Repubblica di Pulcinella- Si scrive Mes, ma si legge Vietnam. Un sentiero di guerra, disseminato di trappole per Conte e per la maggioranza. Sulla carta, con diverse sfumature, quasi tutti nell’esecutivo fanno il tifo solo per gli eurobond. Bocciando il fondo Salva Stati seppur senza condizioni per le spese sanitarie.
Ma sono appunto posizioni doppie e triple che contengono al loro interno, messaggi in bottiglia agli alleati. Il M5S, che ha ritrovato in Luigi Di Maio il capo politico seppur senza i galloni ufficiali, dopo l’assalto di Conte a Salvini ha passato le 24 ore successive a «smascherare i signori del Mes, Giorgia Meloni e Matteo Salvini». Una campagna di propaganda martellante che passa dai social e dal blog delle Stelle.
La repubblica dei piedi in tutte le staffe
Allo stesso tempo, però, dietro le quinte il ministro degli Esteri teme che alla fine la trattativa con la Ue possa spingere l’Italia, grazie al pressing del Pd e a quello ancora più netto di Italia Viva, verso il Mes.
Luigi Di Maio ha scelto la linea della cautela in questi giorni, come ministro degli Esteri vuole dare il massimo supporto all’azione di governo. Non è un caso che in queste settimane abbia usato sempre la stessa formula: «Trovare il miglior accordo possibile in Europa».
In questi giorni ha molto apprezzato la chiara posizione assunta dal presidente Conte sul Mes, così come ha applaudito alla regia di Crimi nella partita interna. «Vito sta portando avanti un ottimo lavoro e Conte va sostenuto con tutte le nostre forze», ha ribadito ai suoi. «La partita in Ue è molto complessa e non bisogna abbassare la guardia. Dopo di che non dimentichiamoci che in ogni caso il nuovo Mes dovrà passare per il Parlamento», dice Di Maio ai parlamentari e ai componenti grillini del governo. Da qui una considerazione netta, che suona come un avviso nei confronti della maggioranza.
Gli eurocritici
«Quindi c’è poco da discutere, i voti non ci sono», ha ricordato Di Maio a chi in queste ore dal Movimento lo ha chiamato per esprimergli le sue preoccupazioni. D’altronde gli eurocritici – spalleggiati da Alessandro Di Battista – sono già usciti allo scoperto pronti a mettere in discussione anche la maggioranza, dunque la vita dell’esecutivo.
Ma linea del M5S – da Laura Castelli a Carla Ruocco passando per ministri e sottosegretari – non cambia in quanto, come dice la presidente della commissione banche, «i prestiti sanitari non ci servono, le condizionalità del Mes restano letali».
Per il ritrovato leader Di Maio, che ha già incrociato le lame con il collega dell’economia Roberto Gualtieri su Sace, c’è anche un altro fronte. Questa volta estero. Nel mirino del titolare della Farnesina c’è l’Olanda. Tre giorni fa, in una riunione ristretta, ha chiesto di valutare l’ipotesi di portare sui tavoli europei il tema dei paradisi fiscali. Una provocazione per rispondere al muro olandese?
Dal suo staff assicurano che il ministro «vuole solo un’Europa migliore e più solidale», ma sarebbe stato lo stesso Di Maio a chiarire le sue intenzioni a qualche ministro M5S: «Il comportamento dei Paesi Bassi è stato intollerabile. Certe chiusure tra l’altro si sono riversate anche sui quotidiani locali aprendo uno scontro tra opinioni pubbliche dei vari stati, questo è molto triste. E visto che qui in Ue ci sono problemi mai affrontati, come i paradisi fiscali, è bene che se ne inizi a discutere».
La morsa dei 5 Stelle
Poi c’è il Pd, che non vuole finire schiacciato nella morsa di un M5S. Gli alleati si guardano e non si fidano l’uno dell’altro. Le polemiche durissime con le opposizioni e le tensioni interne alla maggioranza emerse sul Mes spingono Conte ad un passo formale. Avere un mandato chiaro delle Camere prima del Consiglio europeo del 23 aprile.
La «forma» di questo mandato è tutta da verificare. La più «classica» sarebbe quella di una risoluzione di maggioranza che accompagna, di solito, l’informativa del premier prima del consiglio Ue. Ma nel Pd la discussione è aperta. E ieri, al premier, i dem non hanno evitato di porre un quesito: perché non utilizzare risorse pari al 2% del Pil per le spese sanitarie? Nicola Zingaretti, segretario del Pd, osserva la situazione ma ai suoi collaboratori ricorda sempre: «Questo governo è nato sull’Europa». Traduzione: gli strappi e le posizioni miopi potrebbe farlo cadere.
Simone Canettieri per ”Il Messaggero”
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