La Storia? Non è un monolite e si può riscrivere. Ce lo insegna Marc Bloch

La ricorrenze della sanguinosa strage alla stazione di Bologna riaccende le polemiche, politiche, sulle verità storiche. Ma la Storia non è un monolite...

La varietà delle testimonianze storiche è pressoché infinita. Tutto ciò che l’uomo dice o scrive, tutto ciò che costruisce, tutto ciò che sfiora, può e deve fornire informazioni su di lui” scrive Marc Bloch in Apologia della Storia o Il Mestiere dello Storico, opera fondamentale per ogni studioso del passato.

Iniziamo subito dicendo che Bloch non è un revisionista o un filo-fascista. Patriota francese, morì infatti fucilato dalla Gestapo. Ed è a lui che si deve l’elaborazione di un concetto fondamentale: la scientificità dello studio storico, vale a dire un approccio rigoroso basato sull’analisi delle fonti e dei dati, abbandonando certezze monolitiche.

Chi ha avuto la fortuna di studiare il “padre contemporaneo” della Storia, quegli insegnamenti se li porta dietro come Vangelo. Chi non l’ha fatto o ha voluto dimenticarsene cade facilmente nell’errore secondo cui “la Storia non si può riscrivere”.

Ma se “la varietà delle testimonianze storiche è pressoché infinita” perché non si potrebbe mettere in discussione anche ciò che si ritiene assolutamente vero? Forse perché la certezza assoluta ci dà un senso di serenità?

Come reagiremmo dunque se scoprissimo che Giulio Cesare sia morto cadendo dalle scale o che Solimano il Magnifico, gran sultano dei turchi, sia stato privatamente un osservante cristiano ortodosso? Casi ipotetici che, ora, possono suscitare incredulità quando non proprio riso ma che l’avanzamento tecnologico a supporto della ricerca potrebbe, fra mezzo secolo, dimostrare fondati. 

L’interrogativo circa la “paura” di rivedere le proprie posizioni resta tuttavia basilare: da cosa nasce e poi è una paura razionale?

Prendiamo l’ultima polemica storica, quella legata alla strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Se, a quasi 45 anni di distanza e nonostante i processi e le condanne, persistano dubbi circa le dinamiche dell’orrendo attentato,  stimolare una sana ed onesta analisi del passato potrebbe aiutare a rimettere insieme quegli eventuali tasselli del mosaico ancora sparsi. In fondo, quali sarebbero i rischi? Venisse accertata l’effettiva responsabilità dei NAR, sarebbe fugato ogni dubbio sugli esecutori; qualora invece si scoprissero altre responsabilità, si farebbe finalmente piena luce sulla strage e senza riabilitazioni postume. Gli ex NAR sono stati infatti perseguiti e condannati per altri omicidi, perciò nessuno si sognerebbe di descriverli come “santi”. Inoltre, in ambedue i casi, le vittime si vedrebbero riconosciuta piena giustizia.

Se, invece, il nodo di Gordio non è la paura ma la parola “fascista” sulla lapide, vuol dire che come Popolo non abbiamo speranze: una parola, per quanto memore di un passato doloroso, non può condizionare il presente e non può impedire ai ricercatori onesti e disinteressati di compiere i loro studi. Perché è così difficile accettarlo?

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