La guerra alla Francia – “L’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L’ora delle decisioni irrevocabili. […]
Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente, che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia, e spesso insidiato l’esistenza medesima del popolo italiano”. Esclamava con atteggiamento vittorioso e marziale Mussolini dal balcone di Piazza Venezia il 10 giugno 1940.
Il dado era tratto e, ad avviso del capo del fascismo, non poteva esservi momento più propizio perché la guerra sarebbe potuta realisticamente durare poco.
Quello stesso giorno la Norvegia si arrendeva ai tedeschi, che ormai dilagavano in Olanda ed Belgio dopo aver già sconfitto la Polonia.
La situazione francese
La Francia era in condizioni disperate. Solo quattro giorni dopo i tedeschi avrebbero occupato Parigi e gli inglesi avevano si salvato l’esercito a Dunkerque. Ma dovevano vedersela anche con la prospettiva, che si avvererà l’anno successivo, che l’Impero giapponese si approfittava della situazione per espandersi nel pacifico. Questo gli impediva di concentrare tutte le forze del loro Impero per la salvezza della madrepatria.
Pochi giorni dopo l’Italia cercò un colpo di slancio dando inizio alla Battaglia delle Alpi Occidentali, il cui svolgimento mise invece subito in luce le carenze logistiche e l’inadeguatezza dell’armamento italiano. Tante perdite in proporzione alle poche conquiste ottenute sul campo.
L’alleato tedesco comunque costrinse negli stessi giorni la Francia alla firma del secondo armistizio di Compiègne, nello stesso vagone ferroviario dove ventidue anni prima la Germania aveva dovuto firmare la capitolazione.
Appena quattro giorni dopo l’Italia ottenne conseguentemente la firma dell’armistizio di Villa Incisa, guadagnando il diritto di occupare una fascia di territorio confinante nella Francia meridionale. Il Duce sembrava avesse davvero avuto ragione poiché, nonostante l’inadeguatezza dimostrata sul campo, arrivavano immediatamente i primi frutti grazie agli alleati tedeschi.
L’Inghilterra era però ancora in piedi. Mussolini sperava in rapida pace di compromesso con Churchill.
“La parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti. Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all’Oceano Indiano: vincere! E vinceremo!”; diceva Mussolini nella parte finale del discorso del 10 giugno.
La storia non andò proprio così.
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