La miseria: l’unica forza vitale del Paese.Un Paese che oggi pare vivere un tempo di incertezza, precarietà e miseria. Un tempo che pare non finire. Una crisi, latente dall’inizio del millennio e palese dal 2008 che pare non avere un capolinea .
I Millennials, che non hanno memoria di tempi migliori sono cresciuti nella sensazione che non vi sia fine al peggio. Chi,come me, ha qualche anno in più, dunque ricorda tempi migliori, soffre la mancanza di un orizzonte felice.
La visione di Longanesi
Scriveva nel 1957 Leo Longanesi:
La miseria è ancora l’unica forza vitale del Paese e quel poco o molto che ancora regge è soltanto frutto della povertà.
Bellezze dei luoghi, patrimoni artistici, antiche parlate, cucina paesana, virtù civiche e specialità artigiane sono custodite soltanto dalla miseria.
Dove essa è sopraffatta dal sopraggiungere del capitalismo, ecco che si assiste alla completa rovina di ogni patrimonio artistico e morale.
Perché il povero è di antica tradizione e vive in una miseria che ha antiche radici in secolari luoghi, mentre il ricco è di fresca data, improvvisato, nemico di tutto ciò che lo ha preceduto e che l’umilia. La sua ricchezza è stata facile, di solito nata dall’imbroglio, da facili traffici, sempre o quasi, imitando qualcosa che è nato fuori di qui.
Perciò quando l’Italia sarà sopraffatta dalla finta ricchezza che già dilaga, noi ci troveremo a vivere in un paese di cui non conosceremo più né il volto né l’anima.
L’eco di Pasolini
E sullo stesso concetto Pier Paolo Pasolini su “Il Tempo” nel gennaio del 1974:
Ci eravamo sbagliati a credere che la povertà fosse un male.Sembra scritto ieri l’articolo di Pier Paolo Pasolini dell’11 gennaio 1974 sul quotidiano “Il Tempo”, poi in Scritti corsari (Garzanti, 1975). Pasolini dice di “provare una grande nostalgia per la povertà”, sua e degli altri. “Ci eravamo sbagliati a credere che la povertà fosse un male. Ecco arrivata l’austerità, o la povertà obbligatoria. In quanto provvedimento governativo io considero tale austerità addirittura incostituzionale, e m’indigno furiosamente al pensiero di quanto essa sia «solidale» con l’Anno Santo. Ma, come «segno premonitore» del ritorno di una povertà reale, essa non può che rallegrarmi. Dico povertà, non miseria. Certo, queste restrizioni economiche, che hanno l’aria di fissarsi in un tenore di vita che sarà ormai quello di tutto il nostro futuro, possono significare una cosa: che era forse una troppo lucida profezia da disperati pensare che la storia dell’umanità fosse ormai la storia dell’industrializzazione totale e del benessere…
La salvezza dell’italia
Probabilmente la differenza tra povertà e miseria, appare lampante proprio quando i popoli vivono una povertà, purché questa possa essere dignitosa. Ci sono stati momenti in cui alcune nazioni hanno vissuto grande benessere, corrispondenti ad una grande miseria nei valori, nelle speranze, nelle prospettive nazionali.
Chi mantiene speranza, dignità, fiducia nell’avvenire può vivere la povertà come un incentivo alla miseria, al miglioramento. Un momento di attaccamento ai valori, alle tradizioni, alla storia,ed alla solidarietà nazionale per rialzarsi. Mentre la miseria è la perdita di ogni attaccamento ai propri valori di riferimento, ed alla speranza di riscatto per la comunità umana che ci circonda.
La nazione ritrova forza, proprio quando il mutuo soccorso, la mutua assistenza e la solidarietà nazionale possono fare la differenza, tra la debacle totale ed una nuova alba.
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