché non è da tutti,  è una disciplina che non va giudicata osservando le sue manifestazioni degradate come l’infantile bravata esibizionistica.

Questa disciplina non è utile unicamente in periodo bellico ma aiuta senza dubbio l’intelligenza critica

Agisce esattamente come una disciplina zen. Fa osservare la realtà senza avere la continua sensazione di essere immersi, circondati e coinvolti. Consiste semplicemente in un distacco aristocratico. Un distacco, nel senso di allontanamento che crea nel soggetto un altrove psicologico per evitare di perdere la lucidità con un eccessivo coinvolgimento emotivo.

Come cantava Lucio Battisti, le emozioni ci fanno sentire vivi ma in altri momenti, se le sappiamo mettere momentaneamente da parte, conserviamo meglio la nostra lucidità. Esattamente come accade nella vita sentimentale che dovrebbe essere un perfetto equilibrio tra passione e ragionamento.

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