Parità stradale – Che scoperta terribile. Dovete sapere che su 25mila strade italiane intitolate a personaggi, solo il 6 per cento è intitolato a figure femminili, appena 1629 strade. E non è nemmeno colpa della solita anomalia italiana, del proverbiale gallismo nostrano, del maschilismo e machismo italiano e latino; perché in quasi tutti i paesi del mondo in cui c’è stato il censimento toponomastico, il risultato è lo stesso; occidente, oriente, protestanti, non parliamo degli islamici. Diciannove strade su venti sono di genere maschile.
Fa eccezione Cuba, dove il civilissimo, democraticissimo, emancipatissimo regime comunista e castrista ha invece ben il 40 per cento di strade dedicate a donne. Trattandosi di una rivoluzione, per loro era più facile inventare strade a piacere, essendosi scrollati di dosso del passato, per giunta coloniale, non avevano più storia.
Dobbiamo questi dati al progetto Mapping Diversity, una mappa digitale che denuncia il “gender gap toponomastico”. Una serie di associazioni transeuropee ha intrecciato i dati di questa ricerca, di cui si sono resi dolenti interpreti con denuncia annessa alcuni giornali italiani, in primis (e in prima pagina) la Repubblica.
Applicare retroattivamente le idee di oggi
Posso capire la battaglia per la parità dei diritti e per l’emancipazione femminile. Posso capire le quote rosa e le liste col numero fisso di donne, gli ingredienti d’obbligo e le diciture doverose. E posso capire perfino gli auspici che domani saranno le donne a comandare, a inventare, a fare tutto. Ma quello che non capisco è applicare retroattivamente le idee di oggi, fino a costringere la storia nel loro box ideologico e modificarla, falsarla, pur di assecondare l’egualitarismo di genere se non l’egemonia femminile.
Può dispiacere, può irritare che sia andata così nel mondo, ma la storia non si può cambiare. Se il 99 per cento dei personaggi storici, degli scienziati, dei filosofi, degli grandi artisti, dei grandi musicisti, dei condottieri e dei capi è di sesso maschile non possiamo cambiare la storia o mutare post mortem sesso ai grandi; e neanche la toponomastica che ne riflette la memoria. In quel tempo, peraltro, associare una donna a una strada significava darle della prostituta.
Dantesse alighieri
Possiamo spiegare quella supremazia con una prevaricazione secolare e mondiale; possiamo imprecare contro la sottomissione della donna nei millenni. Ma possiamo pur sostenere che se le donne avessero avuto le stesse opportunità dei maschi, se avessero potuto studiare ed esprimersi, le cose sarebbero andate diversamente. Possiamo fare ogni tipo di analisi e rigettare ogni modello culturale e scientifico che legittima la differenza tra i sessi; ma non possiamo cambiare la realtà accaduta e sarebbe miserabile cancellarla.
Né possiamo inventarci leonarde da vinci, cristofore colombe, dantesse alighieri, platonette (versione trans di platone), socratesse, caravagge, michelangiolette e raffaelle, napoleonesse e carlemagne; sarebbe solo ridicolo. Oppure, ancora peggio, dovremmo cancellare nomi illustri, statue e monumenti ai grandi del passato per sostituirle con quelli di donne di cui sappiamo poco e nulla, se non che furono donne. O puntare sulle loro mogli giacché dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna, come si dice per galanteria.
No, la storia non si modifica col senno di poi, o col seno di poi, se preferite la versione femminile. La storia è la storia, la filosofia è la filosofia, la scienza è la scienza, l’arte è l’arte, la guerra è la guerra. E meno male che c’è qualche regina e qualche santa a riequilibrare i conti; meno male che c’è la Madonna a compensare un po’ la toponomastica maschile.
Associazione Toponomastica femminile
Naturalmente è già all’opera il collettivo femminista per vendicare il torto e riparare il danno. C’è ad esempio l’associazione Toponomastica femminile, presieduta da Maria Pia Ercolini, che chiede a tutti i Comuni d’intitolare ogni 8 marzo tre vie a tre figure femminili, in modo – spiega la Repubblica – “di accrescere l’autostima delle bambine”. Mi sfugge la sensatezza di quest’ultima frase. E poi perché non dedicare tre vie a tre disabili, a ogni giornata mondiale del disabile?
Anzi visto che ci troviamo, penso con raccapriccio quando la stessa scoperta verrà fatta sul piano etnico: quando scopriremo che nemmeno l’un per cento delle nostre strade è dedicato a un nero, senza “g” di mezzo, che succederà? Insorgeranno le associazioni pro-neri nel mondo, i sindacati per l’accoglienza e pretenderanno a ogni giornata contro il razzismo di dedicare tre vie a tre neri?
Come ben capite, il discorso delle quote, già aberrante se applicato alla vita quotidiana, perché calpesta meriti, capacità e libertà, diventa surreale e ignobile se applicato alla storia e alla toponomastica. Cancella ogni eccellenza, ogni gloria, ogni merito, ogni genio, ogni verità, pur di rappresentare le quote o le categorie svantaggiate. È l’altro versante della cancel culture o della demenza con l’asterisco; figlia della stessa pretesa di correggere la realtà, la vita, la natura, il talento e la storia.
A questo punto rendete anonime tutte le strade, se non volete ferire nessuno, donne, disabili, neri, schiavi e migranti, e se non volete mortificare nemmeno l’uomo comune a cui non dedicheranno mai una via e nemmeno un vicoletto, solo un selfie o uno spioncino sui social. Adottate invece il metodo sperimentato già con successo con genitore 1 e genitore 2: procedete con la numerazione, le strade tutte anonime, la toponomastica con sole indicazioni algebriche, riscontri aritmetici. Genere: neutro, colore: trasparente, etnia: tabelline. Ci vediamo stasera a piazza sessantuno, all’incrocio con viale trentatré.
MV, La Verità
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