LA STORIA E IL NOSTRO TEMPO
Il vocabolo istoría (così in greco) è legato in origine al verbo vedere, che significava indagare, ricercare con i propri occhi per tramandare gli avvenimenti degli esseri umani in modo che non se ne perda la memoria con il passare del tempo. E’ primo fra tutti Erodoto, padre della storiografia, a insegnarlo.
Tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo il mondo culturale si agitava tra chi attribuiva la storia al novero delle arti e chi, al contrario, pensava che il suo posto fosse tra le scienze, esatta, perfetta, senza sbavature e solida come una roccia
Mentre l’immagine ottocentesca dipingeva la scienza come ciò che tutto spiega in maniera perfetta, esatta e compiuta, Salvemini, al corrente degli sviluppi prodigiosi delle scienze a partire dalle geometrie non euclidee che comportano l’indiscutibilità dei ragionamenti solo sulla base dell’accoglimento di alcuni determinati postulati, avvedendosi della crisi dei fondamenti e del declino inarrestabile dello scientismo, riconosceva la scientificità della storia, parlando di una scienza di “difficile conquista” che si crea di volta in volta nel tempo, non perfetta una volta per tutte, aperta al cambiamento e non immobile in se stessa.
La storia (degli avvenimenti e degli uomini che li hanno resi possibili) è maestra di memoria, e la memoria, come svela la sua radice etimologica, è il movimento della mente che cattura il passato e tiene vivo il ricordo
Tuttavia, anche se il passato è considerato un maestro di vita, gli esseri umani sembrano imparare poco da esso ed essere incapaci di nutrire gratitudine per quanto appreso.
Come sostiene lo storico prof. Franco Cardini, si possono dare due letture di questo dato.
Prima di tutto, probabilmente si sono poste alla storia delle domande sbagliate e non è stata studiata come sarebbe stato necessario fare
In secondo luogo, è vero che molti fatti, strutture e istituzioni del passato sembrano ripetersi, ma tale ripetizione non è una mera riproduzione. E questo perché, proprio come era stato intuito ormai più di un secolo fa, la storia non è un cerchio e in cui tutto ritorna ma compie percorsi che, sebbene talvolta anche molto simili tra loro, non sono regolari: per questo risulta estremamente “ambigua e straordinariamente complessa”; non può essere considerata una scienza esatta, in quanto in essa manca, come per l’appunto aveva intuito Salvemini, la necessarietà dell’effetto rispetto alla sua causa.
Pensare che l’utilità della storia consista nel fatto che da essa si possono apprendere passivamente e in maniera pedissequa le norme fondamentali per il nostro futuro significa credere che in ogni epoca storica agiscano gli stessi principi e le medesime leggi storiche
Ancora una volta il Liceo mi viene incontro e non posso non pensare a ciò che Hegel tentava di insegnarci: «ciò che l’esperienza e la storia insegnano è proprio che i popoli e i governi non hanno mai appreso nulla dalla storia, né hanno mai agito secondo dottrine che avessero potuto ricavare da essa». E questo perchè ogni popolo, in ogni frangente storico, si trova in una situazione peculiare e a sé stante, e le decisioni da prendere sono prese nella consapevolezza che i rapporti precedenti non si adattano mai completamente a quelli successivi per la totale diversità delle circostanze.
La storia non si può leggere in maniera acritica pensando che possa ripresentarsi uguale a se stessa nel corso del tempo, né ad essa si può chiedere di dare le risposte che siamo noi, calati nell’oggi, a dover fornire.
Ogni bivio che la vita ci pone davanti è per sua natura irripetibile e non può che essere considerato in sé e per sé, nella sua essenza unica
La storia ci aiuta a non essere degli sprovveduti nel presente ma, se finanche è possibile “chiederle in prestito” qualche consiglio, non possiamo domandarle di esprimersi al posto nostro come se potesse prendersi delle responsabilità fuori dal tempo: la storia sta nel tempo e il suo tempo non è detto che sia quello presente.
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