La prima campagna vaccinale della storia è italiana degli inizi dell’ ottocento.
Più precisamente si svolse a Napoli.
Fu una campagna che ricalca i nostri tempi, in modo sorprendente, comunque la si pensi.
Molti i punti di contatto, dal salvacondotto allo scetticismo di massa, all’esito finale dell’obbligo vaccinale.
A dare l’impulso alla ricerca da parte della Casa regnante fu una drammatica perdita proprio in casa Borbone.
Nemmeno quattro anni
Il Principe Don Carlo Tito Francesco Giuseppe di Borbone nacque il 4 gennaio 1775.
Era figlio di Ferdinando IV di Borbone, Re di Napoli e Maria Carolina d’Asburgo-Lorena. Morì di vaiolo (esattamente come poi sarebbe accaduto ai fratelli Maria Cristina e Giuseppe), quando stava per compiere i quattro anni.
A quel punto per volere di Ferdinando IV accanto al Casino Vecchio di San Leucio (frazione di Caserta), si potenzio’ la Vaccheria, nata nel 1750.
Proprio questa tragedia spinse il sovrano a incentivare le ricerche per il vaccino, un’attività che portò alla nascita degli Stabilimenti Vaccinici e alla prima grande campagna vaccinale della storia.
Il sovrano nel 1802 fece sorgere gli Stabilimenti Vaccinici, attraverso un Dispaccio della Reale Segreteria delle Finanze del 22 luglio dello stesso anno.
La sede era il Reale Albergo dei Poveri. Essi erano guidati da due pugliesi: Michele Troja, chirurgo personale del Re originario di Andria, e Antonio Miglietta, medico originario di Carmiano, in Provincia di Lecce.
La Direzione Vaccinica era l’organo composto da 10 professori vaccinatori che non solo provvidero alle vaccinazioni nella capitale, ma anche nelle altre province del Regno e nelle campagne.
Ma non tutti erano convinti, anzi.
Nel 1803, per dimostrare agli scettici che il vaccino contro il vaiolo funzionasse, la Direzione Vaccinica organizzò una serie di “controprove” all’ospedale della Santissima Annunziata di Napoli.
All’epoca era la principale istituzione del Regno incaricata ad accogliere i bambini senza genitori.
La malattia flagellava in special modo i piccoli di età portandoli alla morte o, se sopravvivevano, lasciando orrendi segni sul volto fino alla cecità.
Davanti a numerosi testimoni alcuni medici chirurghi non appartenenti al Corpo de’ Pubblici Vaccinatori inocularono il vaccino a 18 ragazzi.
Sei proveniente dalla Ruota degli Esposti, sei dall’Albergo dei Poveri e sei dal popolo.
“Per lo spazio di un mese – scriveva Antonio Miglietta – si fè mostra al Pubblico da tempo in tempo di quegl’individui innestati ad arte; e l’ultimo prodotto del travaglio fu quello di riconoscere in essi un’immunità inalterabile in faccia al vaiolo”.
La campagna di massa
Il sovrano con il Decreto N. 141 del 6 novembre 1821 diede ufficialmente il via alla prima campagna vaccinale della storia.
Fu reso obbligatorio, prevedendo non solo pene severe per i trasgressori ma anche dei premi, a sorteggio, per chi si sottoponeva alla somministrazione.
I parroci avevano il compito di scrivere su un foglio il nome di tutti i vaccinati e inserirli in un’apposita urna, dalla quale veniva estratto il fortunato vincitore di una somma in denaro.
Ai vaccinati veniva consegnato un cartellino, una sorta di passaporto vaccinale ante litteram che dimostrava l’avvenuta somministrazione. Non solo: Ferdinando, fermo sostenitore dei vaccini, combatté i no-vax dell’Ottocento anche facendo sottoporre a vaccino i suoi stessi figli.
Tra il 1808 e il 1809 furono eseguite più di 400mila vaccinazioni a Napoli e nelle province, più del 17% dei nati vivi del Regno.
Nel solo 1822, quando il vaccino era diventato obbligatorio, il numero delle vaccinazioni fu di ben 103.079: un numero enorme considerato che parliamo di due secoli fa.
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