La grande rivolta araba
La Palestina era diventata una preda bellica dopo la grande guerra con la fine dell’impero Ottomano e gli inglesi la considerarono un semplice bottino di guerra insieme al Libano ed era diventata praticamente una colonia, o per l’esattezza un mandato britannico.
Nel 1936 ci fu una sollevazione dei palestinesi contro gli inglesi
La rivolta nacque a causa delle terre che erano state vendute agli ebrei da pochi latifondisti palestinesi pagati con cospicui fondi appositi provenienti da banche della diaspora che avevano costituito un fondo apposito.
Una volta che questi latifondisti avevano venduto, tutti i contadini palestinesi che vivevano e lavoravano su quelle terre venivano sfrattati in massa.
I palestinesi chiesero a Londra di limitare queste sistematiche vendite seguite da sfratti di massa che avevano più l’aspetto di deportazioni
Gli inglesi non poterono fare niente perché con la dichiarazione Balfour si erano impegnati a creare il famoso focolare ebraico in Palestina in cambio dell’entrata in guerra degli Stati Uniti d’America e degli aiuti che permisero la vittoria finale.
Molti ebrei si mobilitarono con pressioni su Washington perché,per avere la Palestina, doveva per forza di cose essere sconfitto l’impero Ottomano alleato della Triplice Alleanza.
Esasperati, i palestinesi, dettero inizio a quella che è passata alla storia come la grande rivolta araba.
Questa non si limitò ad essere una rivolta come gli inglesi la battezzarono ma fu una vera guerra di un neonato e costituito esercito palestinese contro l’esercito dell’impero britannico
Reparti ebraici come l’Haganah che mobilitarono più di 10.000 uomini, appoggiarono le forze britanniche. In seguito da una costola dell’Haganah nacque una nuova formazione, l’Irgun Zvai Leumi. La rivolta fu in realtà una vera guerra con eserciti che si scontrarono in autentiche battaglie campali e non aveva ancora l’aspetto di una moderna guerriglia.
Fu proprio quella guerra che forgiò una moderna coscienza nazionale ai palestinesi.
Possiamo affermare che la guerra ebbe anche il compito di mobilitare le coscienze delle masse
Fu denominata dai britannici rivolta araba perché gli inglesi non volevano si riconosce l’esistenza di un popolo palestinese, errore che fecero anche gli ebrei e che stanno facendo anche vari commentatori odierni che vorrebbero spostare i palestinesi in altri paesi limitrofi con il pretesto che parlano arabo e che sono sempre islamici.
Si nega le identità nazionali arabe con la credenza che essendo tutti arabi sarebbero lo stesso popolo
La profonda ignoranza degli occidentali su certi argomenti considera un egiziano come un siriano o un Saudita. La grande rivolta araba durò tre anni e dopo un lungo periodo vinse non senza fatica l’Inghilterra nel 1939, giusto in tempo per iniziare un’altra guerra su altri fronti. Il popolo palestinese esisteva come entità culturale con una sua forte identità.
Quella palestinese era una società molto ben organizzata
Esistevano moderne stazioni ferroviarie, scuole, palestre, città con architettura razionalista simile a quella che andava di moda in Italia e palazzi dei centri storici stile ottomano, simili a quelli dei centri storici europei. Le ragazze vestivano come quelle europee dello stesso periodo e gli uomini non indossano la kefiah, adottata in seguito da Arafat come simbolo identitario.
Un tempo lo usavano solo pochi contadini per difendersi dai raggi del sole durante il lavoro nei campi.
Gli uomini vestivano con giacca, camicia e cravatta con il cappello tipo Fedora a falde analogo al nostro Borsalino come in tutto il mondo. La religione islamica era invasiva relativamente come il cattolicesimo lo era in Italia. L’agricoltura era fiorente e la terra fra il mare, il Giordano e il lago di Tiberiade non era certo un deserto come certa propaganda aveva dato ad intendere col detto bugiardo “Hanno trovato un deserto e ne hanno fatto un giardino”.
Dal 1936 quel popolo combatte quasi ininterrottamente nessuno palestinese ha mai conosciuto la pace come la intendiamo noi. Non gli è mai stata data una buona ragione per vivere e loro trovano una buona ragione per morire. Il loro rapporto con la morte è molto diverso dal nostro. Tutti i bambini hanno un morto in famiglia ma anche fra amici e conoscenti. Per non parlare degli innumerevoli palestinesi imprigionati. La loro unica ragione di vita sembra la trovino nella lotta perché si arriva al paradosso che l’unico sogno possibile realizzabile talvolta è quello del martirio. In un mix in cui patriottismo, politica e religione sono interconnessi.
Leggi anche: