La faccia oscura di Prodi. Quella vera?
Forse
E le femministe tacciono. Quelle di sinistra.
Staranno leggendo il manifesto di Ventotene.
“Prodi mi ha tirato i capelli come un professore tira le orecchie a un somaro”
Lavinia Orefici, l’inviata di Quarta Repubblica avrebbe provocato la reazione infastidita di Romano Prodi con una semplice domanda sul manifesto di Ventotene
La giornalista ha raccontato a Nicola Porro i momenti in cui Prodi le ha toccato una ciocca di capelli mentre le rispondeva: nel modo più cafone e paternalistico.
Chi se lo sarebbe mai aspettato da una persona così temperata. Dunque falso come una moneta da tre euro.
“Non voglio fare la vittima, ma non sono una bugiarda”.
I filmati mostrati nel corso della puntata di lunedì 24 marzo, preannunciati dallo stesso Porro sabato scorso e per tutto il weekend, mostrano, senza ombra di dubbio, come l’ex presidente del Consiglio tocchi i capelli dell’inviata che gli aveva posto la domanda sul manifesto di Ventotene, suscitando una sua reazione infastidita. Infastidita è dir poco. Sembrava un leone in gabbia, ma con il suo sorrisetto da fariseo, diventato ghigno
In un momento contestuale sempre più sensibile alle dinamiche di genere e al rispetto del ruolo della stampa, il comportamento dell’ex Presidente del Consiglio nei confronti della giornalista coinvolta nell’episodio dello strappo dei capelli lascia interdetti. Esterrefatti.
Un gesto, violento e inaccettabile che ha suscitato estrema indignazione, ma solo negli ambienti di destra, mentre la sinistra fino ad ora è rimasta nell’assoluto silenzio complice.
A parte qualche voce fuori dal coro che ormai si è dato una regolata e ammette le debolezze della sinistra. Tanto che ormai si è appoggiato al pensiero di centro destra. Naturalmente chi ha conservato una posizione non ideologica ma intelligente. Come un Cerno, ad esempio
Ovviamente! Mica abbiamo i gruppi di femministe per ogni stagione e occasione, che si appalesano soltanto se qualcuno di sinistra viene contraddetto o tacciato di non sapere nulla di quello di cui si parla.
La mancata presa d’atto di un gesto così maleducato e paternalistico da parte degli ambienti della sinistra non è una scelta personale, bensì un silenzio assordante, un segnale a trecentosessanta gradi che ha un gran peso e una grande importanza. Perché di questi tempi anche l’assenza di parole sensate diventa un messaggio.
Si tratta di un suono sordo alle istanze di rispetto, civiltà e solidarietà che ci si aspetterebbe da chi ha ricoperto ruoli di così alto profilo e che ha per decenni fatto il maestrino dalla penna rossa proprio su comportamenti che lui stesso ha avuto l’ardire di adottare. In maniera spudorata
A me ha fatto venire in mente, anche se c’entra poco o nulla, il verso dantesco ” La bocca sollevò dal fiero pasto, quel peccator, forbendola ai capelli… del capo ch’elli avea di retro guato.
“Lavicina Orefici, in diretta, dopo la messa in onda del servizio, ha descritto quei momenti: “Tutti i giornalisti fanno le domande e risponde molto cortesemente a tutti. A un certo punto io faccio la mia domanda, leggo un passaggio del manifesto, quello di cui si parlava da giorni legato alla questione della proprietà privata, chiedendo cosa ne pensasse e se condividesse quelle parole
La risposta è stata subito aggressiva, è cambiato il tono della conversazione e quando ho sottolineato si trattasse di un passaggio del manifesto, si è avvicinato verso di me tirandomi una ciocca di capelli”. A quel punto Orefici, ospite in studio, ha precisato a Nicola Porro: “Non voglio fare la vittima, però la tirata di capelli è stata proprio come un professore può tirare le orecchie a un somaro”. Può ma non deve, sempre e comunque. Figuriamoci un uomo a una donna.
Che si può toccare solo con un fiore, come recita un noto adagio
Quindi è intervenuto il conduttore, che nelle ore precedenti alla messa in onda del servizio ha voluto tenere alta l’attenzione sulla questione, precisando: “Qua non facciamo piagnistei, però la cosa che mi secca è che lui in una dichiarazione ha detto di averti toccato la spalla, cosa che non è vera”. Lavinia Orefici a quel punto ha aggiunto: “Non sono una bugiarda, ho raccontato un fatto perché mi è successo”. In ogni caso, anche una toccata di spalle non è assolutamente ammissibile.
“Ma che cavolo di domande mi fai?”, Gonzato e Parenzo replicano Prodi su Ventotene
Nicola Porro aveva anticipato la messa in onda del filmato in questione già lo scorso sabato, dopo che la risposta irritata di Prodi a Orefici era diventata virale. Ospite di “4 di sera”, il conduttore aveva descritto così il momento in questione: “Lavinia era scioccata così come gli operatori. Non perché ci sia in un gesto di questo tipo una forza contundente, ma perché stiamo parlando di un ex presidente del Consiglio.
Mettere le mani addosso a una giornalista, o anche un giornalista, è una cosa che non si è mai vista. Io non ho mai visto un politico che si permette di fare una cosa del genere”
Ma, in modo molto più attinente, torna ora di moda la lettera aperta che Oriana Fallaci il 5 maggio del 2004 invio al professore. Qualcuno ha considerato la Fallaci provocatoria, qualcun altro l’ha chiamata visionaria.
Oriana ha spesso anticipato i tempi, con la sua parola sferzante e la sua penna graffiante aprendo a interrogativi scomodi quando ancora il silenzio del mondo prevaricava l’esposizione delle idee.
Ma per lei il politically correct non aveva alcun senso
Le sue “verità anticipate” non sono semplici pareri e teorie, bensì guizzi di intuizione che, riletti oggi, sembrano davvero profezie. In tempi che non conoscevano ancora il dibattito pubblico imprigionato dal politicamente corretto, lei osava. lei diceva, lei ostentava. Senza paura.
Parlava di “identità, di scontro di civiltà, di libertà minacciate, con un’intensità che oggi suona incredibilmente attuale
E forse, proprio per questo, ancora così divisiva”.
In effetti aveva previsto tutto, e aveva ragione anche su quel “Prodi che ci ha voluto portare in Europa, che ha voluto seppellire la nostra lira, che ha aperto le frontiere di tutta Europa, da dove sono poi passati i peggiori delinquenti dell’est Europa per portare in Italia povertà, criminalità e morte”.
«Signor Presidente della Commissione Europea , so che in Italia la chiamano Mortadella. E di ciò mi dolgo per la mortadella, che è uno squisito e nobile insaccato di cui andar fieri, non certo per lei che in me suscita disistima fin dal 1978».
«Ossia dall’anno in cui partecipò a quella seduta spiritica per chiedere alle anime del Purgatorio dove i brigatisti nascondessero il rapito Aldo Moro.
Non mi parve serio, Monsieur Meglio: non mi parve rispettoso, pietoso, umano, nei riguardi di Moro che stava per essere ucciso. E supplicai il Padreterno di tenerLa lontana dalla politica. Peccato che al solito il Padreterno non m’abbia ascoltato, che in politica lei ci si sia buttato senza pudore»
«E da allora quella disistima s’è approfondita nonché arricchita d’una antipatia quasi epidermica. Il solo udire la sua voce manierosa e melliflua m’innervosisce, il solo guardare la sua facciona guanciuta e falsamente benigna mi rattrista, Monsieur. Mi rammenta la Comèdie Italienne o Commedia dell’Arte, Pulcinella e Brighella, Arlecchino e Tartaglia».
«La Comèdie Italienne non mi ha mai divertito, Monsieur. Infatti grazie a lei ho riso due volte e basta. Quando al suo agglomerato politico dette l’acconcio nome e l’acconcia immagine d’un Asino, e quando D’Alema La rimpiazzò a Palazzo Chigi. Il guaio è che per spodestarLa, dovette rifilarla all’Unione Europea, ove ci ha fatto fare non poche figuracce, Monsieur»
«Pensi a quella che fece con l’Eurobarometro nell’ottobre del 2003, cioè quando promosse tra i cittadini dell’Ue il sondaggio sulla legittimità-della-guerra-in-Iraq. Sondaggio con cui si chiedeva, fra l’altro, quale fosse il Paese che minacciava di più la pace nel mondo e a cui risposero 7515 persone. Però lei lo rese noto come se si fosse trattato d’un referendum plebiscitario, e in anteprima dette la risposta da cui risultava che secondo il 59 per cento degli europei il paese che più minacciava la pace nel mondo era Israele»
«Oppure pensi a quella che commise, in completo dispregio per il suo incarico, inviando ai dirigenti dell’Ulivo le sessanta pagine in cui si offriva come loro leader».
«Le sue figuracce sono le nostre figuracce, Monsieur. Figuracce dell’Italia. E io soffrii tanto a leggere i tre aggettivi che Hans-Gert Poettering, il capo del Ppe, aveva scelto per condannare il suo secondo exploit: Scorretto, Inaccettabile, Irresponsabile».
«Soffrii in egual misura a leggere l’editoriale che sul Times di Londra si concludeva con le tremende parole: Mister Prodi ha rinunciato al diritto morale di guidare la Commissione Europea e ai popoli d’Europa renderebbe un miglior servigio se tornasse nel calderone della politica italiana. Non ci mancava che lei, Monsieur»
«Voglio dire oltre a Pulcinella e Brighella, Arlecchino e Tartaglia, non ci mancava che Mortadella. Santo Cielo, non le bastavano gli immeritati fasti di Bruxelles? Dove ogni mese lei riceve cinquanta milioni di vecchie lire italiane! E, perbacco!, sono tante! Così tante che mi chiedo come facciano gli italiani, anzi gli europei, a non rinfacciargliele».
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