Benvenuti all’affascinante mondo del mio libro “La Magia del Presepe”. In queste pagine, potete esplorare il potente e intramontabile richiamo del presepe, svelando le sue radici storiche, la sua evoluzione nel corso del tempo e la profonda connessione emotiva che crea nei cuori di coloro che lo creano e lo ammirano.Ti potrai immergere in un viaggio incantato tra tradizione, creatività e spiritualità, dove il presepe diventa più di una semplice rappresentazione natalizia: diventa una fonte di ispirazione e meraviglia…..
Il libro inizia così ….
I miei genitori hanno sempre fatto il presepe. Si cominciava il giorno dell’Immacolata Concezione, l’8 di dicembre e si finiva una settimana dopo. Il papà arrivava con lo scatolone dalla soffitta, la mamma cominciava a urlare dicendo che per prima cosa bisognava ricoprire di carta di giornale il mobile dove si sarebbe fatto il presepe. In sala avevamo solo un mobile quello che conteneva il servito di piatti “buono”, i bicchieri grandi e piccoli da liquore e le bottiglie di superalcolici da servire nelle occasioni importanti tipo cresime o battesimi, una di Fernet Branca e l’altra di Vecchia Romagna etichetta nera. Le prime cose che realizzavamo erano le montagne, le quali magicamente comparivano dopo aver avvolto con la carta verde e marrone le scatole delle scarpe e il dizionario. Le dune del deserto il papà le faceva con la sabbia del gatto, il laghetto con il vetro dello
specchio da barba, che io chiamavo il lago dei desideri.
Poi c’è stato l’anno che hanno inventato il Domopak e finalmente siamo riusciti a fare le cascate: io non avre mai smesso di lavorare quella carta di alluminio, infatti un anno avevamo la parete tutta coperta di Domopak! Poi si costruiva il ponte sul laghetto. Se si fa attenzione ogni particolare nel presepe nasconde un mistero: la grotta, il cielo stellato, le montagne. E ancora il ponte, la fontana, i pastori. Tutto ha un significato molto preciso.
Verso le 11 di sera, esausti si andava a dormire
II mattino successivo il papà cercava le sue scarpe per andare a lavoro e poi si accorgeva che le aveva avvolte dentro la montagna del presepe, allora amaramente si rendeva conto che gli toccava andare a giro fino alla befana con i sandali aperti dell’estate. Forse è per quel motivo che durante le feste aveva spesso il raffreddore. Comunque i giorni seguenti si andava a staccare il muschio che cresceva sulla corteccia dell’albero del vicino. (All’epoca esistevano ancora tanti alberi e il muschio non lo vendevano in
cartoleria) e lo si stendeva attorno al paesello arroccato sulla montagna
Il mio papà tendeva a costruire il paesello con quello che aveva, inevitabilmente il risultato era un insieme di epoche e stili diversi: una baita, un castello, una villetta a schiera, un grattacielo fatto con la lego.
Sicuramente non erano le casette di Betlemme
Un altro giorno ci si dedicava agli animali, mettevamo galline, tacchini, e pecorelle e al massimo uno o due cammelli: dipendeva dalla disponibilità che aveva la cartolaia da cui ci servivamo. (Non esistevano ancora i centri commerciali dove adesso trovi di tutto). Arrivava il giorno in cui si disponevano le statuine dei pastori, le donne con la brocca in testa, la lavandaia, il cammelliere che dormiva sotto la palma, quello che con le mani cercava la stella cometa nel cielo, il tagliaboschi con la scure mentre tagliava i tronchi, un pompiere dei Playmobil, qualche cowboy, un indiano, la contadina che teneva in mano una tunichetta da regalare al nascituro, gli zampognari e un personaggio di guerre stellari…
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