Centocinquantuno anni fa, precisamente il 13 gennaio 1869 a Genova nasceva Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta, secondo Duca d’Aosta. Il Duca invitto. Per poco più di due anni, quando suo padre Amedeo fu proclamato Re di Spagna, anche Principe delle Asturie.
Un personaggio del quale i giovani di oggi non hanno probabilmente idea, eppure fu un importante eroe della Grande Guerra. Militare capace e brillante, comandante deciso e tenace. Fu anche padre di uno degli ultimi eroi nazionali. Infatti suo figlio Amedeo suscitò l’ammirazione inglese ed ottenne l’onore delle armi per la gloriosa resistenza sul monte Amba Alagi.
Emanuele Filiberto di Savoia è stato una figura centrale delle forze armate italiane durante quella che i più ferventi irredentisti definirono la quarta guerra d’indipendenza.
L’epiteto formulario di Duca invitto se lo guadagnò proprio durante lo svolgimento di quei tragici eventi. Oggi fa parte di quella memoria storica che italiani trovano superata, che i radical-chic (vera sciagura per disgrazia o per fortuna non solo del nostro paese), definirebbero démodé.
Mai fu più attuale una bellissima citazione di Indro Montanelli: “Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente“. Lasciamo perdere cosa possa intuire del proprio futuro.
La memoria storica passa, ma non deve farlo
Eppure la nostra memoria storica passa, ed ha il dovere di preservare pagine gloriose come quelle di chi difese e rese possibile le ambizioni di una grande Italia.
Anche perché proprio nell’era della globalizzazione, appare ormai palese che i popoli che hanno conservato dignità orgoglio e volontà di preservarsi ne siano i veri vincitori; rispetto a tutti coloro i quali hanno lasciato andare se stessi, dimenticato la propria storia, calpestato il proprio orgoglio nazionale.
“Nella pianura, S.A.R. il Duca d’Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute. L’Esercito Austro-Ungarico è annientato(…)”; recita il bollettino della vittoria letto il 4 novembre 1918 dal Generale Armando Diaz.
Solo una simile citazione sarebbe sufficiente a meritare un approfondimento da parte di che oggi ignora la memoria di un grande italiano.
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