Montagna della Morte – E’ il 25 Gennaio 1959, quando un gruppo di 10 esperti escursionisti giunge a Ivdel, una cittadina nella regione di Sverdlovsk. Il gruppo è composto da otto uomini e due donne. Sono tutti studenti o neolaureati dell’Istituto Politecnico degli Urali ed esperti alpinisti. I ragazzi hanno deciso di fare un’escursione con sci di fondo attraverso gli Urali settentrionali.
Il 27 Gennaio il gruppo raggiunge Vizai, l’ultimo insediamento abitato, e da lì inizia la marcia. Il giorno successivo uno di loro, Jurij Judin, è costretto a tornare indietro dopo aver accusato un malore. Sarà l’unico sopravvissuto.
Il 31 Gennaio il gruppo arriva sul bordo di un altopiano, e inizia a preparasi per la dura salita. La notte trascorre tranquilla, la mattina una tempesta di neve li coglie di sorpresa. I ragazzi perdono l’orientamento, deviano verso ovest. Puntando dritto verso cima del monte Cholatćachal’. La Montagna della Morte.
Scattano una foto. Cinque di loro intenti a costruire l’accampamento. E’ l’ultima fotografia della loro vita.
Nessuna notizia
Passano i giorni, le famiglie non hanno notizie. Eppure Igor Alekseevič Dyatlov, capo della spedizione, prima di partire ha detto ai familiari di non preoccuparsi. Avrebbe mandato un telegramma tra il 10 e il 14 Febbraio. Ma il messaggio non arriva, parte la prima squadra di soccorso.
Il 26 Febbraio i soccorritori individuano la tenda sulle pendici della Montagna della Morte. Il primo soccorritore ad individuarla testimonierà che: “La tenda è mezza sfasciata e coperta di neve. Non c’è nessuno, ma tutto l’equipaggiamento del gruppo e i loro scarponi sono stati lasciati lì“. La tenda risulta squarciata in più punti. Evidenti i segni di numerose coltellate. Tutte inferte dall’interno verso l’esterno.
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Orme di piedi nudi nella neve
Studiando le impronte nella neve, le squadre di soccorso notano che dalla tenda partone le impronte di otto/nove persone. Sono orme di piedi nudi, di calze, di singoli scarponi. Le impronte proseguono in direzione della foresta. Dopo 500 metri si interrompono.
Sotto un pino siberiano i soccorritori individuano i resti di un fuoco e i primi due cadaveri. Sono scalzi e indossano solo la biancheria intima. I rami del pino sono spezzati, fino ad un’altezza di 5 metri.
Altri tre corpi vengono trovati in direzione della tenda. Anche loro sono seminudi.
Ci vogliono più di due mesi per ritrovare i cadaveri degli altri quattro ragazzi. Sono sepolti sotto 4 metri di neve in una gola all’interno della foresta. Di questi, tre risultavano meglio vestiti del quarto e dei ragazzi ritrovarti in precedenza.
Livelli di radioattività anomali sui cadaveri
I risultati delle analisi patologiche mostrano che i primi cinque ragazzi sono morti per ipotermia. La temperatura quella notte era di -30°. Una morte naturale e prevedibile. I cadaveri trovati nel crepaccio, però, hanno tutt’altre evidenze. Il cranio è sfondato per uno di loro. Gli altri hanno profonde fratture alla cassa toracica. Una ragazza non ha più gli occhi, la lingua e una parte della testa. Inoltre i corpi non mostrano ferite esterne in corrispondenza dei traumi. Sui corpi di due ragazzi sono presenti livelli di radioattività assolutamente anomali.
Quella stessa sera un gruppo di escursionisti che è a 50 chilometri più a sud aveva dichiarato di aver visto “strane sfere luminose arancioni” nel cielo. Proprio nella zona della Montagna della Morte. Sviluppando i rullini fotografici trovati all’interno della tenda, un’immagine è simile. Le autorità la classificano come effetto ottico. Il caso viene archiviato dal governo sovietico. La causa della morte dei giovani è attribuita alla “forza della natura”.
Troppe cose non tornano
Passano gli anni, il mistero resta. Nel 2018 viene riesumato del corpo di un ragazzo, gli esperti lo confrontano con i risultati delle analisi condotte nel 1959. A giudicare dalle lesioni si potrebbe dedurre che il ragazzo sia stato investito da un auto. Ma non è plausibile. In quelle condizioni non avrebbe potuto raggiungere il passo. Chiamato passo poi Dyatlov dal nome del capo della spedizione.
Nel 2019, a 60 anni da quella misteriosa notte, il governo russo ha deciso di riaprire il caso.