La sinistra a pesci in faccia
Ma chi sono, da dove spuntano le sardine, questi pesci miracolosi che si moltiplicano nelle piazze, lontano dal mare e sono esaltati dai media italiani come un fenomeno spontaneo, genuino, dietetico, salvifico?
Io le conosco, le sardine. Conosco i loro padri che cinquant’anni fa si concentravano nelle piazze adiacenti e antagoniste a quelle in cui c’era una manifestazione tricolore o un comizio di Giorgio Almirante. E inveivano, a volte tentavano di impedire che lui parlasse, gridavano minacciosi slogan. Conosco poi i loro fratelli maggiori che diciassette anni fa dettero vita ai girotondini, scendendo in piazza come un movimento di resistenza a Silvio Berlusconi, non legato ai partiti e alla sinistra storica. Mutano di colore negli anni, i resistenti, in una progressione cromatica precisa: erano rossi cinquant’anni fa, erano viola 17 anni fa, sono pesce azzurro in questi giorni.
Da che cosa deduci che siano la stessa piazza? Da tre indizi. Il primo è che cantano oggi come cantavano ieri e l’altro ieri Bella Ciao, è la loro sigla e il loro marchio di fabbrica, non sanno andare oltre l’antifascismo, di cui sono orfani e scorfani; ogni nemico è sempre la reincarnazione del fascista tornante. Il secondo indizio è che non sanno concepire un’idea positiva, non sanno indicare una leadership positiva, tantomeno hanno un programma concreto che li unisce; sono uniti solo dall’odio verso qualcuno, Almirante o Craxi, Cossiga o Berlusconi, Salvini o Meloni. Il terzo indizio è che la cupola dell’informazione li adotta, li coccola, come un fenomeno nuovo, fresco, giovane, spontaneo, popolare da opporre all’Orco di turno. E la stampa si fa pescivendola, piazzando le sardine.
Qualcuno le apparenta alle madamine torinesi scese in piazza per la Tav. Si può avere un giudizio negativo o positivo sulle Madamine ma i tre requisiti predetti non erano presenti in quel movimento: le Madamine non volevano ostacolare qualcuno o impedire qualcosa, ma volevano che si facesse l’Alta Velocità. Poi non cantavano Bella Ciao, semmai si opponevano ai movimenti radicali contro l’Alta Velocità, i devoti di Erri de Luca, i compagni antagonisti, anarco-insurrezionalisti (più grilloidi) che intonavano Bella Ciao nella loro guerra di resistenza al treno veloce. Si certo, anche le Madamine facevano i flash mob, ma le sardine in quanto pesci fanno piuttosto i fish mob.
Ma torniamo a bomba. Dal modo con cui sono presentati sui media, con un’onda di commozione celebrante collettiva, si capisce lontano un miglio che sono usati per rilanciare l’antisalvinismo da postazioni fintonuove, che alludono alla solita società civile. Sono usati soprattutto per scongiurare la caduta dell’Emilia rossa, senza però usare i vecchi arnesi del pd e senza andare al traino degli inetti i grillini. Il sottinteso è: non pensate al governo, spostatevi sulla piazza di città, ci sono i ragassi, con la doppia esse, c’è un’aria nuova. Ma no, ragassi, è aria fritta e rifritta; del resto, le sardine più gustose finiscono in friggitoria. Non c’è dietro di loro un pensiero. L’unico libro dedicato alla filosofia delle sardine l’ha scritto un intellettuale conservatore, Robert Hughes che anni fa attaccò il bigottismo progressista, politically correct, ne La cultura del piagnisteo.
La svolta ittica della sinistra ha poi un pericoloso contorno. Sono i centri sociali che autonomamente scendono in piazza ogni volta che si affaccia Salvini o la Meloni. E vorrebbero impedire coi loro modi facinorosi di esprimersi. Voi direte: ma le sardine, le innocue, dietetiche sardine, cosa c’entrano con gli estremisti dei centri sociali? Nulla, per carità, marciano divisi anche se poi colpiscono uniti lo stesso obiettivo, e magari cantano da ambo le parti Bella Ciao.
Ma vorrei far notare cosa succede quando Salvini va in piazza. È uno schema fisso, naturalmente casuale, che però si ripete puntuale. Si mobilitano le sardine da una parte e le murene dall’altra. Le une presentano una piazza dalla faccia pulita e senza curriculum politico; c’è un popolo, er valoroso popolo de sinistra, a piede libero, non di partito, non di corrente, se non marina. E le altre, le murene, servono a intimidire coloro che hanno intenzione di andare ad ascoltare Salvini. Si temono scontri, assalti, incidenti, lanci di roba, picchetti, così ti passa la voglia di andarci, soprattutto se sei una persona mite, un moderato, uno che non ha alcuna voglia di trovarsi coinvolto in qualche scontro tra polizia e manifestanti. Insomma s’innesca una tenaglia perversa in cui le sardine hanno il compito di persuasori, le murene fungono da dissuasori.
Ero in tour di conferenze tra l’Emilia e Romagna, e mi sono trovato nei luoghi in cui avrebbe parlato Salvini e in cui sarebbero usciti dalle scatole le sardine; i giornali locali tappezzavano le città di locandine sul pericolo di centri sociali in rivolta contro l’arrivo di Salvini. Si alimentava una psicosi, e naturalmente la colpa era di Salvini che con la sua presenza provoca e profana una terra antifascista.
Insomma vedi i ragazzi-sardina, pensi che siano merce nuova e poi ti ritrovi in versione marina, proprio nelle zone che furono il triangolo rosso della guerra civile, il vecchio fantasma dell’Anpi e dei nuovi partigiani fosco-emiliani. Vuoi vedere che la i finale dell’Anpi sta ora per partigiani ittici?
E il Pd come risponde alle sardine? Si fa piatto come una sogliola, per non farsi notare. Ma rischia di finire in padella. Indorato e fritto.
MV, La Verità 21 novembre 2019