La grande disonestà intellettuale

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La grande disonestà intellettuale In questi giorni, social e televisioni sono stati letteralmente invasi da decine di esperti nella storia del Medio Oriente. Come succede quasi sempre per ogni evento antropico – che siano i mondiali di calcio o il ritiro americano dall’Afghanistan o l’invasione russa dell’Ucraina – ecco spuntare come funghi frotte di super esperti, sempre pronti a elargire il loro modestissimo parere. E così, ormai al quattordicesimo giorno di scontri tra Israele e l’associazione islamista Hamas, scopriamo quanto migliaia di esperti della questione israelo-palestinese fossero tra di noi, senza che ce ne fossimo accorti. È strano però, non li abbiamo sentiti rumoreggiare più di tanto in questi ultimi tempi Eppure, sono svariati mesi che i civili israeliani sono soggetti ad angherie di ogni tipo. Accoltellati in mezzo alla strada, madri e figlie giustiziate con tre pallottole mentre erano tranquillamente sedute nella propria auto, due uomini freddati mentre erano fermi a fare benzina. Nemmeno l’omicidio di Alessandro Parisi ha scaldato gli animi dei suddetti esperti. Alessandro Parisi, sì, dice qualcosa? Si avverte un sinistro rumore di ingranaggi arrugginiti che si mettono in moto. Da qui aleggia un quesito scomodo “Alessandro, chi?” Alessandro Parisi, l’avvocato romano che questo aprile è stato ucciso da un terrorista, che gli è piombato addosso con la macchina Alessandro era arrivato da poche ore in Israele per una vacanza. Passeggiava spensierato con gli amici sul lungo mare di Tel Aviv e adesso prende il sole da dentro una tomba. La memoria corta, tuttavia, si manifesta in tanti modi Forse nessuno ricorda come nella primavera del 2021 l’ennesima gragnuola di missili lanciati da Gaza coprì il cielo d’Israele e si evitò la carneficina solo grazie al sistema di intercettazione missilistica Iron Dome. E, nel frattempo, ce ne sono state altre. Che sono durate qualche giorno. Due, tremila missili, giusto per tenersi in allenamento. Fino al delirio del 7 ottobre. 5000 missili in poche ore. Nonché, un’invasione con alianti e terrestre, che spinge a domandarsi: ma se i terroristi sono riusciti a entrare così facilmente in territorio israeliano, dove saranno mai questi chilometri e chilometri di barriere invalicabili tra Israele e Gaza? Mistero.
Chiaramente, a questo punto della lettura già si notano i primi roll eyes. Di coloro a cui non piacciono questi piccoli dettagli scomodi, che altro non sono che la continuazione di quella “guerra d’attrito” condotta in primis da Fatah e così nominata da Nasser. Sessant’anni di costante stato di tensione, caratterizzato da uno stillicidio di provocazioni, atti violenti e di stampo terroristico, e che continua ancora oggi con le stesse modalità. Quando ci si trova a discutere con molti di coloro che sono palesemente contro Israele – e ben venga e sempre sia tutelato il loro sacrosanto diritto d’opinione – si nota però uno strano atteggiamento, che potremmo definire un tantino benaltrista. Cui si aggiunge anche una certa tendenza a manipolare le informazioni, a parlare per mezze verità, a non esplicitare appieno i fatti. Per citare un esempio: Affermazioni tout court tipo “con la guerra dei Sei Giorni, Israele ha occupato Cisgiordania e Gaza” assumono un significato devastante se lette da un pubblico non proprio esperto. Che cosa si capisce da questo inciso: che una mattina il governo israeliano si è svegliato e ha detto “oggi andiamo ad annettere la Cisgiordania”. Che cosa succede, però, se aggiungiamo qualche dettaglio del tipo che un consesso di paesi arabi, con a capo l’Egitto di Nasser, il quale si era eletto, tra le altre cose, colui che avrebbe cancellato Israele dalla faccia della terra, era in procinto di scagliarsi contro lo stato ebraico?
Quest’ultimo, con un sorprendente attacco preventivo – e forse nemmeno credendoci molto – ribaltò le sorti dello scontro, sfondò le linee nemiche e dilagò a sud ovest nel Sinai, a nord nel Golan e a est nella Cisgiordania. Con questi dettagli, cambiano un tantino le cose. Israele quindi non appare più un’entità che si macchia di un’aggressione al solo scopo espansionistico, ma colei che si deve difendere per l’ennesima volta. Ma non è così facile. Perché i disonesti intellettuali, applicando quel benaltrismo citato poc’anzi, sono sempre pronti a ribaltare la discussione, con decine di inesattezze, a volte decisamente spiazzanti. Il contraddittorio ricorrente scade sempre, o quasi, sullo spostamento della problematica, se non sull’omissione stessa di una risposta concreta e pertinente. Quello che però rimane sul fondo, è un amaro fastidioso. È lapalissiano come moltissimi, sotto sotto ma non troppo, pensino che queste carneficine dopotutto gli israeliani se le siano cercate. E chi la pensa così, probabilmente sono molti di coloro che il 2 agosto, in occasione dell’anniversario della strage di Bologna, si stracciano le vesti denigrando gli stragisti. Per non parlare di quelli che si percuotono il petto, con gli occhi pieni di lacrime, durante la Giornata della Memoria. Quale sarà mai la differenza tra i civili morti della stazione di Bologna e quelli dei kibbutzim e dei moshavim israeliani? Proprio nessuna.

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