La parola “atomica” comincia a serpeggiare

atomica

Atomica – È uscita fuori una parola che da molto tempo non si sentiva più pronunciare.
Una parola in riferimento al nuovo tipo di guerra, venuto alla fine del secondo conflitto mondiale.
Una parola che in un sol colpo cancella tutte le stupide filippiche, le ignoranti lezioni pronunciate ex cattedra da tanti accademici che dicevano essere finita la guerra nella nostra epoca.
La storia non è finita, la storia va avanti ma potrebbe vedere il suo capitolo peggiore per la miopia degli esseri umani.

Quella parola è: atomica!

Una guerra nucleare, quella che rese necessario che la lotta tra l’Unione sovietica e gli Stati Uniti fosse prevalentemente quella di una guerra fredda, e di piccoli scontri indiretti. La guerra nucleare non ha un vincitore. Non potrebbe averlo. Lancio dei missili che gli altri rilasciano. Distruzione della mia civiltà come distruzione della civiltà avversa.

Tutti i teorici che parlano di possibilità di vittoria, non sanno di cosa stanno parlando. Non si può vincere una guerra nucleare.

A questo proposito il generale Omar Bradley diceva sempre che l’unico modo per vincere una guerra nucleare è quello di non farla scoppiare.

Ci sarebbero miliardi di morti in tutto il mondo, devastazione e cancellazione di città e civiltà.

Quando chiesero ad Albert Einstein con quale armi si sarebbe potuta combattere la terza guerra mondiale, lui rispose che non sapeva rispondere a tale domanda. Ma che la quarta si sarebbe combattuta sicuramente con pietre e bastoni.

C’è un film, interessante quanto inquietante, del 1964: Fail-Safe, di Sidney Lumet con Henry Fonda e
Walter Matthau. Parla di un errore meccanico che porta al bombardamento nucleare di Mosca, seguito per evitare un’escalation mondiale dalla scelta del Presidente degli Stati Uniti di bombardare anche New York, al fine di convincere i sovietici della buona fede e dell’errore.

La continua corsa alla creazione di armamenti sempre più potenti, fortunatamente solo nella fantasia hollywoodiana, era sfuggita di mano con conseguenze catastrofiche.

Gli arsenali nucleari sono pieni

Quello che questi giorni hanno evocato Putin ed il suo ministro degli esteri Lavrov, è un qualcosa che è con noi ogni giorno solo che abbiamo smesso di prestargli attenzione. Da quando è caduto il muro di Berlino abbiamo pensato che non potesse succedere più.

Ma si sono continuate a fabbricare bombe e missili. Il mondo è pieno di missili nucleari che le superpotenze atomiche possono usare come arma. Estrema, ultima ratio. Ma il problema è che resta sempre nella possibilità nell’apparato politico-militare utilizzarle.

E nella storia dell’umanità tantissimi conflitti sono scoppiati eccedendo la volontà di chi pensava di poterli controllare.

Solo che in una guerra nucleare il tempo è minimo, la scelta veloce se lanciare o meno, e la possibilità di riparare praticamente inesistente Tanto è vero che l’ex vice segretario generale della Nato Alessandro Minuto Rizzo ha caldamente invitato a non inviare militari nello scenario ucraino. E ad evitare misure che potrebbero portare un’escalation incontrollata.

Il problema delle armi atomiche è che esistono. Si può fare i duri, mostrare i muscoli, deprecare quanto si vuole chiunque ma bisogna assolutamente scongiurare l’utilizzo di armi nucleari.

Meglio trattare anche con Satana piuttosto che consentirli di far venire in terra l’inferno prima del regno dei cieli.

Siamo nel 2022, La scienza, la medicina, la tecnologia, la comunicazione possono offrire ai nostri giovani opportunità uniche. Possono aprire un mondo oppure infiniti mondi, che neanche abbiamo mai pensato esistessero.

Forse fra cento anni saremmo in grado di impiantare la vita anche su altri pianeti. Sembra assurdo, ma era assurdo anche che la terra fosse rotonda per molti, ed era assurdo anche che l’uomo potesse volare.

Dalla corsa allo spazio, all’età della pietra

Pensate se durante la crisi dei missili di Cuba sessant’anni ci fossimo autodistrutti, cosa sarebbe del mondo moderno. Un pianeta che dalla corsa allo spazio sarebbe tornato all’età della pietra.

Ora chiedo: con che diritto possiamo negare ai nostri figli, ai nostri nipoti quel futuro, con una catastrofe che ricorderebbe il mondo all’età della pietra, che porterebbe una distruzione senza precedenti. Tutti coloro i quali deprecano Il medioevo, non lo rimpiangerebbero se dovessero sopravvivere ad un olocausto nucleare.

Pensate a città come New York Washington, Mosca, Parigi, Roma, Pechino, Londra, Berlino, o Ottawa, Tokyo cancellate dalla faccia della terra. Pensate a miliardi di persone morte in tutto il mondo. Una catastrofe senza precedenti semplicemente perché purtroppo queste armi esistono.

E e se queste armi esistono rappresentano un pericolo reale. La loro stessa esistenza sarebbe un deterrente a fare le guerre? Forse. Ma sono comunque purtroppo considerate l’ultima frontiera della guerra.

Sono purtroppo nelle mani di esseri umani, che non dovrebbero avere potere distruttivo su un mondo che non hanno creato.

Nessuno vuole passare alla storia per essere ricordato come colui il quale in un momento simile non è riuscito a fare la sua parte per evitare la catastrofe. Ci saranno procedure, uomini in gamba. Ma tali procedure e tali uomini gamba non hanno impedito disastri in centrali per lo sviluppo di energia a fini pacifici.

Figuriamoci se potrebbero impedire il danno di armi create per la distruzione di massa.

Io non vorrei avere sulla terra alcun essere umano in grado di poter fare quella scelta. Ma credo che purtroppo la presenza di queste testate sia il motivo per il quale è doveroso verso i nostri figli e verso la speranza per il futuro di ognuno di noi, avere come obiettivo portante la pace.

Qualsiasi causa non deve farci dimenticare il diritto e soprattutto il dovere di difendere il nostro paese. Difendere quel futuro che non abbiamo nessun titolo per negare a chi deve venire dopo di noi un futuro.

Si trovi una soluzione diplomatica, si determinino aree di influenza, si studino le condizioni per un cessate il fuoco che garantisca tutti. Ma ci si allontani il più possibile dalla prospettiva evocata in questi giorni. È un appello in favore del diritto di vivere, non di ogni singolo essere umano, ma dell’umanità.

 

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